"Io oggi sono libera"

Il suicidio assistito di Anna: per la prima volta in Italia con il supporto del Sistema sanitario nazionale

Se ne è andata nella sua casa di Trieste, dopo essersi autosomministrata il farmaco letale, come desiderava

Il suicidio assistito di Anna: per la prima volta in Italia con il supporto del Sistema sanitario nazionale
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E’ morta nella sua casa, a Trieste, a 55 anni, secondo le sue volontà. Anna (nome di fantasia) ha preso autonomamente il farmaco letale fornitole, cosa mai accaduta prima, dal Sistema sanitario nazionale. Era affetta da una malattia irreversibile e da un anno chiedeva di poter accedere alla morte assistita volontaria. Lo ha fatto prima rivolgendosi alla Asl di competenza, poi, dopo un nulla di fatto, al Tribunale di Trieste, che ha ordinato l'avvio di verifiche.

Ricevuto, infine, il nullaosta, la donna, nell'ultimo messaggio, ha ribadito di aver amato la vita e poi di aver scelto liberamente: "Io oggi sono libera, sarebbe stata una vera tortura non avere la libertà di poter scegliere".

Suicidio assistito in Italia tramite il Ssn: è la prima volta

La donna triestina era affetta da sclerosi multipla secondariamente progressiva: una diagnosi ricevuta nel 2010. Come evidenziavano i referti medici - e ricostruisce l'associazione Coscioni che ha seguito il caso - Anna si esprimeva con voce flebile e ipofonica, ma era vigile e lucida.

Era completamente dipendente dall'assistenza. Il 4 novembre 2022 aveva inviato all'Azienda sanitaria universitaria giuliano isontina la richiesta di verifica delle sue condizioni per accedere alla morte assistita. Dopo mesi di attesa senza risposte, aveva depositato ai carabinieri una denuncia per rifiuto/omissione d'atti d'ufficio nei confronti dell'Azienda sanitaria e presentato un ricorso d'urgenza dinanzi al giudice civile. Il Tribunale di Trieste aveva quindi chiesto che l'Azienda disponesse verifiche e accertamenti sul caso. A settembre era quindi arrivato il via libera dalla Commissione medica multidisciplinare per accedere al suicidio assistito.

Ha preso il farmaco letale autonomamente

Lo scorso 28 novembre è quindi morta a casa sua, a Trieste. Si tratta della prima persona in Italia, come sottolinea l'associazione Luca Coscioni, "ad aver avuto accesso al suicidio assistito con l'assistenza completa del Ssn", che ha fornito il farmaco letale e un medico di supporto. Una battaglia vinta per la donna, di cui per sua stessa volontà non sono state rese note le generalità ma che ha indicato come nome fittizio quello di Anna. E per tutti i malati irreversibili che intendono autodeterminare la propria volontà.

Ad Anna "il farmaco letale e la strumentazione - spiega l'associazione - sono stati forniti dal Ssn e un medico individuato dall'azienda sanitaria, su base volontaria, ha provveduto a supportare l'azione richiesta nell'ambito e con i limiti previsti dalla ordinanza cautelare pronunciata dal Tribunale di Trieste il 4 luglio e quindi senza intervenire direttamente nella somministrazione del farmaco, azione che è rimasta di esclusiva spettanza della donna".

Un precedente importante

"Anna è anche la prima persona malata che ha visto riconoscere, da parte dei medici incaricati di effettuare le verifiche sulle condizioni, che l'assistenza continua alla persona è assistenza vitale, così anche la dipendenza meccanica non esclusiva garantita attraverso l'impiego di supporto ventilatorio nelle ore di sonno notturno", afferma Filomena Gallo, avvocata e segretaria della Coscioni.

Cappato si autodenuncerà per aver portato a morire in Svizzera anziano del Milanese
Marco Cappato

"Il diritto di scelta alla fine della vita si sta faticosamente affermando, nonostante ostruzionismi e resistenze ideologiche che sono sempre più lontane dal sentire popolare", aggiunge Marco Cappato, tesoriere della Coscioni, che sta promuovendo la campagna regionale "Liberi subito" affinché le Regioni approvino una legge che introduca tempi e procedure certi per accedere al suicidio medicalmente assistito. Nel frattempo anche la deputata dem, Debora Serracchiani, ha presentato una proposta di legge alla Camera per affrontare un tema "richiesto dalle coscienze delle persone oltre che dalle sentenze costituzionali".

Il dramma di Massimiliano: suicidio assistito via dall'Italia

Non aveva visti riconosciuti i medesimi diritti  Massimiliano, 44enne malato di sclerosi multipla, morto l'8 dicembre 2022, in una clinica svizzera. Prigioniero del suo corpo, non ha potuto scegliere come vivere e neppure come morire. Avrebbe voluto farlo nel suo Paese, l'Italia, magari nella sua bella Toscana, con a fianco i suoi affetti più cari.

Sia lui che suo padre, il signor Bruno, avevano lanciato diversi appelli che non hanno ricevuto risposta. Ad assisterlo l'associazione Luca Coscioni a cui l'uomo, non più autonomo, si era rivolto.

Massimiliano e papà Bruno

Straziante uno degli appelli che Massimiliano aveva consegnato al web:

"Fratelli di questa Italia mi chiamo Mib e a 44 anni vorrei essere aiutato a morire a casa mia. Da sei anni soffro di una sclerosi multipla che mi ha già paralizzato. Posso muovermi solo in sedia a rotelle con l’aiuto di qualcuno. Non sono più autonomo in niente, non posso più alzarmi dal letto. O andare in bagno da solo. La malattia progredisce e peggiora giorno dopo giorno. Riesco ancora a muovere il braccio destro, ma mi sta abbandonando pure lui. Non ho più presa, mi senso intrappolato in un corpo che non funziona più. Una macchina rotta. Se non avessi paura del dolore, anche di una semplice puntura, avrei già provato a togliermi la vita più di un anno fa. Per questo vorrei essere aiutato a morire senza soffrire in Italia. Ma non posso perché non dipendo da trattamenti vita. Sto pensando di andare in un altro Paese. Tutte le persone che mi vogliono bene rispettano questa scelta. I miei amici, le mie sorelle, anche mio padre.

La situazione italiana e il quadro europeo

In Europa l'eutanasia è legale in Spagna, Olanda, Belgio e Lussemburgo (In Svizzera, invece, ad essere normato è solo il suicidio assistito). 

Nel 2022, in Italia, La Corte Costituzionale ha ritenuto inammissibile il quesito per l’abrogazione parziale dell’articolo 579 del Codice penale (omicidio del consenziente) e dunque per l’eutanasia attiva. La Consulta ha bocciato il quesito perché "non sarebbe preservata la tutela minima costituzionalmente necessaria della vita umana, in generale, e con particolare riferimento alle persone deboli e vulnerabili". La richiesta di referendum aveva raccolto oltre un milione di firme. 

Secondo un recente sondaggio a cura del Censis, il 74% degli italiani è favorevole all'eutanasia. 

Differenza tra eutanasia e suicidio assistito

Come specificato dal Comitato Nazionale per la Bioetica, il suicidio assistito (aiuto o assistenza al suicidio) prevede che è chi è interessato a porre fine alla propria vita a compiere il gesto estremo che determina la morte.

Come nel caso di Anna, questo atto è reso possibile dalla collaborazione di un terzo – ad esempio un medico – che può prescrivere e porgere il farmaco letale “nell’orizzonte di un certo spazio temporale e nel rispetto di rigide condizioni previste dal legislatore”. Per le persone che fisicamente non possono autosomministrarsi il composto (ad esempio i pazienti tetraplegici, come quelli coinvolti in diversi casi balzati agli onori della cronaca) possono intervenire dei macchinari che le aiutano nell'operazione.

Il termine eutanasia deriva dal greco e significa letteralmente ‘buona morte‘, benché più comunemente venga chiamata ‘dolce morte'. Essa rappresenta l'atto di porre fine alla vita di un soggetto che desidera morire, a causa di condizioni cliniche estremamente compromesse, dolorose e irrecuperabili. L'eutanasia richiede sempre l'intervento di un medico. Ciò significa che è sempre un soggetto esterno a somministrare il farmaco o a sospendere le cure mediche che mantengono in vita il paziente.

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