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Arrestato Giacomo Bozzoli, era nascosto nel cassone del letto della sua villa: "Sono innocente"

Una latitanza strana, sarà fondamentale ora ricostruire quando, come (e magari con l'aiuto di chi) il 40enne condannato per l'omicidio dello zio sia tornato a casa

Arrestato Giacomo Bozzoli, era nascosto nel cassone del letto della sua villa: "Sono innocente"
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Arrestato Giacomo Bozzoli dopo la latitanza di dieci giorni. Alle 17.45 di giovedì 11 luglio 2024, i Carabinieri del Comando provinciale di Brescia hanno dato esecuzione all'ordine di carcerazione emesso dalla Procura della Repubblica di Brescia a carico dell’uomo, latitante a seguito di sentenza di condanna definitiva all'ergastolo emesse dalle corti d'assise di di Brescia di primo e secondo grado, per l'omicidio dello zio Mario Bozzoli l’8 ottobre del 2015.

Arrestato Giacomo Bozzoli

Il ricercato è stato rintracciato nella propria villa di via San Carlo 65 a Soiano del Lago. La sentenza definitiva di condanna era stata emessa lo scorso primo luglio e da qual momento Bozzoli era risultato scomparso. I carabinieri stanno piantonando la sua villa a Soiano del Lago ormai da dieci giorni mentre le ricerche su si lui si erano spostate dall’Europa all’Africa.

Era nascosto dentro al cassettone del letto matrimoniale della villa. Al collo aveva un borsello con dentro 50 mila euro in contanti. "Vi prego, fatemi vedere mio figlio", sono state le prime parole dette in lacrime ai carabinieri.

La latitanza

Secondo gli investigatori è tornato in Italia dalla Spagna tre o quattro giorni dopo la moglie Antonella Colossi e il figlio. È arrivato nella notte di mercoledì e ieri è stato catturato. Ma se questa ricostruzione è vera, come ha fatto a rientrare nella villa senza che nessuno se ne accorgesse? Oppure è lì da più tempo? Ovvero da quando è stato dichiarato ufficialmente latitante? Oggi Bozzoli dovrà rispondere alle domande degli inquirenti e potrà fugare ogni dubbio su una latitanza strana.

Si parla anche di una possibile soffiata che ha messo sulla strada giusta gli inquirenti. "Non voleva certo consegnarsi", ha commentato il procuratore di Brescia Francesco Prete. "Altrimenti si sarebbe comportato diversamente e non si sarebbe nascosto in casa con barba e baffi e con 50mila euro in contanti nel borsello".

Il condannato continua a dichiararsi innocente: "Sono innocente, farò di tutto per ottenere la revisione della sentenza", ha ribadito come già detto nei processi.

Giacomo Bozzoli

La moglie e il figlio, che inizialmente hanno seguito Giacomo nella sua fuga, sono tornati a casa nel Bresciano dopo pochi giorni. La donna, Antonella Colossi, era stata sentita per quattro ore dai Carabinieri, ma ha restituito un racconto lacunoso e a tratti surreale, pieno di non ricordo perché avrebbe perso la memoria in seguito allo shock per la notizia della condanna del marito.

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Mario Bozzoli

Il figlio sentito dagli inquirenti

Il risultato è che, nella giornata di ieri, poco prima dell'arresto, era toccato al bimbo di soli 9 anni aiutare a ricostruire gli eventi degli ultimi giorni della loro vacanza in Spagna.

Si è trattato di un'audizione protetta con il supporto di psicologi.

In Spagna

Bozzoli era ricercato a livello internazionale. L'ultima immagine disponibile lo collocava in Spagna:

"Ho cercato inutilmente di convincerlo a costituirsi, poi le nostre strade si sono separate. Non ho idea di dove sia Giacomo" aveva ribadito Antonella Colossi agli inquirenti.

Lei, convinta della sua innocenza, è stata nuovamente ascoltata in Procura, dopo l'interrogatorio fiume di venerdì scorso al comando provinciale dei carabinieri, iniziato un’ora dopo il suo rientro in Italia con il figlio. I suoi ripetuti "non lo so", "non ricordo", continuano a non fornire elementi utili agli investigatori per rintracciare Giacomo.

Antonella Colossi

La famiglia sarebbe partita da Soiano all'alba del 23 giugno, due giorni e due notti a Cannes, seguiti da una tappa a Valencia "per portare nostro figlio all'acquario" prima di arrivare all'hotel di Marbella, dove la stanza era prenotata dal 20 al 30 giugno.

La condanna e l'omicidio

Giacomo Bozzoli non aveva restrizioni di nessun genere. Non gli è mai stato contestato il pericolo di fuga che sarebbe stato motivo di custodia cautelare. Il procuratore generale di Brescia Guido Rispoli ha spiegato che in un processo indiziario è fisiologico che l’imputato sconti la pena solo dopo la condanna irrevocabile. Lui si è sempre professato innocente.

L'azienda Bozzoli

Quando la Corte di Cassazione ha confermato l'ergastolo per Giacomo Bozzoli, il 40enne era stato già condannato alla stessa pena in primo e secondo grado per l'omicidio dello zio Mario Bozzoli, l'imprenditore di 52 anni titolare di una fonderia a Marcheno, in provincia di Brescia. Secondo l'accusa la vittima, svanita nel nulla dalla sera dell'8 ottobre 2015, sarebbe stata uccisa e gettata in un forno con la complicità dei due addetti al forno stesso: Giuseppe Ghirardini e Oscar Maggi.

Ghirardini, il presunto complice

Quanto al movente, nelle motivazioni della sentenza di secondo grado i giudici spiegavano che dietro l'omicidio ci sarebbero dissidi di tipo economico legati alla fonderia:

"Giacomo è l'unico in cui è risultato coesistere, unitamente all'odio ostinato e incontenibile (...) nei confronti della vittima, anche l'interesse economico per ucciderla riconducibile agli interessi societari e familiari" si legge nelle carte. Mario Bozzoli era "colpevole a suo avviso sia di lucrare dalla società, sia di intralciare i suoi progetti imprenditoriali".

E il nipote era l'unico "che ripetutamente e senza freni aveva manifestato il desiderio di ucciderlo". Mario Bozzoli, continuavano i giudici, sarebbe stato ucciso con "atroci modalità", senza che questo provocasse nel nipote Giacomo "alcuna titubanza". Dopo aver commesso "l'orrendo crimine", il nipote si sarebbe in primis preoccupato di "eliminare dal proprio smartphone tutti quei messaggi che avrebbero potuto coinvolgerlo". Per tutto il processo avrebbe infine mantenuto un atteggiamento "freddo e imperturbabile".

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