caos al tribunale di milano

Alessia Pifferi: si indaga su altre due psicologhe che l'avrebbero "imbeccata". Avvocati in sciopero

Legali sul piede di guerra “contro” l’indagine del pm De Tommasi che ha aperto il filone di indagini parallelo contro le psicologhe che avrebbero manipolato l'imputata per alleggerirne le responsabilità

Alessia Pifferi: si indaga su altre due psicologhe che l'avrebbero "imbeccata". Avvocati in sciopero
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Il filone di inchiesta parallelo al processo contro Alessia Pifferi, che vede indagate due psicologhe del carcere e il difensore Alessia Pontenani per falso e favoreggiamento, si potrebbe allargare ulteriormente: sarebbero in corso, infatti, accertamenti su altre due psicologhe. E il clima, al Tribunale di Milano, si fa rovente.

Alessia Pifferi
Alessia Pifferi

Al via uno sciopero, indetto dalla Camera Penale e a cui ha aderito l’Ordine degli avvocati milanesi, per protestare contro i metodi dell’inchiesta parallela aperta dal pm Francesco De Tommasi a carico dell’avvocatessa Alessia Pontenani, che difende la donna imputata per aver lasciato morire di stenti la figlia Diana, e delle due psicologhe di San Vittore, tutte accusate di falso e favoreggiamento.

diana pifferi
Diana Pifferi

Caso Pifferi: verifiche su altre due psicologhe

Riavvolgiamo il nastro. Il pm di Milano Francesco De Tommasi ha indagato due psicologhe del carcere in cui è detenuta Pifferi per falso e favoreggiamento per alcuni colloqui a San Vittore e l’avvocatessa Alessia Pontenani, che tutela gli interessi dell’imputata, anche lei indagata per falso. L’avvocatessa e le psicologhe, secondo il pubblico ministero, in accordo tra loro avrebbe aiutato Pifferi ad ottenere la perizia, falsificando il diario clinico e usando un test psicodiagnostico che non potevano utilizzare.

La pm Rosaria Stagnaro ha rinunciato a seguire ancora il processo, perché ha fatto presente al procurato capo, Marcello Viola di non essere stata informata dal collega De Tommasi e di non condividerne la linea.

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Tribunale di Milano

Adesso l’inchiesta potrebbe allargarsi: sono in corso accertamenti su altre due professioniste che, come ha sottolineato in aula De Tommasi, avrebbero messo mano ai test somministrati all'imputata e alla successiva relazione con la quale le veniva diagnosticato un grave deficit cognitivo.

Nello specifico, una delle due psicologhe indagate avrebbe firmato il documento finale insieme alla collega pur non essendo presente alla somministrazione dei test, mentre una terza avrebbe partecipato all'incontro senza firmare. Vi sarebbe poi una quarta professionista, esterna al carcere San Vittore, che avrebbe invece revisionato il documento finale, apportando modifiche e correzioni.

 Come ha evidenziato lo psichiatra Elvezio Pirfo, incaricato dalla Corte d'Assise di eseguire la perizia che ha messo in luce come Pifferi sia capace di intendere e volere, il test psicodiagnostico eseguito in carcere "non è attendibile". Nei giorni scorsi il pm ha chiesto una proroga delle indagini in quanto sono necessari "ulteriori accertamenti" per "delineare la rete criminale nel cui ambito si collocano i fatti".

Ira degli avvocati: al via lo sciopero

Il pubblico ministero De Tommasi, ha chiesto di “chiudere oggi il processo” rigettando le richiesta della difesa di controinterrogare il perito psichiatrico Elvezio Pirfo perché in caso contrario “vi dimostrerò nero su bianco la prova che l’imputata ha reso nei colloqui in carcere che ha tenuto delle dichiarazioni che sono state precostituite e imbeccate da altri”.

“Vi fornirò la prova che il presunto abuso sessuale” di cui Pifferi ha parlato ai consulenti della Corte d’assise di Milano e che avrebbe subito “quando era minore” è “assolutamente falso” e che l’intero suo “racconto è frutto di un suggerimento ben preciso dato all’imputata“.

Il controesame dello psichiatra Pirfo, che esclude "l'esistenza di disturbi deliranti, schizofrenia o disturbi di tipo maniacale" così come non risultato "deficit cognitivi" o "disabilità intellettiva", si terrà il prossimo 15 marzo. Tra maggio e giugno sarà prevista poi la discussione e la sentenza.

E’ in questo quadro che si inscrive dunque lo sciopero degli avvocati, “contro” l’indagine di De Tommasi.

“Nessuno è padrone esclusivo del processo e delle sue regole, il processo è di tutti e le barricate non servono a niente, siamo tutti parte di un meccanismo che se non funziona fa un danno enorme: il processo deve essere giusto” dicono i rappresentanti della Camera penale di Milano che hanno presentato il momento di confronto che è in corso, nella maxi aula d’Assise d’appello, tra avvocati e magistrati in occasione dell’astensione dei penalisti milanesi in concomitanza con l’udienza.

Gli avvocati milanesi, in sostanza, ritengono che la nuova inchiesta aperta a processo in corso, con tanto di perquisizioni, abbia violato il diritto di difesa e il principio del giusto processo e sia stata una “ingerenza” da parte del pm nel dibattimento. “La Camere penale ha reagito – ha spiegato l’avvocato Francesco Sbisà – non perché è indagato un difensore, anche se fossero state indagate le sole psicologhe, proprio per l’oggetto dell’accusa, la tempistica e la metodica saremmo comunque intervenuti“.

Perché le psicologhe avrebbero "imbeccato" Pifferi?

Intorno al tema della sanità mentale di Pifferi si è a lungo discusso e la difesa della donna vi puntava molto. Poche settimane fa, nel gennaio 2024, sotto la lente della giustizia sono finite le psicologhe Paola Guerzoni e Letizia Marazzi: indagate per favoreggiamento e falso ideologico. Le due professioniste, secondo De Tommasi, avrebbero sostanzialmente manipolato l’imputata, per alleggerirne le responsabilità.

Paola Guerzoni

Indagata per falso ideologico anche l’avvocatessa Alessia Pontenani, legale della donna.

Agli atti ci sarebbe una telefonata tra la psicologa 58enne, che ha lavorato anche nel carcere di Opera, e l’avvocatessa, nella quale, stando alle indagini, le due si sarebbero complimentate a vicenda dopo l’effettuazione su Pifferi e gli esiti del test psicodiagnostico di Wais, secondo cui la donna, a processo per l’omicidio della figlia, avrebbe un quoziente intellettivo da bambina. Test non “fruibile né utilizzabile a fini diagnostici e valutativi”, secondo il pm.

Perché? Questa è la domanda che sorge spontanea, nel caso le accuse trovassero riscontro. Alla base dei presunti illeciti commessi, in particolare, da una delle due psicologhe, ci sarebbe, come ipotizzato dagli inquirenti, un movente "antisociale", anche perché, come risulterebbe da alcune conversazioni intercettate, la professionista, 58 anni, avrebbe detto che con la sua attività voleva scardinare il sistema, "goccia dopo goccia", salvando quelle che lei riteneva vittime della giustizia.

"Capace di intendere e volere"

La perizia psichiatrica depositata nei giorni scorsi su Pifferi ribalta completamente l'esito suggerito dalle psicologhe indagate e dichiara la madre della piccola Diana, lasciata morire di sete e fame, capace di intendere e volere. 

diana pifferi esiti autopsia

Lo psichiatra forense Elvezio Pirfo scrive:

"Al momento dei fatti ha tutelato i suoi desideri di donna rispetto ai doveri di accudimento materno verso la piccola Diana e ha anche adottato 'un'intelligenza di condotta’ viste le motivazioni diverse delle proprie scelte date a persone diverse".

Secondo lo psichiatra la donna non ha "disturbi psichiatrici maggiori", né "gravi disturbi di personalità". Conclusioni in linea con quanto sostenuto dal pm di Milano Francesco De Tommasi e dal suo consulente.

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