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E' morto per cause naturali Stefano Gheller: aveva ottenuto l'ok per il suicidio assistito

Ha sempre difeso con le unghie quel diritto ottenuto, sottolineando quanto la notizia di poter mettere fine a una sofferenza divenuta insopportabile, gli avesse fatto amare ancora di più l’essere vivo

E' morto per cause naturali Stefano Gheller: aveva ottenuto l'ok per il suicidio assistito
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E’ stato il primo paziente in Italia al quale il sistema sanitario nazionale aveva consentito l’accesso all’eutanasia legale possibile con la sentenza Cappato 242/2019 nel caso Dj Fabo, nonostante non sia una legge.

Stefano Gheller

Stefano Gheller è morto giovedì 22 febbraio 2024 all’ospedale di Bassano del Grappa a 50 senza fare ricorso al suicidio assistito, bensì vinto dalla sua terribile malattia. Come spiega Prima Vicenza, nonostante si sia spento per cause naturali ha sempre difeso con le unghie quel diritto ottenuto, sottolineando quanto la notizia di poter mettere fine a una sofferenza divenuta insopportabile, gli avesse fatto amare ancora di più l’essere vivo.

E’ morto per cause naturali Stefano Gheller

Stefano Gheller soffriva di una grave forma di distrofia muscolare fascio-scapolo-omerale, malattia ereditata dalla madre. Il sistema sanitario nazionale gli aveva consentito l’accesso all’eutanasia legale possibile con la sentenza Cappato 242/2019 nel caso Dj Fabo, nonostante non sia una legge.

L'attivista Marco Cappato insieme al vicentino Stefano Gheller

Per accedervi devono sussistere specifiche condizioni, ovvero la persona destinataria deve essere pienamente capace di intendere e di volere, l’irreversibilità di una patologia portatrice di gravi sofferenze fisiche o psichiche e la sua vita deve essere legata a trattamenti di sostegno vistale. Il 50enne risiedeva a Cassola in provincia di Vicenza, e ha passato gli ultimi 35 anni attaccato al ventilatore quando il 13 ottobre 2022, l’AULSS 7 Pedemontana ha dato a Stefano la possibilità di accedere al suicidio assistito tramite iniezione letale.

Stefano diceva ai giornalisti e allo stesso Presidente del Veneto, Luca Zaia, di non temere la morte, ma la sofferenza che ne derivava. La sua non era voglia di morire, ma la facoltà di decidere di porre fine alla propria sofferenza quando questa fosse diventata insopportabile.

Ed è proprio Zaia, che recentemente si è esposto sul tema dell’eutanasia in termini aperturisti, fra i primi a ricordarlo:

"Abbiamo sperato fino all'ultimo che Stefano potesse veder migliorare le proprie condizioni fisiche. Ho seguito quotidianamente l'evoluzione della sua malattia. La notizia della scomparsa mi ha lasciato sgomento. Sapevo che le condizioni erano critiche, ma l'epilogo è stato davvero repentino. Se ne va un'icona dei diritti civili, e delle battaglie per i diritti civili. Ho conosciuto Stefano dopo la famosa domanda per il suicidio assistito, che volle presentare e che ottenne dopo l'iter amministrativo portato avanti. Ma ricordiamoci che Stefano aveva anche già sottoscritto le sue DAT, le disposizioni anticipate di trattamento, quindi il suo testamento biologico. Una volontà che è stata rispettata in questa fase ultima della sua vita".

Il "No" al suicidio assistito in Veneto

A fine gennaio 2024, il Veneto per un solo voto non ha fatto da apripista per la prima legge effettiva sull’eutanasia. Eppure, anche il Presidente Zaia si era posto favorevole, sostenendo che se si dovesse trattare di lui, avrebbe voluto decidere da sé per la sua vita: lo stesso provato da Stefano.

In quell’occasione, il voto per la legge proposta dall’associazione Coscioni richiedeva il via libera della maggioranza assoluta. Erano in votazione in tutto 5 articoli. Sia il primo che il secondo articolo hanno in particolare ottenuto 25 voti favorevoli, 22 contrari, e 3 astenuti. La maggioranza dei voti assoluta, fissata a quota 26, non è stata quindi raggiunta.

La discussione e il voto hanno visto la spaccatura del centrodestra, con Fdi e Fi contrari, il presidente Luca Zaia e parte della Lega favorevoli, come le opposizioni, tranne che per l'allora vicesegretaria del Pd di Verona (carica poi revocata) e consigliera regionale Anna Maria Bigon, di area cattolica, la cui astensione era in ultima analisi risultata determinante per far naufragare la votazione.

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Tuttavia, non si trattava di nulla di nuovo, ma di mettere ordine nei processi burocratici che rende inaccessibile per i malati terminali l’accesso ad un loro diritto sancito. La norma si prefissava l’obiettivo di diminuire i tempi e le procedure delineate dalla Corte Costituzionale attraverso una sentenza esecutiva immediata.

I casi precedenti e analoghi e i nodi che restano

Come chiarito il tema del suicidio assistito in Italia manca ancora di una regolamentazione omogenea.

Esemplare il recente caso della triestina Anna che ha preso autonomamente il farmaco letale fornitole, cosa mai accaduta prima, dal Sistema sanitario nazionale. Era affetta da una malattia irreversibile e da un anno chiedeva di poter accedere alla morte assistita volontaria. Lo ha fatto prima rivolgendosi alla Asl di competenza, poi, dopo un nulla di fatto, al Tribunale di Trieste, che ha ordinato l'avvio di verifiche.

Ricevuto, infine, il nullaosta, la donna, nell'ultimo messaggio, ha ribadito di aver amato la vita e poi di aver scelto liberamente: "Io oggi sono libera, sarebbe stata una vera tortura non avere la libertà di poter scegliere".

E se Anna ha ottenuto il suo diritto, anche perché era soddisfatto il parametro della completa "dipendenza dall'assistenza", non aveva visti riconosciuti i medesimi diritti  Massimiliano, 44enne malato di sclerosi multipla, morto l'8 dicembre 2022, in una clinica svizzera. Prigioniero del suo corpo, non ha potuto scegliere come vivere e neppure come morire. Avrebbe voluto farlo nel suo Paese, l'Italia, magari nella sua bella Toscana, con a fianco i suoi affetti più cari.

Massimiliano e papà Bruno

Sia lui che suo padre, il signor Bruno, avevano lanciato diversi appelli che non hanno ricevuto risposta. Ad assisterlo l'associazione Luca Coscioni a cui l'uomo, si era rivolto.

Il quadro

In Europa l'eutanasia è legale in SpagnaOlanda, Belgio e Lussemburgo (In Svizzera, invece, ad essere normato è solo il suicidio assistito). 

Nel 2022, in Italia, La Corte Costituzionale ha ritenuto inammissibile il quesito per l’abrogazione parziale dell’articolo 579 del Codice penale (omicidio del consenziente) e dunque per l’eutanasia attiva. La Consulta ha bocciato il quesito perché "non sarebbe preservata la tutela minima costituzionalmente necessaria della vita umana, in generale, e con particolare riferimento alle persone deboli e vulnerabili". La richiesta di referendum aveva raccolto oltre un milione di firme. 

Secondo un recente sondaggio a cura del Censis, il 74% degli italiani è favorevole all'eutanasia. 

Differenza tra suicidio assistito ed eutanasia

Come specificato dal Comitato Nazionale per la Bioetica, il suicidio assistito (aiuto o assistenza al suicidio) prevede che è chi è interessato a porre fine alla propria vita a compiere il gesto estremo che determina la morte.

Come nel caso di Anna, questo atto è reso possibile dalla collaborazione di un terzo – ad esempio un medico – che può prescrivere e porgere il farmaco letale “nell’orizzonte di un certo spazio temporale e nel rispetto di rigide condizioni previste dal legislatore”. Per le persone che fisicamente non possono autosomministrarsi il composto (ad esempio i pazienti tetraplegici, come quelli coinvolti in diversi casi balzati agli onori della cronaca) possono intervenire dei macchinari che le aiutano nell'operazione.

Il termine eutanasia deriva dal greco e significa letteralmente ‘buona morte‘, benché più comunemente venga chiamata ‘dolce morte'. Essa rappresenta l'atto di porre fine alla vita di un soggetto che desidera morire, a causa di condizioni cliniche estremamente compromesse, dolorose e irrecuperabili. L'eutanasia richiede sempre l'intervento di un medico. Ciò significa che è sempre un soggetto esterno a somministrare il farmaco o a sospendere le cure mediche che mantengono in vita il paziente.

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