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Sfruttamento anche nell'alta moda: operaio in nero muore sul lavoro, regolarizzato... il giorno dopo

La vittima è un 26enne del Bangladesh. Il caso emerso nell'inchiesta che ha riguardato il noto brand di moda Alviero Martini

Sfruttamento anche nell'alta moda: operaio in nero muore sul lavoro, regolarizzato... il giorno dopo
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Era stato schiacciato da un macchinario mentre lavorava in un capannone di Trezzano sul Naviglio il 24 maggio 2023. All'epoca dei fatti si era parlato di un operaio al primo giorno di lavoro, ma la realtà era molto diversa. Si trattava di un operaio in nero che era stato regolarizzato soltanto il giorno dopo il decesso. E' uno degli aspetti più incredibili emersi dall'inchiesta sul controverso caso che ha riguardato in questi giorni il brand di moda Alviero Martini.

Operaio in nero muore sul lavoro, regolarizzato... il giorno dopo

La vittima, un 26enne del Bangladesh, aveva perso la vita a Trezzano sul Naviglio (Milano) schiacciato da un macchinario. Il giovane operaio era rimasto vittima di un tragico incidente sul lavoro: portato in ospedale in codice rosso era stato purtroppo dichiarato deceduto dopo dopo.

Dal provvedimento della sezione Misure di Prevenzione del Tribunale emerge però un'altra verità: come riporta Ansa, "per camuffare l'effettivo status di lavoratore in nero dell'operaio, il giorno dopo la società ha inviato il modello telematico di assunzione al Centro per l'impiego e agli enti contributivi e assicurativi Inps ed Inail". Il 26enne del Bangladesh sarebbe stato così regolarizzato il giorno dopo la tragedia.

Il caso Alviero Martini

Mercoledì 17 gennaio 2024 il brand di alta moda Alviero Martini, al termine di un'inchiesta effettuata dai Carabinieri del Nucleo Ispettorato del Lavoro di Milano, è stato sottoposto a un provvedimento di "amministrazione giudiziaria". Il celebre marchio, in una vicenda che ha a che fare con impiego di manodopera irregolare, sfruttamento lavorativo e caporalato, non è indagato, però è stato commissariato perché "ritenuto incapace di prevenire e arginare questi fenomeni nell'ambito del ciclo produttivo".

Le fasi della produzione, infatti, sono state esternalizzate a società terze tramite un contratto di appalto che prevedeva il divieto di sub-appalto senza un'autorizzazione preventiva. Dagli accertamenti, però, è emerso che quest'ultime si avvalessero, di nascosto al brand Alviero Martini, di opifici cinesi (uno dei quali si trovava a Villanova d'Ardenghi, in provincia di Pavia) in cui, per abbattere i costi del lavoro, si faceva ricorso a manovalanza “in nero” e clandestina, senza osservare né le norme relative alla salute e sicurezza sui luoghi di lavoro, né i Contratti Collettivi Nazionali Lavoro di settore.

Durante le indagini, i Carabinieri del NIL hanno riscontrato come il marchio non abbia mai effettuato ispezioni o audit sulla filiera produttiva per verificare le reali condizioni di lavoro, ossia le capacità tecniche delle aziende appaltatrici cui appunto è stata affidata la produzione. Per tali ragioni è scattato il commissariamento.

Articoli venduti a 350 euro, ma prodotti negli opifici a 20 euro

I militari dell'Arma, al termine degli accertamenti, hanno rilevato che nel corso della produzione si fosse venuto a instaurare un sistema "a strozzo".

Per un prodotto venduto sul mercato a 350 euro, l'opificio cinese che lo produceva si sarebbe fatto pagare solo 20 euro. Seguendo la catena dei subappalti della produzione, l'azienda di alta moda, secondo gli investigatori, avrebbe pagato il prodotto finale 50 euro.

Le società appaltatrici, invece, che disponevano solo nominalmente di un'adeguata capacità produttiva, avrebbero a loro volta esternalizzato la produzione a dei subappaltatori non autorizzati pagandoli 30 euro per un singolo articolo. Quest'ultimi, alla fine, per realizzarli concretamente si servivano appunto di opifici cinesi che per un singolo prodotto venivano pagati 20 euro.

Lavoro "nero", sfruttamento e dormitori abusivi

Risalendo all'ultimo tassello della catena, i Carabinieri del NIL hanno rilevato che negli 8 opifici cinesi, uno dei quali situato nel Pavese a Villanova d'Ardenghi (gli altri divisi tra le province di Milano e Monza Brianza), per abbattere i costi di produzione, venissero impiegata manodopera irregolare e clandestina in condizioni di sfruttamento.

Su questo aspetto è stata anche resa nota dall'Ansa una testimonianza di uno dei lavoratori cinesi impiegati negli opifici:

"Vengo pagato 1,25 euro a tomaia (la parte superiore di una scarpa, ndr) durante la settimana dormo sopra la ditta al piano primo presso locali adibiti a dormitorio (...) in una giornata lavorativa produco circa 20 paia di scarpe (...) percepisco un bonifico mensile di circa 600 euro che ci paga il titolare che produce tomaie relative all'azienda Alviero Martini".

Un altro operaio, riporta ancora l'Ansa, ha messo a verbale:

"Percepisco 50 centesimi ogni fibbia rifinita (...) non sono mai stato visitato dal medico dell'azienda".

Oltre alla mancata osservanza sia delle norme relative alla salute e sicurezza sui luoghi di lavoro, sia dei Contratti Collettivi Nazionali Lavoro di settore (relativi a retribuzioni della manodopera, orari di lavoro, pause e ferie ecc...), i militari dell'Arma hanno scoperto l'esistenza di dormitori realizzati abusivamente ed in condizioni igienico sanitarie sotto minimo etico.

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