La Russia accoglie la mediazione del Vaticano per far finire la guerra, ma nel Donbass l'Ucraina è alle corde
I soldati di Mosca stanno concentrando gli sforzi per condurre un’offensiva e circondare le truppe ucraine nei distretti di Severodonetsk.
Uno spiraglio di apertura, verso la risoluzione del conflitto, con la partecipazione di un terzo grande mediatore. La Russia, attraverso le parole di Alexei Paramonov, direttore del Primo dipartimento europeo del ministero degli Esteri russo, ha accolto gli sforzi del Vaticano per porre fine alla guerra in Ucraina:
"Manteniamo un dialogo aperto e riservato su una serie di questioni, principalmente legate alla situazione umanitaria in Ucraina".
Ma mentre i rapporti diplomatici cercano ancora, dopo 110 giorni di conflitto, di sciogliere i nodi del contendere, sul fronte di guerra si continua a combattere. Nel Donbass gli scontri armati sono giunti alla loro battaglia decisiva, con la città di Severodonetsk che rappresenta l'ultimo baluardo della resistenza ucraina nella regione sud-orientale. Lo Stato Maggiore Generale delle Forze Armate ucraine, sui suoi canali social, ha fatto sapere che i russi sono riusciti a riprendersi il centro della città, concentrando gli sforzi "per condurre un’offensiva e circondare le nostre truppe nei distretti di Severodonetsk e Lysychansk e nel bloccare le rotte logistiche da Bakhmut".
La Russia accoglie la mediazione del Vaticano per far finire la guerra
Parole di circostanza o vero tentativo di giungere ad una risoluzione? Lanciano un piccolo segnale di speranza le dichiarazioni rilasciate nel corso delle ultime ore da Alexei Paramonov, direttore del Primo dipartimento europeo del ministero degli Esteri russo che, riguardo gli sforzi di mediazione del Vaticano per mettere fine al conflitto in Ucraina, ha voluto aprire una porta per il dialogo:
"La dirigenza vaticana ha ripetutamente dichiarato la propria disponibilità a fornire ogni possibile assistenza per raggiungere la pace e porre fine alle ostilità in Ucraina - ha affermato Alexei Paramonov, citato dai media russi -. Queste affermazioni sono confermate nella pratica. Manteniamo un dialogo aperto e riservato su una serie di questioni, principalmente legate alla situazione umanitaria in Ucraina".
Ma nel Donbass l'Ucraina è alle corde
Mentre i rapporti diplomatici cercano di sciogliere i nodi del contendere, dopo 110 giorni di conflitto, nel Donbass la situazione continua a rimanere seria. Dopo che il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, aveva dichiarato che la battaglia di Severodonetsk sarà l'atto che deciderà le sorti della regione sud-orientale, richiedendo ai Paesi alleati armi per continuare la resistenza, le notizie che giungono dal fronte in questi ultime ore, paiono veramente critiche.
Innanzitutto lo Stato Maggiore Generale delle Forze Armate ucraine, sui suoi canali social, aveva fatto sapere:
"I russi, con il supporto dell’artiglieria, hanno preso d’assalto Severodonetsk e hanno spinto le nostre unità fuori dal centro della città - aggiungendo poi - Il nemico ha anche sparato con l’artiglieria contro le nostre posizioni nei distretti di Lysychansk, Severodonetsk e Toshkivka, e ha attaccato nelle direzioni di Volyn, Polissya e Seversky senza risultati significativi. Gli occupanti russi hanno sparato artiglieria e mortai contro le nostre posizioni nell’area di Hrynivka, nella regione di Chernihiv".
Come riporta Ukrainsk Pravda, lo stato maggiore ucraino ha infine dichiarato che i russi stanno concentrando gli sforzi “per condurre un’offensiva e circondare le nostre truppe nei distretti di Severodonetsk e Lysychansk e nel bloccare le rotte logistiche da Bakhmut".
Riguardo a questi attacchi, il presidente Zelensky, nel suo tradizionale discorso video nella notte, ha affermato che la Russia sta schierando forze di riserva nel Donbass per sostenere l’assalto alla città di Severodonetsk, “dove sono in corso combattimenti molto feroci letteralmente ad ogni metro”.
"Mosca - dichiara Zelensky - sta schierando soldati coscritti poco addestrati e raccolti con una mobilitazione segreta".
Le forze russe, infine, hanno distrutto un ponte che collega la città di Severodonetsk alla vicina e gemella città di Lysychansk, impedendo così di fatto la possibile evacuazione di molti civili lungo quella traiettoria. Secondo le autorità locali citate dal Kiev Independent, sarebbero ancora circa 500 i civili che rimangono all’interno dell’impianto chimico Azot a Severodonetsk. Il governatore dell’oblast ucraino estremorientale di Lugansk, Serhiy Haidai, spiega che tra queste persone ci sono circa 40 bambini.