"Offro un contratto a tempo indeterminato, ma non trovo nessuno"
La storia di Tina Beretta, che gestisce un panificio a Como.
Un altro caso, un'altra denuncia. Un altro imprenditore che offre contratti a tempo indeterminato ma che non riesce a trovare dipendenti.
"Offro un contratto a tempo indeterminato, fanno la prova e spariscono"
Como Zero racconta la storia di Tina Beretta, dal 1976 alla guida di uno storico panificio in centro Como (aperto nel 1951), che non riesce a trovare dipendenti.
Quello del panettiere non è un mestiere semplice: un lavoro alle volte faticoso, che costringe a svegliarsi presto e a lavorare di notte. Proprio per questo Tina racconta di offrire contratti a tempo indeterminato e con una buona retribuzione, senza però riuscire a convincere praticamente nessuno. Nonostante i colloqui - in cui lo stipendio e gli orari di lavoro vengono per forza comunicati all'aspirante dipendente - andati a buon fine, poi quando è il momento di concretizzare, salta tutto. E non è successo una volta sola...
“Noi siamo alla ricerca di nuovo personale. Ebbene, negli ultimi tre mesi, dopo diversi colloqui, per ben dieci volte, abbiamo trovato dei candidati per noi idonei. Abbiamo preparato il contratto, ma al momento della firma i candidati non si sono più fatti vivi. Spariti. A volte con scuse veramente imbarazzanti e senza senso. Nessuno ha più voglia di impegnarsi. Diversi, per non perdere diritto al reddito di cittadinanza, mi hanno chiesto se fosse possibile fare delle ore in nero. Li ho mandati via”.
Non solo giovani
I giovani. Di solito quando si parla di queste situazioni il dito è puntato sempre sui ragazzi. Una situazione che - in parte - riguarda anche Tina e il suo panificio. Anche se non è solo una questione loro. Tra coloro che hanno rifiutato il lavoro ci sono anche persone più "stagionate". Ma il caso più curioso riguarda una ragazza.
"Pochi giorni fa ho fatto fare quattro ore di prova a una ragazza. Finita la giornata ci siamo date appuntamento per la mattina seguente ma poche ore dopo mi ha telefonato la madre per dirmi che la figlia non se la sentiva di andare avanti, perché era troppo scomodo arrivare da noi e non c’era il bus che la portava fin qui. Ognuno naturalmente può comportarsi come meglio crede ma a me pare una vera mancanza di voglia di fare".
Ma perché?
Spesso in queste situazioni si parla di stipendi inadeguati e di lavori difficili, ma Tina Beretta assicura che il mestiere è ben remunerato. Piuttosto, da parte sua il pensiero è che non ci sia più molto spirito di sacrificio.
"Il fatto è che non ritengono giusto affrontare un lavoro certamente impegnativo, ma allo stesso tempo gratificante e meglio remunerato. Mi sembra un vero ribaltamento della realtà. Proprio per queste difficoltà nel trovare personale adeguato abbiamo deciso di tenere chiuso la domenica. Abbiamo già fatto così per due settimane di fila. Non riuscivamo solo noi della famiglia e con i dipendenti più anziani a mandare avanti tutto. Adesso speriamo di risolvere la situazione, altrimenti proseguiremo con queste chiusure”.
“Noi da decenni mandiamo avanti l’impresa di famiglia mentre sempre più persone non accettano di lavorare e, sottolineo, i nostri sono contratti a tempo indeterminato con una buona retribuzione. E così, in attesa di reperire personale, mio marito invece di alzarsi alle 5 del mattino è tornato ad alzarsi alle 2 di notte per andare a lavorare”.
Non è un caso isolato
Quello del panificio comasco non è un caso isolato. Spesso capita di leggere e raccogliere sfoghi di imprenditori di vari settori che lamentano la carenza di personale. Quest'estate era stato il turno soprattutto di bar e ristoranti, ma anche realtà di fama nazionale hanno affrontato una vera e propria crisi. Basti pensare che Gardaland quest'anno ha dovuto ridurre l'orario di apertura di alcune giostre per carenza di personale.
L'ultimo caso raccontato riguardava la Lattoneria Guerrieri di Pregnana Milanese, che è in cerca di un lattoniere da assumere a tempo indeterminato con il Contratto nazionale di lavoro (stipendio di partenza 900 euro netti mensili). Anche qui, però, non mancano le difficoltà. Ma in questo caso in molti hanno sottolineato come una remunerazione del genere - a fronte di un lavoro faticoso e spesso pericoloso - non sia adeguata al costo della vita.
Insomma, la questione è sempre la stessa: sono i giovani (e non solo loro) a non voler lavorare o sono le condizioni offerte inaccettabili? Ed è davvero solo colpa del reddito di cittadinanza? Davvero gli imprenditori non possono offrire stipendi più alti? Tutti temi che il prossimo Governo dovrà affrontare per cercare di dare una risposta non solo a chi cerca un impiego, ma anche a chi ha bisogno di lavoratori.