lavoro e stress

Settimana lavorativa di 4 giorni a stipendio pieno: il Ticino ci prova. E l'Italia cosa fa?

La proposta prevede la riduzione dell'orario da 40 a 32 ore. Pregi e difetti di una soluzione che nel nostro Paese ha finora preso poco.

Settimana lavorativa di 4 giorni  a stipendio pieno: il Ticino ci prova. E l'Italia cosa fa?
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Quattro giorni di lavoro anziché cinque, con lo stesso stipendio. La settimana lavorativa di 4 giorni in Italia ancora non esiste - salvo rari casi - ma a pochi chilometri dal confine sono pronti a sperimentarla. E' il caso del Ticino, dove si sta provando ad avviare un progetto pilota per una settimana lavorativa da 32 ore.

Settimana lavorativa di 4 giorni e a stipendio pieno: il Ticino ci prova

L'obiettivo, come hanno spiegato i primi firmatari della mozione, è legato alla necessità di prevenire problemi di salute legati al lavoro.  Dall’ultima indagine dello stress percepito sul lavoro in Svizzera (Job Stress Index2) è emerso che in media tre lavoratori su dieci (29%) soffrono di stress, con una situazione particolarmente preoccupante nei giovani fra 16 e 24 anni, tra i quali il tasso sale al 42%.

"Una riduzione dell’orario di lavoro e una più forte attenzione alle condizioni occupazionali può portare ad importanti benefici per salute e benessere ma anche per la produttività”.

Da qui la proposta.

“Chiediamo che il Consiglio di Stato identifichi all’interno dell’amministrazione pubblica un numero significativo di dipendenti che possano, previo loro consenso, prestarsi a questa analisi del loro lavoro alle condizioni sopracitate, che dovrà studiare: le conseguenze sulla salute, percepita ed oggettiva, dei dipendenti, la produttività, le ricadute sulla conciliabilità con il lavoro non retribuito e la conciliabilità lavoro/famiglia. Qualora fosse possibile determinare infine l’impatto ambientale della proposta si propone altresì di stanziare un credito, da inserire nella Legge per l’innovazione, per stimolare la partecipazione a questo studio anche da parte di aziende private per avere dati significativi anche in ambito privato”.

Come funziona la settimana corta

La pandemia ci ha insegnato a vivere in maniera diversa tempi e spazi di lavoro. Lo smart working è diventato un "plus", offerto da molte aziende e richiesto dai lavoratori, che possono così conciliare i propri orari di vita privata con quelli di impiego.

La settimana corta invece in Italia è ancora poco diffusa (soltanto una manciata di aziende ha avviato progetti in tal senso), mentre in altri Paesi (Giappone, Spagna, Nuova Zelanda, Islanda, per citarne alcuni) sono stati lanciati progetti del genere, che hanno evidenziato anche parecchi aspetti positivi. Si tratta, fondamentalmente, di lavorare quattro giorni alla settimana, destinandone tre al riposo. In una settimana lavorativa di 4 giorni, dunque, il tempo dedicato al lavoro passa da 40 a 32 ore settimanali e il weekend si estende a tre giorni. 

Pregi e difetti

Come tutte le cose, anche la settimana lavorativa di 4 giorni ha pregi e difetti. Tra i primi si possono sicuramente annoverare un minore stress, maggiore tempo da dedicare a famiglia e amici e - in molti casi - una produttività aumentata, figlia di una maggiore felicità sul posto di lavoro. Flessibilità, soddisfazione personale e professionale, tranquillità e aumento della produttività, dunque. Niente male...

Ma non è tutto oro quel che luccica. Già, perché ci sono anche gli aspetti negativi da prendere in esame. Innanzitutto la disuguaglianza: non tutti i lavori si possono svolgere in quattro giorni alla settimana. Ci sono attività che richiedono turnazioni 24 ore su 24, 7 giorni su 7, per le quali diventa complicato ridurre le giornate lavorative dei dipendenti. Lo stipendio, nei casi in cui è parametrato sulle ore di servizio, diventa più basso e non sono tanti coloro che sono disposti a "barattare" una paga più bassa per il proprio tempo libero. Se si volesse invece garantire uguale stipendio, si incorrerebbe nel possibile ostracismo delle aziende, che dovrebbero a quel punto sborsare più denaro. Ma se la produttività diventasse più alta il sacrificio ci starebbe...

Insomma, ogni caso fa storia a sé. Staremo a vedere a cosa porterà l'esperimento ticinese per capire se sarà possibile replicarlo anche da noi.

 

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