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Quanto dura la protezione dei vaccini mRna? Ecco cosa dice l'Iss

A sette mesi dalla seconda dose non cala la protezione contro ricoveri e decessi.

Quanto dura la protezione dei vaccini mRna? Ecco cosa dice l'Iss
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Quanto dura la protezione dei vaccini Covid? E' una domanda che ci poniamo più o meno tutti da mesi, da quando cioè è partita la campagna vaccinale di massa, che in Italia ha coperto quasi l'80% della popolazione over 12 (sui bambini sotto i dodici anni al momento non c'è ancora l'autorizzazione all'inoculazione, anche se negli Usa Pfizer ha già testato il siero ed è in attesa dell'ok per la distribuzione). Una risposta arriva oggi, mercoledì 6 ottobre 2021, dall'Istituto superiore di Sanità, che ha analizzato i dati dei vaccini mRna (Pfizer e Moderna).

Quanto dura la protezione dei vaccini? Risponde l'Iss

Secondo l'ultimo report dell'Iss (il quarto) "Sorveglianza vaccini Covid-19", a sette mesi dalla vaccinazione non si registra una riduzione dell’efficacia dei vaccini Covid-19 a mRna nella popolazione generale, cosa che avviene - seppur in modo lieve - in alcuni gruppi specifici.  Per arrivare a questa conclusione sono stati esaminati i dati di oltre 29 milioni di persone che hanno ricevuto almeno una dose fino al 29 agosto 2021.

L’efficacia è stata valutata confrontando l’incidenza di infezioni (sintomatiche e asintomatiche), ricoveri e decessi a diversi intervalli di tempo dopo la seconda dose con quella osservata nei 14 giorni dopo la prima dose, considerato come periodo di controllo.

Le principali conclusioni

A sette mesi dalla seconda dose in generale non si osserva una riduzione significativa di efficacia in termini di protezione dall'infezione, sia essa sintomatica o asintomatica, che rimane attorno all'89%. Ancora più elevata la protezione per quanto concerne ricoveri (96%) e decessi (99%).

La riduzione dell'efficacia si osserva invece nei soggetti immunocompressi a partire da 28 giorni dopo la seconda dose. Motivo per cui per questa fascia di popolazione è prevista dopo questo intervallo di tempo una dose supplementare.  La stima, in questo caso, presenta una variabilità elevata dovuta in parte al ridotto numero di soggetti inclusi in questo gruppo ma anche connessa alla diversità delle patologie presenti in questa categoria.

Nelle persone con comorbidità si osserva una riduzione della protezione dall’infezione, dal 75% di riduzione del rischio dopo 28 giorni dalla seconda dose al 52% dopo circa sette mesi.

Diminuisce leggermente, pur rimanendo sopra l’80%, l’efficacia contro l’infezione nelle persone sopra gli 80 anni e nei residenti delle Rsa.

Le varianti

Confrontando i dati tra gennaio e giugno 2021, periodo in cui predominava la variante Alfa, con quelli tra luglio e agosto, a prevalenza Delta, emerge una riduzione dell’efficacia contro l’infezione dall’84,8% al 67,1%. Resta invece alta l’efficacia contro i ricoveri (91,7% contro 88,7%). L’apparente riduzione di efficacia dei vaccini nel prevenire l’infezione potrebbe essere dovuta al tempo intercorso dalla vaccinazione o a  una diminuita efficacia contro la variante Delta. Secondo l'Istituto superiore di sanità a questa situazione potrebbero inoltre avere contribuito eventuali modifiche comportamentali a seguito del rilassamento delle altre misure preventive (uso di mascherine e distanziamento).

Il confronto con lo studio Usa

I risultati a cui è giunto l'Iss confermano in parte quelli a cui è arrivato uno studio pubblicato poche ore prima dalla rivista medica The Lancet e realizzato dal consorzio Kaiser Permanente con la collaborazione (e il finanziamento) di Pfizer. Le conclusioni sono sostanzialmente uguali per quanto riguarda l'efficacia contro ricoveri e decessi, mentre divergono e non di poco sull'efficacia contro il contagio.

LEGGI ANCHE: Lo studio sull'efficacia del vaccino Pfizer

Come spiegare la divergenza dei valori? Possibile quando si prendono in esame campioni di popolazione e sieri differenti. E non è da escludere che in futuro possano arrivare altri studi con risultati difformi. La cosa importante rimane però la convergenza degli esiti per gli aspetti più importanti della malattia, e cioè il ricovero in ospedale e i decessi, sui quali entrambi gli studi arrivano alla medesima conclusione.

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