MARCIA INDIETRO

Netflix sta diventando sempre più simile alla televisione "normale"

Era una (vera) rivoluzione di qualità: adesso rischia di diventare come la tv generalista

Netflix sta diventando sempre più simile alla televisione "normale"
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Massimizzare i profitti: questa, sostanzialmente, la nuova politica di Netflix. Ed è – probabilmente – sulla base di questo cambio di rotta, che si trovano le ragioni della metamorfosi del colosso. Se avete il sentore di un “abbassamento qualitativo” e sentite la mancanza di serie di qualità assoluta, come il fenomeno che fu “Black Mirror”, siete in buona compagnia. La percezione, infatti, è che Netflix sta cambiando pelle.

Netflix: sempre più “generalista”

Pagare per avere qualità. Questa era la policy che ha orientato per anni la piattaforma regina dello streaming. Anni di successi, economici, di pubblico e della critica. Perché, adesso, Netflix è sempre più simile alla tv generalista? Ironia della sorte proprio il medium che ha sfidato apertamente, contrapponendo un’offerta ricercata, originale e raffinata.

Impossibile non considerare quanto abbia inciso il crollo in borsa del titolo nell’aprile 2022, con conseguenti licenziamenti di massa. Vi sono poi competitors sempre più agguerriti – come Amazon Prime Video – e la necessità di “rientrare” al più presto, per esempio bloccando l’usanza degli “scrocconi dell’account”.

Netflix ha così introdotto un nuovo livello di abbonamento che prevede di poter pagare meno, accettando di vedere gli spot pubblicitari, cosa che in passato l’azienda aveva detto non sarebbe mai. Ma quando la terra trema…si corre ai ripari.

Serie di qualità cancellate

Per non parlare dell’ecatombe delle serie tv cancellate, nonostante le ottime recensioni della critica. Inizialmente, infatti, l’obiettivo principe non era tanto quello di accumulare visualizzazioni, bensì di affermarsi come un’alternativa di intrattenimento di qualità con relative produzioni pluripremiate e nomi di grandi cineasti e star affermate assoldate per la serialità. Basti pensare alla bellissima Mindhunter, prodotta e in parte diretta dal grande David Fincher: non soltanto un elegante esercizio di stile, ma grande successo di pubblico.

Ora si sperimenta meno e il percepito sull’offerta, seppur eterogenea, è di un abbassamento qualitativo. Adesso, del resto, c’è la pubblicità…e gli inserzionisti vogliono i numeri, con buona pace della malinconica e tragica poesia dei vari BoJack Horseman.

Troppo pubblico abbassa il livello?

Paradossalmente c’è un altro elemento da considerare che potrebbe aver influito significativamente sul cambio di offerta: l’ampliamento di pubblico, accelerato con il lockdown. Sempre più persone si sono “buttate” su Netflix, ma non corrispondono esattamente al fruitore originale, che apprezzava anche contenuti forti, distopici, inusuali. E per compiacere anche le frange di nuovi fruitori “più ortodossi”, è stato necessario livellare, per accogliere e non turbare.

Massimizzare

Netflix non punta più ad aumentare gli abbonati, ma semmai a massimizzare i profitti. Vedi anche le strategie per “riscuotere” anche dagli spettatori a scrocco.

Insomma, le ragioni del colosso sono comprensibili e chiare, ma la domanda sorge spontanea: perché devo pagare un servizio la cui offerta, ormai, non si discosta così tanto dall’amata-odiata tv generalista? Tanta strada, per tornare indietro, è davvero una mossa furba?

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