pregi e difetti

Ma è davvero una buona idea pensionare lo smart working dal 30 giugno?

Intanto si lavora a un Disegno di legge che modifichi la normativa in vigore sul lavoro agile.

Ma è davvero una buona idea pensionare lo smart working dal 30 giugno?
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Con la fine dello stato di emergenza fissata per il 31 marzo ci si aspettava una modifica delle regole sullo smart working a partire da aprile. E invece il Governo ha ufficializzato la possibilità di ricorrere al lavoro da remoto nel settore privato con regime semplificato (e dunque senza l'accordo individuale tra lavoratore e azienda) sino al 30 giugno 2022. 

Smart working sino al 30 giugno. E poi?

Ma cosa succederà allo smart working dopo il 30 giugno? E' la domanda che si fanno in molti, lavoratori e imprese. E' una buona idea mandarlo in "pensione" con quella data oppure sarebbe il caso di regolamentarlo maggiormente e renderlo una "presenza fissa" nelle vite degli italiani?

In questi due anni abbiamo imparato a conoscerne pregi e difetti, sia a livello personale sia sulla collettività. E probabilmente i primi superano di gran lunga i secondi. Innegabile, infatti, che l'utilizzo massiccio del lavoro da remoto abbia conseguenze anche su mobilità e inquinamento: meno auto di gente che deve raggiungere l'ufficio vuol dire meno traffico e aria più respirabile (anche se per ridurre effettivamente l'inquinamento, soprattutto nelle grandi città, serve ben altro).

E sempre in tema di spostamenti non possiamo non pensare che in molti siano contenti oggi di non doversi recare qualche giorno in ufficio visti gli incrementi del costo della benzina.

Certo, lavorare da casa vuol dire tenere magari attaccato il pc alla corrente, accendere la luce e il riscaldamento. E anche le bollette hanno subito pesanti rincari. Dunque, da qualunque parte la si guardi, qualcosa da spendere c'è, ma quelli sono calcoli che ciascuno fa a seconda delle proprie esigenze.

Un disegno di legge per cambiarlo

Intanto, però, si ragiona su una modifica. La Commissione Lavoro della Camera ha trovato l'accordo su un disegno di legge (prima firmataria l'onorevole Maria Pallini del M5S) che mette insieme proposte giunte un po' da tutti i partiti e che mira a diventare legge sostituendo la normativa in vigore (legge 81 del 2017).

Il Ddl conferma, tra le altre cose, la necessità di un accordo individuale tra datore e lavoratore sullo smart working, aggiungendo però che la questione va normata da una contrattazione di categoria o aziendale/territoriale. In particolare si punta a  stabilire eventuali agevolazioni sullo smart working per alcune categorie (genitori, caregiver, fragili) oltre che il diritto alla disconnessione.

Il testo - che definisce smart working soltanto quello in cui il lavoro fuori ufficio raggiunge almeno il 30% del tempo - prevede anche la riduzione dell’1% dei premi assicurativi Inail per le aziende che utilizzano lo smart working e un credito di imposta  per le  "imprese che effettuano, entro ventiquattro mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, investimenti in strumenti informatici di ultima generazione, destinati ad agevolare le attività in modalità agile".

 

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