CODICE E POLEMICHE

Crudeltà, stalking, premeditazione: la battaglia delle aggravanti nei casi Turetta e Impagnatiello

Secondo i giudici, non si può contestare a all'assassino di Giulia Cecchettin anche stalking e crudeltà. I legali del killer di Giulia Tramontano ora mirano alle attenuanti

Crudeltà, stalking, premeditazione: la battaglia delle aggravanti nei casi Turetta e Impagnatiello
Pubblicato:

Le motivazioni della sentenza che ha portato all'ergastolo di Filippo Turetta fanno discutere. Al giovane veneto, infatti, nonostante le 75 coltellate inferte a Giulia Cecchettin, non è stata contestata l'aggravante della crudeltà.

Secondo i giudici, la dinamica dell’omicidio non consente di affermare "con certezza, e al di là di ogni ragionevole dubbio" che Turetta abbia voluto infliggere sofferenze gratuite e aggiuntive alla vittima. Nonostante le 75 coltellate inferte, non è possibile – si legge nelle motivazioni – "valorizzare, di per sé, il numero dei colpi" come elemento che provi un’intenzione deliberata di infierire.

Contestualmente, si staglia sullo sfondo la richiesta di revisione della pena della difesa di Alessandro Impagnatiello, un altro protagonista di un atroce delitto che ha sconvolto l'Italia.

Turetta e la crudeltà non provata

L’aggressione, durata circa venti minuti, avrebbe certamente generato un’angoscia prolungata in Giulia Cecchettin. Tuttavia, per i magistrati, manca la prova che ciò sia stato frutto di una volontà deliberata di prolungarne la sofferenza. Le ferite, dunque, sono interpretate come frutto di un’azione concitata, legata alla volontà di "portare a termine l’omicidio", piuttosto che come espressione di sadismo o volontà di fare scempio.

Giulia Cecchettin

Nonostante l’esclusione dell’aggravante della crudeltà, la Corte ha descritto il gesto come mosso da "efferatezza, risolutezza" e da "abietti motivi di arcaica sopraffazione", sottolineando l’incapacità dell’imputato di accettare l’autonomia e la libertà di scelta di Giulia Cecchettin, persino nelle sue decisioni più semplici.

Durissima, sulla questione, Elena Cecchettin, la sorella di Giulia.

"Una sentenza simile, con motivazioni simili, in un momento storico come quello che stiamo vivendo, non solo è pericolosa, ma segna un terribile precedente", scrive Elena. "Se non iniziamo a prendere sul serio la questione, tutto ciò che è stato detto su Giulia – che doveva essere l’ultima – sono solo parole al vento".

Il post di Elena Cecchettin

"Se nemmeno un numero così elevato di coltellate è sufficiente per parlare di crudeltà, se l’inesperienza diventa un’attenuante, abbiamo un problema. Perché se una persona che stila una lista operativa su come uccidere una persona per poi compierla diligentemente, riesce a fuggire alle forze dell'ordine per una settimana, per poi essere catturato solo nel momento in cui si ferma autonomamente è un inesperto, allora si può dire chiaramente che non ci importa della vita umana, della vita di una donna".

Lo stalking

A far discutere anche la mancata considerazione dell'aggravante dello stalking. E qui entriamo in un piano decisamente più "giuridico". Solo Giulia poteva chiedere di procedere contro Filippo, invece continuava a sentirlo e si è presentata all'appuntamento al centro commerciale.

Le motivazioni della sentenza:

"Non si ravvisano elementi anche solo sintomatici che consentano di ritenere che Giulia abbia vissuto un grave stato di ansia, turbamento e paura anche per la propria incolumità".

La criminologa Roberta Bruzzone in un'intervista a Io donna:

"Giulia è stata sicuramente vessata da Filippo ma comunque ha continuato ad averci a che fare: lo ha invitato lei, quel giorno: hanno consumato insieme il suo ultimo pasto. Ecco, perché si possa configurare l’aggravante di stalking la condotta della vittima è rilevante. Lo dice la legge: perché si possa parlare di atti persecutori è necessario che chi li subisce li percepisca come tali: che viva uno stato d’ansia, cambi la sua condotta e interrompa i suoi contatti con lo stalker. Giulia non ha fatto niente di tutto ciò".

Impagnatiello e la richiesta della difesa

Quasi contestualmente, arriva la richiesta della difesa di Alessandro Impagnatiello che ha presentato ricorso contro la condanna all'ergastolo decisa nella sentenza di primo grado emessa dalla Corte d'Assise di Milano per l'omicidio di Giulia Tramontano, uccisa a 29 anni al settimo mese di gravidanza con 37 coltellate.

E anche qui a proposito del numero di colpi, la difesa dell'assassino potrebbe sostenere allo stesso modo che il numero di coltellate non si può legare alla crudeltà.

Giulia tramontano alessandro impagnatiello delitto senago dinamica accoltellata alle spalle
Giulia Tramontano

Gli avvocati mirano a sostituire le aggravanti della premeditazione e della crudeltà, considerate per il barman milanese, con le attenuanti generiche. L'obiettivo dei legali di Impagnatiello è di evitare l'ergastolo e accedere alla giustizia riparativa.

Ma per quanto riguarda la premeditazione, la sentenza di primo grado ha stabilito come Impagnatiello progettasse il delitto da almeno sei mesi, ricercando su Internet "Come avvelenare una donna incinta", "effetti del veleno per topi sull'uomo", oppure "quanto veleno è necessario per uccidere una persona", "veleno per topi caldo".

Secondo la Corte, Impagnatiello aveva poi deciso di cambiare strategia  quando Giulia aveva scoperto la relazione che lui aveva con una collega e le due donne si erano incontrate. A quel punto l'ha attesa a casa, l'ha aggredita e colpita con 37 coltellate. A far pendere per l'aggravante della crudeltà, il fatto che undici di queste siano state inferte "allorché la vittima era ancora viva", accanendosi su di lei nonostante "portasse in grembo il figlio dello stesso reo".

Secondo i giudici, Impagnatiello in quei frangenti "aveva senz'altro realizzato, sebbene per una manciata di secondi, che insieme con lei moriva anche il nascituro che portava in grembo", cosa che avrebbe "provocato in Giulia Tramontano una sofferenza ulteriore".

In conclusione

Una polemica che corre in parallelo con un denominatore comune, ovvero: l'efferatezza della condotta dell'assassino è l'elemento determinante, al di là di qualsiasi reazione della vittima.

Questo il principio attorno al quale ruotano le contestazioni rispetto alle motivazioni della sentenza Turetta.

E' aberrante trasformare in una "colpa" il fatto che Giulia non sia riuscita a denunciare per stalking Filippo. Ma di stalking s'è trattato, eccome.

Il problema è che lei, elemento debole e vittima, non doveva accettare quell'ultimo appuntamento, o che Turetta dovesse smettere d'assillarla? Una domanda ovviamente retorica, al netto dei meandri del codice penale e dei cavilli legali.

Commenti
Lascia il tuo pensiero

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Seguici sui nostri canali