I diritti delle mamme

Neonato morto a Roma: il "rooming-in" non è obbligatorio, ma gli esperti lo consigliano

Non deve essere demonizzata una pratica che, secondo le evidenze scientifiche, è sana per madre e bimbo. Ma che non sia l'alibi per sopperire alla mancanza di personale sanitario

Neonato morto a Roma: il "rooming-in" non è obbligatorio, ma gli esperti lo consigliano
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La drammatica vicenda del neonato morto al Pertini - soffocato involontariamente dalla madre che, stremata dalla fatica di doverlo accudire in maniera continuativa, senza potersi appoggiare al nido interno al reparto (queste le sue dichiarazioni, sarà poi l'indagine in corso a confermare eventuali responsabilità), ha scoperchiato un vero e proprio vaso di Pandora.

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L'ospedale Pertini

Al centro del quale vi è il Rooming-in. Gli esperti scendono il campo per difendere la pratica che consente a madre e neonato di stare insieme, condividendo la stanza d'ospedale, fin dal parto. Ma mettono in guardia: deve essere praticato in maniera corretta. E soprattutto un elemento informativo deve essere chiaro alle neomamme: non siete obbligate.

Vi spieghiamo quali sono i vostri diritti e perché questo protocollo (se ben effettuato) fa bene. Ma in primis quali sono i vostri diritti, lo ripetiamo: perché soltanto una madre che sta bene - mentalmente e fisicamente - può fare del bene al suo bimbo.

Rooming-in: come funziona, perché fa bene. E il diritto di dire no

Andiamo per ordine. Fino agli anni Novanta, nei reparti maternità italiani, la tendenza era quella di lasciare insieme mamma in degenza e neonato soltanto per brevi lassi di tempo, finalizzati soprattutto ad avviare e proseguire l'allattamento fino alle dimissioni.

Negli ultimi anni si sta diffondendo, anche su spinta dell'Oms, il Rooming-in ovvero il lasciare il piccolo vicino alla madre sin dalle prime ore dopo il parto. Il bimbo sente l'odore della pelle della sua mamma, ritrova la sua voce, viene più facilmente iniziato all'allattamento e stabilisce immediatamente un contatto diretto. Importante puntualizzare che il neonato dorme in una culla posta vicino al letto del caregiver.

Gli esperti delle società scientifiche Sin (Società italiana di neonatologia), Sip (Società italiana di pediatria), Sigo (Società italiana di ginecologia ed ostetricia) e Aogoi (Associazione ostetrici e ginecologi ospedalieri italiani), spiegano:

"La gestione separata di madre e neonato, prevalente in epoche passate, ostacola invece l'avvio della relazione genitore-famiglia-neonato, è contraria alla fisiologia, anche dell'allattamento, e non garantisce da eventi neonatali imprevisti e tragici - avvertono - Facciamo riferimento in particolare al 'collasso post natale', conosciuto come Supc (Sudden Unexpected Postnatal Collapse), evento improvviso e inaspettato, molto raro (colpisce 8 neonati ogni 100mila), ma documentato a livello internazionale. Si verifica nella prima settimana di vita, a volte a causa di patologie sottostanti non diagnosticate, ma il più delle volte in bambini apparentemente sani. Le attuali indicazioni delle società scientifiche per prevenirla si basano sull'eliminazione, nei limiti del possibile, dei fattori di rischio associati".

Inoltre, sempre a patto che sia praticato correttamente, il tenere il proprio bimbo vicino fin dalle prime ore aiuta la madre contro il rischio di depressione post-partum, migliora il senso di sicurezza del piccolo e consente di creare subito un sano attaccamento, evitando che le neo-mamme si trovino di colpo in crisi una volta arrivate a casa.

E queste sono oggettività scientifiche, illustrate non per fare opera di convincimento, bensì perché è diritto di ogni madre conoscere quale sia la strategia considerata dalla scienza la più funzionale e sana per entrambi.

Il Rooming-in nella sua versione corretta, quella consigliata dagli esperti - prevede anche il supporto di puericultrici e nursery interna al reparto quando la madre non si trova nelle condizioni di occuparsi del piccolo o sente, semplicemente e in maniera del tutto legittima, la necessità di riposare.

Non siete obbligati a praticarlo, nessuno può imporvelo. E soprattutto, se siete in difficoltà e non ricevete il supporto che i protocolli prevedono, siete legittimate ad alzare la mano e chiedere aiuto. Non è un problema, né una responsabilità vostra (soprattutto se pagate regolarmente le tasse) il problema di sottodimensionamento delle strutture sanitarie. Non lo dovete purgare voi mediante quella mentalità strisciante, che ancora si respira in molti reparti Maternità, per cui "se sei madre devi sacrificarti a costo di collassare". No, non è sano. Questo non è il Rooming-in. E a specificarlo sono anche le associazioni principali di ostetriche, pediatri, neonatologi e ginecologi:

"La moderna organizzazione delle Maternità attualmente prevede la gestione congiunta di madre e bambino, il cosiddetto rooming-in, che va proposto fornendo il necessario sostegno pratico e psicologico alla nuova famiglia. Un supporto "individualizzato ed empatico. La carenza a livello nazionale del personale sanitario, pesantemente sofferta anche nell'area del percorso nascita, non è motivo sufficiente per giungere ad ipotizzare proposte assistenziali involute e di minore qualità come la gestione separata di madre e bambino".

In sostanza, si può concludere che la pratica in sé non solo non è sbagliata, ma le evidenze scientifiche confermano che offre i maggiori benefici per madre e neonato. Ma deve essere gestita in maniera corretta, ovvero con il dovuto sostegno. In caso non fosse così, come testimoniano migliaia di neomamme nelle ultime ore sui social, si tratta di un rooming-in mascherato per sopperire alle gravi problematiche di personale sanitario che affliggono gli ospedali. Problematica, però, di cui non deve pagare lo scotto una prassi che funziona bene. E soprattutto che non possono pagare le neomamme, abbandonate a gestire un neonato dopo ore di travaglio o un cesareo.

No al co-sleeping

Ultimo chiarimento, a chiudere il quadro delle informazioni necessarie per una maternità sana e sicura: se la vicinanza, anche fisica, tra mamma e bebè è incoraggiata, non lo è la pratica del co - sleeping, ovvero il dormire nello stesso letto con il piccolo, soprattutto se sotto i sei mesi.

Le società scientifiche attualmente raccomandano di evitare la condizione del co-sleeping, giudicata non sicura, suggerendo di riporre il bambino a fine poppata nella propria culla, in particolare quando non siano presenti altri caregiver (familiari o operatori sanitari). Questa prudenza è giustificata ben oltre la permanenza di mamma e bambino nel Punto nascita e interessa tutti i primi 6 mesi di vita.

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