Alessia Pifferi, malore in carcere: "Vorrei spegnermi e raggiungere la mia bambina"
Si era, inizialmente, diffusa la notizia di un tentato suicidio della donna, presto ridimensionato dalla sua avvocata
"Desidera spegnersi per raggiungere la sua bambina". Con queste parole l'avvocata difensore di Alessia Pifferi, condannata all'ergastolo per aver lasciato morire di stenti la figlia Diana, di soli 18 mesi, ha precisato la natura del malore che avrebbe colpito la 38enne nelle scorse ore, dopo che il Tribunale di Milano si è pronunciato.
"Alessia Pifferi desidera spegnersi in carcere per raggiungere Diana"
L'avvocata Alessia Pontenani è tornata in carcere dalla sua assistita, Alessia Pifferi, condannata all'ergastolo per l'omicidio della figlia Diana. Si era, inizialmente, diffusa la notizia di un tentato suicidio della donna, presto ridimensionato dalla sua legale che, nella mattinata di martedì 14 maggio, si è diretta subito a San Vittore per controllare le sue condizioni di salute.
Nella mattinata di ieri, infatti, Pontenani avrebbe dovuto essere ospite di Caterina Collovati su TeleLombardia per commentare la sentenza di primo grado e per spiegare i motivi del ricorso in appello che ha già annunciato presenterà appena possibile. Tuttavia, la legale intorno alle 7 ha dovuto annullare l'appuntamento con la trasmissione televisiva per andare a far visita alla sua assistita.
La professionista ha spiegato che Pifferi si è sentita male, ma ha smentito la notizia del tentato suicidio. La donna sta prendendo psicofarmaci per alleviare dolore, ha spiegato la legale, soprattutto figlio della distanza che la sua famiglia avrebbe preso da lei.
L'avvocata conferma inoltre la frase che Pifferi avrebbe detto:
"Vorrei spegnermi e raggiungere la mia bambina".
L'agonia di Diana e la condanna
Diana aveva appena 18 mesi, quando è stata lasciata per sei giorni sola in casa, con due biberon di latte e due bottigliette d'acqua. Morta di stenti nel luglio torrido del 2023, mentre la madre, a chilometri di distanza, trascorreva il tempo con il compagno.
La Corte d'assise di Milano l'ha riconosciuta colpevole di omicidio, come chiedeva la Procura. Nessuna attenuante. Nessun vizio di mente. Per il pubblico ministero in aula la donna ha sempre recitato. La difesa ha sostenuto, al contrario, l'incapacità di intendere e di volere. Negata, però, dallo specialista nominato dalla corte.
È proprio sulle perizie che si è consumata la battaglia più aspra del processo, sfociata in un'inchiesta aperta dal pm a carico della legale e di due psicologhe del carcere di San Vittore. Decisione che ha suscitato l'indignazione, e lo sciopero, dei penalisti milanesi. Pontenani intende fare ricorso in appello.