CRISI UCRAINA

"Dobbiamo prepararci a un'economia di guerra", Draghi shock sul futuro dell'Italia

Il presidente del Consiglio al vertice europeo di Versailles ha ipotizzato un periodo di sacrifici. Sotto la lente energia e generi alimentari.

"Dobbiamo prepararci a un'economia di guerra", Draghi shock sul futuro dell'Italia
Pubblicato:
Aggiornato:

"Dobbiamo prepararci a un'economia di guerra". 

La frase pronunciata nelle ultime ore dal presidente del Consiglio Mario Draghi getta ombre e preoccupazioni sugli scenari del nostro Paese.

Dopo due anni in guerra con il Covid, non proprio una disamina rassicurante per le attività economiche e per il Paese, che dopo un lungo periodo di restrizioni e sacrifici avrebbero decisamente voglia di voltare pagina.

Ma il tempo dei sacrifici potrebbe non essere finito.

"Dobbiamo prepararci a un'economia di guerra", la frase che fa tremare il Paese

La frase del nostro presidente del Consiglio è arrivata ieri, venerdì 11 marzo 2022, in occasione del vertice europeo di Versailles, in Francia, che ha visto confrontarsi i Paesi dell'Unione Europea che dove approntare un nuovo pacchetto di aiuti all'Ucraina (fondamentalmente soldi per armi) e il quarto pacchetto di sanzioni alla Russia.

In questo contesto, il nostro presidente da una parte ha chiesto all'Ue di mettere sul tavolo nuove risorse per contrastare la crisi.

Dall'altra, dopo che era stato il presidente francese Emmanuel Macron a prevedere una crisi alimentare entro 18 mesi, Draghi ha "disegnato" quello che sembra uno scenario decisamente in grado di far tremare il Paese:

"Non ci siamo ancora dentro, ma dobbiamo prepararci a un’economia di guerra".

Scenari preoccupanti, dunque. Sotto la lente evidentemente l'allarme sui rincari di energia e carburante, ma anche, in una prospettiva di medio periodo, le possibili e temute criticità del settore agroalimentare.

"Non ci siamo dentro, ma dobbiamo prepararci"

In conferenza stampa, il premier ha poi tracciato uno scenario importante, ma non funesto nell'immediato:

"Prepararsi non vuol dire che ciò debba avvenire, sennò saremmo già in una fase di razionamento. Dobbiamo, però, ri-orientare le nostre fonti di approvvigionamento e ciò significa costruire delle nuove relazioni commerciali"

Ecco perché oltre ai vertici seguiti in prima persona nella sua veste di premier, Draghi ha anche dato mandato ai suoi ministri (Di Maio, Giorgetti e Cingolani) di sondare il terreno per stringere nuovi rapporti internazionali, valutare nuove relazioni commerciali strategiche, studiare nuove e altre opportunità nel mondo.

E poi su Putin:

"Da quello che si può capire il presidente Putin non vuole la pace: per cercare la pace bisogna che la si voglia, oggi non la si vuole. Il piano sembra essere un altro. Mi auguro che al più presto si arrivi a qualche spiraglio, il Governo nel suo complesso farà di tutto per esserci, per chiedere che si arrivi presto alla pace". 

Il precedente del 2012: "Whatever it takes", "Costi quel che costi"

Di certo, la frase di ieri a Versailles ha riportato alla mente un'altra celebre, secca, frase di Draghi, non nuovo a uscite che fanno discutere.

Quel "Whatever it takes", tradotto "Tutto ciò che necessario" o per altri "Costi quel che costi" che Draghi, allora governatore della Banca Centrale Europea, pronunciò nel luglio 2012, nell'ambito della crisi del debito sovrano europeo, per indicare che la Banca Centrale Europea avrebbe fatto appunto "tutto il necessario" per salvare l'euro da eventuali processi di speculazione.

Seguici sui nostri canali