"L'ospedale è la mia seconda casa"

Vent'anni fa la strage di Linate. L'unico sopravvissuto: "Ero una torcia umana"

A riportare la sua storia sono i professionisti del Niguarda, dov'è stato curato nel corso di questi anni. Ha subìto oltre 100 interventi.

Vent'anni fa la strage di Linate. L'unico sopravvissuto: "Ero una torcia umana"
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Vent'anni fa, l'8 ottobre 2001, si consumava la strage di Linate, il più grande disastro aereo della storia italiana. Oggi, nel ventennale della tragedia, dall'ospedale Niguarda i professionisti riportano la storia di Pasquale, l'unico sopravvissuto: "Niguarda è la mia seconda casa".

Difficile dimenticarsi di Pasquale, l’unico sopravvissuto all'incidente aereo di Linate del 2001: una collisione sulla pista tra un piccolo aereo privato e un velivolo di linea prima del decollo causò 118 vittime. È stato il più grave disastro aereo verificatosi in Italia.

“Ricordo tutto dell’incidente, come se fosse successo ieri - ci dice Pasquale che allora aveva 48 anni e lavorava come addetto allo smistamento bagagli in un hangar a terra-. Erano da poco passate le 8  e all’improvviso un’esplosione terribile, un rumore fortissimo, tanto che il fischio dello scoppio è ancora nelle mie orecchie, nessun otorino, e sono stato visitato dai migliori del mondo, è riuscito a togliermelo. Ci convivo da allora. Oltre al rumore fortissimo ricordo che si sono aperti i portelloni dell’hangar e ho visto l’ala di un aereo con la scritta “02” che mi veniva in contro. In un istante ero completamente avvolto dalle fiamme”.

“Sono scappato via da quell’inferno e sono corso sul viale Forlanini. Ho pensato: la prima ambulanza che incontro mi caricherà a bordo. Ero una torcia umana, per fortuna un finanziere mi ha visto e ha spento le fiamme che mi avvolgevano con degli stracci”.

Quattordici mesi in ospedale (quattro in coma)

Da lì il trasporto a Niguarda dove rimarrà per 14 mesi (di cui 4 in coma), una degenza record suddivisa tra terapia intensiva, centro ustioni e diversi altri reparti dell’Ospedale.

“Era gravissimo - spiega De Angelis - c’erano ustioni su oltre l’85% del corpo, era praticamente coinvolta quasi tutta la superficie corporea, si salvavano solo i piedi e alcune aree delle gambe. Le probabilità di sopravvivenza erano molto limitate. Sono serviti tanti interventi, nell’ordine della trentina, tra innesti di pelle e operazioni ricostruttive”.

In totale nell’arco degli anni Pasquale è andato in sala operatoria più di 100 volte (non tutti gli interventi sono stati fatti a Niguarda). Un vero e proprio calvario senza fine.

"Considero il Niguarda come una seconda casa"

In tutto questo tempo l'unico superstite del disastro aereo ha frequentato a lungo l'ospedale milanese, imparando ad apprezzare la professionalità e le capacità dei suoi operatori.

“Considero questo ospedale un po’ come la mia seconda casa, senza di loro (ndr, guarda De Angelis) non sarei qui”.

De Angelis conferma:

“E’ sempre stato un combattente, uno che non si arrende e non si è fatto travolgere nemmeno da questo grave incidente, anzi ha deciso di esporsi e di raccontare la sua vicenda ai media. L’amicizia nata in corsia si è cementata nelle tante trasferte fatte insieme per raggiungere come ospiti le trasmissioni televisive ed è diventata un’intesa speciale".

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