Suicidio assistito, morta la giornalista Laura Santi: "Pretendete una buona legge"
La 50enne, affetta da sclerosi, si è auto-somministrata un farmaco letale nella sua casa di Perugia: lascia una lettera-testamento

Laura Santi, giornalista di 50 anni, è morta nella sua casa di Perugia dopo essersi auto-somministrata un farmaco letale. Affetta da una forma progressiva e avanzata di sclerosi multipla, aveva deciso di ricorrere al suicidio medicalmente assistito, al termine di un lungo iter burocratico, giudiziario e medico. Al suo fianco, fino all’ultimo momento, il marito Stefano, che le è stato vicino durante l’intera battaglia per il diritto a una morte libera e dignitosa.
La notizia è stata diffusa dall’Associazione Luca Coscioni, di cui Laura era attivista e consigliera generale. Nelle sue ultime parole, affidate a una lettera diffusi post mortem, Laura ha ribadito il senso della sua scelta:
“La vita è degna di essere vissuta, anche nelle condizioni più estreme, ma dobbiamo essere noi a decidere, nessun altro”.
Una lunga battaglia per il diritto all'autodeterminazione
Laura ha affrontato un percorso doloroso e complesso per veder riconosciuto il proprio diritto al suicidio assistito. Dopo tre anni di richieste, due denunce, altrettante diffide, un ricorso d’urgenza e un reclamo contro l’ASL Umbria 1, solo nel novembre 2024 è arrivata la prima relazione medica completa che certificava il possesso dei requisiti previsti dalla sentenza 242/2019 della Corte costituzionale. Soltanto a giugno 2025 è giunta l’approvazione definitiva da parte del collegio medico e del comitato etico, che ha autorizzato il protocollo farmacologico e le modalità di assunzione.
Il personale medico e infermieristico che ha assistito Laura durante la procedura ha operato su base volontaria. La sanità pubblica, infatti, non è obbligata a fornire supporto per il suicidio assistito, secondo le attuali disposizioni.
L’ultimo saluto di Laura: “Ricordatemi come una donna che ha amato la vita”
In una lettera d’addio, Laura Santi ha raccontato la propria scelta con lucidità e dolore.
“Quando leggerete queste righe io non ci sarò più, perché avrò deciso di smettere di soffrire”, ha scritto. “Mi porto con me tutta la bellezza che mi avete regalato. Ricordatemi”.
Parole toccanti, accompagnate da una forte denuncia:
“Dietro una foto carina sui social c’era una quotidianità dolorosa, feroce, in peggioramento continuo. Mio marito e le mie assistenti hanno visto la mia sofferenza, ma neppure loro potevano comprendere fino in fondo quanta fatica, quanto male sentissi. Ho avuto tempo per maturare questa decisione, per vivere fino all’ultimo gli ultimi scampoli di vita, ogni volto, ogni passeggiata, ogni cielo. Ora basta”.
Laura ha ricordato con gratitudine i suoi affetti, gli amici, i colleghi, i compagni di malattia e di attivismo, e la sua amata Perugia. Ha voluto ringraziare anche chi l’ha accompagnata nel dialogo sul senso della vita e della morte, come il vescovo Ivan. Infine, ha rivolto un appello forte e chiaro:
“Pretendete una buona legge. Siate vigili, fate pressione, organizzatevi. Non restate a guardare. Perché un giorno potrebbe riguardare voi o i vostri cari”.
Scontro politico e disegno di legge contestato
La morte di Laura Santi arriva in un momento di profonda tensione istituzionale sul tema del fine vita. Il 2 luglio 2025, le Commissioni riunite Giustizia e Affari sociali del Senato hanno approvato il testo base della maggioranza in materia, con il voto contrario delle opposizioni.
Il testo intende dare esecuzione alla sentenza n. 242/2019 della Corte costituzionale, che ha stabilito la legittimità del suicidio medicalmente assistito in presenza di determinate condizioni. Tuttavia, secondo l’Associazione Coscioni e numerose voci critiche, il disegno di legge si discosta in modo evidente dallo spirito della sentenza e introduce limiti molto stringenti.

Uno degli aspetti più controversi è che il Servizio sanitario nazionale non potrà impiegare farmaci o strumenti per attuare l’assistenza alla morte volontaria. Il suicidio assistito viene qualificato come “libera scelta individuale”, ma non come un diritto soggettivo. Ciò significa che lo Stato non garantirà alcuna prestazione a supporto della decisione, lasciando le persone malate sole, esposte al rischio di un mercato parallelo, opaco e potenzialmente discriminatorio.
Inoltre, il disegno di legge prevede che solo i pazienti inseriti in un percorso di cure palliative possano accedere alla procedura, escludendo chi rifiuta tali cure o non ne ha accesso. Anche il requisito della dipendenza da sostegni vitali viene mantenuto, discriminando chi, pur affetto da patologie gravi e irreversibili, non utilizza macchinari per sopravvivere. Un criterio già criticato dal Comitato nazionale per la bioetica come “irragionevole e incostituzionale”.
L’alternativa dell’Associazione Coscioni: una legge per tutti
Di fronte al disegno di legge governativo, l’Associazione Luca Coscioni ha lanciato una proposta di legge di iniziativa popolare, che ha già raccolto oltre 50.000 firme in pochi giorni.
La proposta dell’associazione punta a legalizzare tutte le forme di fine vita, inclusa l’eutanasia attiva, oggi vietata in Italia. Prevede che il Servizio sanitario nazionale si faccia carico della verifica dei requisiti entro 30 giorni dalla richiesta, garantendo tempi certi e trasparenza. I medici potranno aderire su base volontaria.
Inoltre, viene eliminato il vincolo della dipendenza da trattamenti di sostegno vitale. La persona malata potrà accedere alla morte volontaria assistita se capace di intendere e volere, affetta da patologie irreversibili o con prognosi infausta, che causano sofferenze fisiche o psicologiche intollerabili. E, per la prima volta, si introduce la possibilità di scelta tra autosomministrazione del farmaco e somministrazione da parte di un medico.
“Ricordatemi”: il lascito di Laura
Laura Santi ha scelto di morire con dignità, dopo aver vissuto con coraggio e determinazione la sua battaglia. Il suo messaggio è un testamento civile e politico: un invito a non arrendersi, a non rassegnarsi, a pretendere una legge giusta.
“Seguite l’Associazione Coscioni. Difendete i diritti e le libertà individuali, oggi più che mai messi a dura prova. Non vi stancate mai di combattere. Anche quando le battaglie sembrano invincibili”.
E poi, l’ultima richiesta:
“Ricordatemi come una donna che ha amato la vita”.