le conseguenze della crisi ucraina

Cosa significa economia di guerra e quali prodotti potrebbero aumentare di prezzo (o sparire)

Pasta, pane, ma anche la carne: probabile un'innalzamento dei costi di molti alimenti. E il razionamento dell'energia è un fantasma che aleggia inquietante.

Cosa significa economia di guerra e quali prodotti potrebbero aumentare di prezzo (o sparire)
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Il premier Mario Draghi ha detto che non siamo ancora in un'economia di guerra ma che dobbiamo prepararci all'eventualità. Uno scenario che pochissimi si attendevano nel 2022. Ma cosa significa economia di guerra? E quali sono i prodotti che potrebbero aumentare in maniera esponenziale o addirittura sparire dagli scaffali dei supermercati?

Cosa significa economia di guerra

In senso stretto economia di guerra significa  la sospensione o il restringimento  dell'economia di mercato di un Paese, di fatto sostituita da un'economia pianificata in cui a livello centrale si decide cosa si deve produrre e cosa no. Uno scenario in cui si privilegia l'economia bellica. Posto che difficilmente vedremo le nostre fabbriche riconvertite alla produzione di armi e carri armati, la questione potrebbe vedere invece il razionamento delle materie prime, delle risorse alimentari e dell'energia.

La questione energia

Il problema più grande potrebbe essere rappresentato dall'energia. Oramai sanno anche i sassi che l'Italia è completamente  - o quasi - dipendente dal gas russo. La politica lo ha già detto, la parola d'ordine diventa ora diversificare. Ma non sarà semplice. E soprattutto non sarà un processo rapido. Dunque potremmo trovarci in uno scenario in cui molte aziende e servizi saranno costretti a chiudere (si spera solo temporaneamente) o a ridurre la produttività per poter fronteggiare l'aumento dei costi dell'energia e delle materie prime. A quel punto ci troveremmo con una nuova necessità di ricorrere alla Cassa integrazione, già ampiamente sfruttata negli ultimi due anni di Covid.

Il razionamento del gas...

Una soluzione potrebbe essere il razionamento del gas, che potrebbe dunque venire "centellinato" per permettere comunque di proseguire con la produttività, ma a scartamento ridotto. Insomma, in parole povere, potrebbe venire chiesto (o imposto) di non utilizzare gas e corrente elettrica in alcune fasce orarie della giornata.

C'è sempre la possibilità di approvvigionarsi altrove, ma con costi più elevati. E sul tavolo c'è anche la riattivazione delle centrali a carbone, che potrebbe rappresentare una soluzione temporanea per tamponare le difficoltà dei primi periodi.

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... e quello di alcuni prodotti

Ma non c'è solo quello. Molti supermercati hanno già imposto il razionamento dell'olio di semi di mais (uno dei prodotti che maggiormente giungono dall'Ucraina). C'è da attendersi un aumento dei prezzi principalmente dei prodotti realizzati con il grano, altro elemento che importiamo in grande quantità dalla stessa Ucraina e dalla Russia, che potrebbe reagire alle sanzioni stoppando l'export verso quei Paesi che ha identificato come "ostili". 

Difficile pensare di non trovare più la pasta sugli scaffali dei supermercati, ma l'eventualità che per un certo periodo ci siano meno disponibilità non è così remota.

Gli aumenti potrebbero riguardare anche la carne. L'Italia importa dall'Ucraina gran parte del mais per l'alimentazione del bestiame. E le difficoltà di produzione e di esportazione potrebbero influire in maniera importante anche sugli allevamenti nostrani. Le bistecche ci saranno ancora, ma potrebbero costare un po' di più (una prima stima parla di un aumento dei prezzi attorno al 20%).

E con la benzina?

Altra questione è legata all'aumento dei carburanti, direttamente connesso (ma non solo) con la questione ucraina. L'incremento esponenziale dei prezzi della benzina, infatti, comporta maggiori costi di trasferimento per le aziende (in Italia l'85% dei trasporti è su gomma), che dunque probabilmente alzeranno i prezzi dei prodotti finiti. E questo si tradurrà in una minore capacità di acquisto da parte della popolazione.

Insomma, non siamo ancora in un'economia di guerra, ma i tempi che ci aspettano sembrano proprio essere cupi...

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