i familiari delle vittime non le credono

Famigliola investita in Cadore, la tedesca ora tira in ballo il guasto tecnico

"L’eccessiva velocità, determinante per le conseguenze terribili della tragedia, non dipende da fattori terzi”, ha commentato la famiglia

Famigliola investita in Cadore, la tedesca ora tira in ballo il guasto tecnico
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Al presunto guasto tecnico i familiari delle vittime non credono. Eppure questa è la difesa di Angelika Hutter, tedesca 33enne, che due mesi fa falciò una famiglia a Santo Stefano di Cadore, uccidendo tre persone (tra cui un bambino).

Angelika Hutter si difende: “La velocità? Dovuta a un guasto tecnico”

Angelika Hutter si difende: “La velocità? Dovuta a un guasto tecnico”, ma i familiari delle vittime non le credono. Come racconta Prima Belluno, la 33enne tedesca che il 6 luglio scorso, con l’auto, ha falciato una famiglia a Santo Stefano di Cadore, uccidendo tre persone tra cui un bambino, si è difesa dicendo che l’eccessiva velocità sarebbe stata dovuta a un guasto tecnico del mezzo. Una spiegazione che non ha fatto altro che accentuare il dolore dei familiari delle vittime. Quel giorno, infatti, l’automobilista tedesca provocò la morte del piccolo Mattia Antoniello, del papà Marco e della nonna materna Maria Grazia Zuin.

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Le vittime

La rabbia dei familiari

I familiari non si sono mai esposti sul caso. Hanno deciso di farlo ora, tramite i loro legali, proprio a seguito di quelle dichiarazioni.

“L’eccessiva velocità, determinante per le conseguenze terribili della tragedia, non dipende da “fattori terzi” – commenta la famiglia - è inaccettabile addurre come alibi un guasto, e l’iniziale “disinteresse” pesa come un macigno: troppo facile provare rimorso adesso. Sarà la consulenza tecnica disposta dalla Procura di Belluno ad accertare la fondatezza di questa circostanza”.

Il pubblico ministero bellunese, titolare del fascicolo, ha infatti affidato la ricostruzione dell’incidente all’ingegner Andrea Calzavara.

Una vita alla deriva

Intanto la 33enne resta in carcere. Angelika è cresciuta ad Alholming, un paesino di duemila abitanti nel land della Baviera. Su Instagram si definiva “artista”, di fatto cercava di vendere opere multimediali, disegni ad acquerello, mobili decorati a mano e biglietti di matrimonio. Ha anche un proprio sito internet ma pare che l’attività non abbia mai riscosso successo. “Sembrava letargica e depressa” l’ha descritta un vicino di casa alla Bild, uno dei principali quotidiani tedeschi.

Angelika Hutter

“A ottobre è accaduto qualcosa - racconta un residente al quotidiano tedesco - prima è arrivata un’auto di pattuglia, poi una seconda. Il padre è uscito, ma non abbiamo scoperto esattamente cosa fosse successo”. Una settimana dopo, Angelika ha fatto le valigie e se n’è andata: “Guidava un’automobile nera. Ci ha spinto dentro un materasso, ma a parte questo non ha portato molto con sé. Si diceva che fosse partita per il Sud dell’Europa”.

La sua vita da sbandata è iniziata così. Viaggiava, mangiava e dormiva: tutto all’interno di quell’auto, come confermano le coperte e i generi alimentari rinvenuti tra le lamiere contorte del veicolo, dopo l’incidente.

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Non si può escludere l'intenzionalità

Sembra che quel maledetto pomeriggio la 32enne tedesca prima di falciare la famigliola sia andata avanti e indietro per via Udine per un quarto d'ora e che prima avesse avuto scatti d'ira, non è chiaro se addirittura una lite stradale con una donna, e abbia scagliato con forza una bottiglia prima di salire nella macchina diventata negli ultimi mesi la sua casa.

La scena dell'incidente

Stiamo parlando di una personalità fragile, della quale si stanno cercando precedenti psichiatrici: la gip Enrica Marson ha parlato di un probabile disagio personale di una persona che vive in una condizione di precarietà e che palesa tratti di trasgressività e reattività, lo psicoterapeuta e perito del Tribunale di Belluno Tullio Franceschini ha ammesso che la Hutter potrebbe avere problemi psichiatrici, forse un caso di innalzamento del tono dell’umore o addirittura una dissociazione dalla realtà.

Due diversi filmati prima della tragedia

Sono due i filmati che immortalano l'Audi nera della giovane prima dello schianto.

Il primo (ripreso dalle telecamere di un esercizio pubblico) è stato reso noto già alcuni giorni fa e fa riferimento a pochi secondi prima della tragedia:

L'orologio segna le 15.14 e 55 secondi al passaggio della vettura (4 soli secondi dopo si sente il tremendo botto).

Ma c'è un secondo video che immortala l'Audi nera poco prima, alle 15.14 e 29 secondi.

A filmare è la telecamera di un altro esercizio pubblico, ma all'inizio del paese: si vede la Hutter che arriva dal centro, sta quasi per lasciare l'abitato, poi però ci ripensa e fa un'inversione a U per tornare indietro.

Meno di 30 secondi dopo la tragedia.

Soli trenta secondi (o giù di lì, ammettendo che i due orologi potessero non essere perfettamente sincronizzati) per coprire i 450 metri dal punto dell'inversione a quello dello schianto:

Perché la Hutter ha deciso di invertire la marcia?

La domanda scontata è: se se ne stava andando da Santo Stefano, perché è tornata indietro finendo dopo poche centinaia di metri per investire la famigliola?

Lo ha fatto intenzionalmente?

La Hutter viaggiava ad alta velocità, non ha accennato minimamente a schiacciare il freno, non ha sbandato: l'impressione è che avesse proprio preso di mira la famigliola sul marciapiedi, centrandola deliberatamente.

Forse lo ha fatto per sfogare un eccesso d'ira accumulata. Il diverbio qualche minuto prima di investire la famigliola sarebbe stata la molla scatenante, la goccia che ha fatto traboccare un vaso colmo di tensioni, come in un episodio al centro commerciale di Bolzano qualche settimana prima (si era messa a litigare con un commesso con tanta rabbia che i colleghi avevano chiamato la polizia, che poi aveva trovato un martello nel suo zaino e l'aveva denunciata per possesso di oggetti atti a offendere).

Insomma, alla base di questa terribile vicenda potrebbe esserci un'inquietudine esistenziale tale da deformare la realtà e individuare in quella famigliola felice e tranquilla un obiettivo con cui prendersela. Tanto da fare inversione e tornare indietro per investirla.

Anche il fatto che, una volta scesa dall'auto, completamente fuori di sè, la tedesca si sia messa pure a urlare contro i corpi già esanimi di papà e nonna, potrebbe confermare questa tesi.

Marco Ponente, zio del bimbo morto investito, aveva dichiarato:

"La tedesca dopo l'incidente ha inveito contro i cadaveri a terra".

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