Il freddo è oramai arrivato e ci sta facendo compagnia già da qualche giorno. Al Nord i termosifoni sono già accesi da un paio di settimane, mentre al Centro-Sud il via libera scatterà venerdì 15 novembre 2024. In alcuni Comuni del Sud, invece, bisognerà attendere ancora qualche giorno. Già, perché è bene sapere che ci sono delle regole per il funzionamento dei riscaldamenti, e ci sono delle date e degli orari ben precisi da rispettare.
E pure sulle temperature non si può fare ciò che si vuole.
Per quante ore si può tenere acceso il riscaldamento nei vari Comuni d’Italia
La questione che riguarda sia coloro che hanno il riscaldamento autonomo sia coloro che vivono in condomini con il centralizzato.
Quello che è importante conoscere è la divisione in zone dell’Italia. Sei fasce climaticamente differenti, a seconda delle quali cambiano le date di accensione e spegnimento e le ore di accensione dei caloriferi.

Vediamo quali sono con le relative date di accensione e spegnimento dei caloriferi:
- Zona F: all’interno della Zona F rientrano i Comuni più freddi, tra cui le province di Cuneo, Belluno e Trento. Qui gli impianti di riscaldamento centralizzati possono essere accesi (e spenti) senza alcuna limitazione.
- Zona E: rientrano alcuni Comuni di Lombardia e Piemonte, dell’Emilia-Romagna e tutte le città con Gradi Giorno compresi tra 2.101 e 3.000. Ad esclusione delle province già citate, la Zone E include tra le principali: Alessandria, Aosta, Bergamo, Brescia, Como, Bolzano, Modena, Parma, Padova, Reggio Emilia, Rimini, Trieste, Gorizia, Piacenza, Ravenna, Venezia, Udine, Verona, Perugia, Rieti, Frosinone, Campobasso, L’Aquila e Potenza. Questi Comuni non sono freddi come i precedenti, ma comunque le temperature tendono a essere molto basse. Proprio per questo motivo, la Legge prevede la possibilità di tenere accesi i riscaldamenti centralizzati dal 15 ottobre 2024 al 15 aprile 2025 per una durata giornaliera massima di 14 ore.
- Zona D: include province con Gradi Giorno tra 1.401 e 2.100 per le quali è prevista la possibilità di tenere accesi i riscaldamenti dall’1 novembre 2024 al 15 aprile 2025 per una durata giornaliera massima di 12 ore. Nella Zona D rientrano, tra le principali, le province di: Roma, Ancona, Genova e Firenze, Pescara, La Spezia, Livorno, Grosseto, Lucca, Macerata, Pisa, Pesaro, Viterbo, Avellino, Siena, Chieti, Foggia, Matera, Teramo e Vibo Valentia.
- Zona C: contraddistinta da un clima più mite rispetto alle precedenti, include tutte le province con Gradi Giorno tra 901 e 1.400. Il riscaldamento può essere acceso dal 15 novembre 2024 al 31 marzo 2025, con una durata massima giornaliera di 10 ore. Tra le principali province che rientrano in questa zona ci sono Napoli, Latina, Caserta, Salerno, Bari, Brindisi, Benevento, Catanzaro, Cagliari, Lecce, Ragusa, Cosenza, e Taranto.
- Zona B: fascia climatica dal clima piuttosto caldo ed include le province con Gradi Giorno tra 600 e 900. I termosifoni qui possono essere accesi dall’1 dicembre 2024 al 31 marzo 2025 per un totale di 8 ore al giorno. All’interno della zona B rientrano, tra le altre, le province di: Palermo, Siracusa, Trapani, Reggio Calabria, Agrigento Messina, e Catania.
- Zona A: in questa particolare fascia climatica rientrano le province italiane più calde, con Gradi Giorno inferiori a 600. La Legge prevede la possibilità di accendere i riscaldamenti solamente dall’1 dicembre 2024 al 15 marzo 2025, per 6 ore al giorno. Qui rientrano solo tre Comuni: Lampedusa, Linosa, Porto Empedocle.
Non tutte le province però sono omogenee dal punto di vista climatico e dunque capita che Comuni confinanti siano inseriti in fasce diverse.
A che temperatura vanno tenuti accesi i riscaldamenti
Anche sulle temperature ci sono poi delle regole da rispettare. Nello specifico, il D.P.R. 16 aprile 2013, n. 74 (che regolamenta gli impianti termici) stabilisce che durante il funzionamento invernale degli impianti di climatizzazione (quindi riscaldamento) la media delle temperature dell’aria negli ambienti non deve superare:
- 18 °C + 2°C di tolleranza per gli edifici adibiti ad attività industriali, artigianali e assimilabili.
- 20 °C + 2°C di tolleranza per “tutti gli altri edifici”.
Quindi per abitazioni e “edifici non industriali” si parla di un limite ≈ 20 °C + 2°C di tolleranza, da questa norma.
Anche se la normativa principale parla di “20 °C + 2°C di tolleranza” per gli edifici non industriali, in pratica alcuni atti e regolamenti locali o statali hanno abbassato il tetto a 19 °C + 2°C per certi casi: questo significa per alcuni ambienti un limite effettivo di ≈ 21 °C.
Le deroghe
Ci sono però luoghi in cui vigono alcune deroghe. Edifici come ospedali, case di riposo o centri di accoglienza devono garantire un ambiente costante e più caldo rispetto alle abitazioni private. In queste strutture, infatti, il benessere termico è direttamente legato alla salute e alla sicurezza dei pazienti o degli ospiti. Per questo la normativa non applica integralmente i limiti generali relativi alle temperature massime interne e agli orari di funzionamento degli impianti.
Le esenzioni riguardano:
- Ospedali, cliniche, case di cura e strutture sanitarie simili
- Case di riposo, RSA e strutture per anziani o minori
- Strutture protette per assistenza sociale
- Scuole materne e asili nido,
In questi casi gli obblighi sugli orari di attivazione degli impianti e sui periodi di accensione vengono meno o sono notevolmente ridotti. Lo stesso vale per il tetto massimo della temperatura interna.
Riscaldamenti accesi: le multe per chi non rispetta le regole
Chi avesse troppo freddo e decidesse di accendere prima i riscaldamenti o di tenerli accesi più a lungo del dovuto rischia una sanzione pesante (ammesso che i controlli vengano effettivamente fatti). Le multe per chi non rispetta le regole possono andare da un minimo di 500 a un massimo di 3000 euro. Ma c’è di più: a queste infatti possono essere aggiunte altre sanzioni da parte del Comuno e del condominio, per rendere ancora più pesante il conto.