oblio collettivo

Covid: a Codogno, cinque anni fa, il "paziente 1". Ecco perché abbiamo dimenticato

Era il 20 febbraio del 2020 quando arrivò il risultato del tampone effettuato su un giovane paziente, Mattia Maestri. Lui si salvò, quasi in 200mila morirono nel nostro Paese

Covid: a Codogno, cinque anni fa, il "paziente 1". Ecco perché abbiamo dimenticato
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Cinque anni fa in pochi, tranne lombardi e lodigiani, avevano sentito parlare di Codogno. Comune del Basso Lodigiano di circa 90mila abitanti. Per l'Italia territorio del "paziente 1". Era il 20 febbraio del 2020, quando all’ospedale di Codogno, arrivò il risultato del tampone effettuato su un giovane paziente, Mattia Maestri. Positivo al Covid. Seppure gravissimo, Mattia - complice anche la sua ottima forma fisica - si salvò. Lo chiamiamo "paziente 1" per via di quel primo tampone positivo nelle mani dei medici nostrani, anche se, in realtà, la malattia aveva cominciato a diffondersi molto prima.

I morti a causa della pandemia, soltanto in Italia, sono stimati intorno ai 200mila su 27,1 milioni di contagi. Ora il virus fa parte del 'mix' di malattie respiratorie invernali, ma restano i casi di Long-Covid.


Covid: 5 anni fa il "paziente zero" a Codogno

Abbiamo come dimenticato, rimosso, qui mesi surreali, quasi sospesi, chiusi in casa impotenti mentre il mondo si fermava a causa di Covid 19. In Italia, il tampone positivo del "Paziente 1" segno l'inizio di un periodo durissimo.

Mattia Maestri

Ospedali al collasso, con alcune aree del Paese martoriate dal virus. Bergamo, fra le città più colpite, epicentro della diffusione implacabile del virus. E la sua Nembro, paesino all'imbocco della Val Seriana, falcidiata. 188 morti – su poco più di 11mila residenti – in appena due mesi.

Lo spettacolo agghiacciante, in un silenzio surreale, la notte del 18 marzo 2020, dei camion militari che trasportavano le bare dei morti per Covid fra le strade deserte, resta una delle immagini simbolo dell'impatto deflagrante della pandemia nel nostro Paese.

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Trasporto bare a Bergamo

L'11 marzo 2020, l'Organizzazione mondiale della sanità dichiara l'inizio della pandemia. Solo dopo 3 anni, il 5 maggio 2023, l'Oms dichiarerà ufficialmente la fine dell'emergenza sanitaria.

I numeri del ministero della Salute raccontano di una tragedia che ci ha preso alle spalle: in totale si contano, in 5 anni, 27.191.249 casi, di cui 513.845 tra gli operatori sanitari; 45 anni è l'età media dei pazienti. Alla fine, sono 197.563 i morti e 25.402.836 i guariti.

Resta tuttavia il rischio di nuove future pandemie, che secondo l'Oms sono inevitabili. 

Perché abbiamo rimosso il Covid?

Resta un dato, oggettivo e sociologico: come è possibile che la gran parte della popolazione abbia rimosso, quasi volutamente dimenticato, un evento tanto traumatico?

In alcune circostanze, l’esperienza della pandemia ha lasciato segni profondamente traumatici, tanto da creare difficoltà anche nel processo di elaborazione degli eventi vissuti. Secondo Scott A. Small, noto neurologo statunitense, memoria e oblio sono due facce della stessa medaglia: il nostro cervello possiede meccanismi non solo per conservare i ricordi, ma anche per eliminarli, parzialmente o completamente.

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COVID-19.

Questo delicato equilibrio tra ricordare e dimenticare è essenziale per il nostro benessere mentale. La memoria ci consente di apprendere e trarre insegnamenti dalle esperienze, mentre l’oblio ci permette di alleggerire il peso emotivo dei ricordi, rimodellandoli o lasciandoli andare. Tuttavia, nei casi più gravi, come il disturbo post-traumatico da stress, questo bilanciamento viene compromesso: la memoria viene iperstimolata a discapito della capacità di dimenticare, impedendo alla persona di archiviare in modo sano l’esperienza traumatica. Al contrario, il ricordo diventa invasivo, riaffiorando costantemente e proiettandosi su situazioni quotidiane, che in condizioni normali non desterebbero alcuna preoccupazione. Così, ad esempio, il semplice trovarsi in mezzo a una folla può ancora provocare ansia e paura, retaggio di un vissuto difficile da lasciarsi alle spalle.

Come per l'epidemia di Spagnola

Interessante - a livello di funzionamento sociale - notare come il copione si fosse già ripetuto. L'epidemia di Spagnola - tra 1918 e il 1920 - fece da 50 a 100 milioni di vittime, molte più della Prima guerra mondiale. Eppure è praticamente scomparsa dalla memoria collettiva. La medesima sorte è toccata al Covid.

Sempre Small, nel 2022, aveva dichiarato: "In una certa misura è un comportamento sano e adattivo".

Si dice che la visione vera e generale si ottiene soltanto da lontano, a distanza. Magari tra qualche anno. Magari no.

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