Quante sono le centrali nucleari in Ucraina (un tempo potenza atomica anche militare)
Quattro siti per un totale di 15 reattori. Tre i fattori di rischio principali (che con la guerra diventano ancora più preoccupanti).
L'attacco russo alla centrale nucleare di Zaporizhzhia ha risvegliato fantasmi inquietanti. Perché i più giovani ne hanno soltanto sentito parlare, ma chi nel 1986 era già adulto non può dimenticare cosa successo a Chernobyl e le drammatiche conseguenze, che si vedono ancora oggi. Ma Zaporizhzhia non è l'unica struttura del genere nella zona. Vediamo quante sono le centrali nucleari in Ucraina e quali rischi potrebbero generare.
Quante sono le centrali nucleari in Ucraina
In Ucraina esistono quattro impianti nucleari gestiti da Energoatom con 15 reattori complessivi, capaci di produrre 13.823 megawatt (MWe, megawatt electrical) e di coprire il 54 per cento del fabbisogno energetico del Paese.
LE CENTRALI UCRAINE:
Reattori operativi | |||||
Centrale | Potenza netta (MW) |
Inizio costruzione | Allacciamento alla rete | Produzione commerciale | Dismissione (prevista) |
Chmel'nyc'kji (reattore 1) | 950 | 1º novembre 1981 | 31 dicembre 1987 | 13 agosto 1988 | 2032 |
Chmel'nyc'kji (reattore 2) | 950 | 1º febbraio 1985 | 7 agosto 2004 | 15 dicembre 2005 | 2050 |
Rivne (reattore 1) | 381 | 1º agosto 1973 | 31 dicembre 1980 | 21 settembre 1981 | 2026 |
Rivne (reattore 2) | 376 | 1º ottobre 1973 | 30 dicembre 1981 | 30 luglio 1982 | 2027 |
Rivne (reattore 3) | 950 | 1º febbraio 1980 | 21 dicembre 1986 | 16 maggio 1987 | 2032 |
Rivne (reattore 4) | 950 | 1º agosto 1986 | 10 ottobre 2004 | 6 aprile 2006 | 2050 |
Ucraina del Sud (reattore 1) | 950 | 1º marzo 1977 | 31 dicembre 1982 | 18 ottobre 1983 | 2027 |
Ucraina del Sud (reattore 2) | 950 | 1º ottobre 1979 | 6 gennaio 1985 | 6 aprile 1985 | 2030 |
Ucraina del Sud (reattore 3) | 950 | 1º febbraio 1985 | 20 settembre 1989 | 29 dicembre 1989 | 2034 |
Zaporizhzhia (reattore 1) | 950 | 1º aprile 1980 | 10 dicembre 1984 | 25 dicembre 1985 | 2030 |
Zaporizhzhia (reattore 2) | 950 | 1º gennaio 1981 | 22 luglio 1985 | 15 febbraio 1986 | 2031 |
Zaporizhzhia (reattore 3) | 950 | 1º aprile 1982 | 10 dicembre 1986 | 5 marzo 1987 | 2032 |
Zaporizhzhia (reattore 4) | 950 | 1º aprile 1983 | 18 dicembre 1987 | 14 aprile 1988 | 2033 |
Zaporizhzhia (reattore 5) | 950 | 1º novembre 1985 | 14 agosto 1989 | 27 ottobre 1989 | 2034 |
Zaporizhzhia (reattore 6) | 950 | 1º giugno 1986 | 19 ottobre 1995 | 16 settembre 1996 | 2041 |
Impianti vecchi e a rischio (anche senza le bombe)
Si tratta della prima volta che un Paese con centrali nucleari sul territorio viene bombardato e i rischi sono ovviamente potenzialmente devastanti. Non solo in caso di bombardamenti. Lo ha spiegato bene Nicola Armaroli, dirigente di ricerca del Cnr, membro dell’Accademia Nazionale delle Scienze e direttore della rivista "Sapere" intervistato dal Corriere.
Tre sono i rischi principali, a partire dall'errore umano. Armaroli rifiuta la volontà di lanciare un missile volontariamente su un obiettivo del genere (anche perché a pagarne le conseguenze sarebbe anche la stessa Russia, lontana pochi chilometri), ma non esclude la possibilità dell'errore nel lancio. E se una centrale di questo tipo - non adatta a resistere a un attacco missilistico - fosse colpita le conseguenze sarebbero terribili.
C'è poi la questione delle manutenzioni. Le centrali nucleari hanno costante bisogno di elettricità e di essere raffreddate ad acqua. Anche senza un missile, non è da escludere che le forniture possano interrompersi e causare problemi. Come di fatto accaduto anche a Fukushima, in Giappone, seppur a seguito di un evento naturale (il terremoto che diede origine allo tsunami).
Infine, c'è da considerare un fatto che mette insieme uomo e struttura. Il personale di una centrale nucleare deve essere sempre attento e concentrato al 100%. Ma pensare che in questo momento i lavoratori siano sereni - con i carri armati che girano intorno, la paura dei bombardamenti, l'angoscia per i propri familiari e per le sorti del loro Paese - è una vera utopia.
L'Ucraina, potenza nucleare
Anni fa l'Ucraina era considerata la terza potenza al mondo. Fresca di indipendenza e sovranità rispetto al legame che in precedenza l'aveva legata a Mosca, Kiev e l'Ucraina erano una delle potenze più temute al mondo. E per un motivo molto semplice: la disponibilità di armi nucleari.
L'indipendenza e le attività economiche che avevano dato slancio al nuovo Paese, andavano infatti di pari passi con un altro fattore che aveva subito collocato l'Ucraina "al centro" del mondo per il suo certificato possesso di armi nucleari. Uno spauracchio, a dir la verità, evocato ad arte anche in queste settimane da Vladimir Putin, ma senza alcuna prova tangibile.
A quell'alone di potenza e timore reverenziale del mondo intero, l'Ucraina rinunciò però nel 1994 con la firma del Memorandum di Budapest.
Il memorandum di Budapest: addio al nucleare per "salvare" i confini della Nazione
Proprio di fronte allo spauracchio nucleare, nel 1994 l’Ucraina acconsentì a disfarsi delle armi atomiche rimaste sul suo territorio dopo lo scioglimento dell’Urss, in cambio della garanzia che i suoi confini sarebbero stati sempre rispettati: dalla Russia in primis, ma anche da tutto il mondo occidentale.
Un accordo in realtà violato dalla Russia due volte: nel 2014 con l'annessione della Crimea e oggi, con appunto l'invasione dell'Ucraina.
L'accordo di Budapest (firmato con Stati Uniti e Regno Unito) riguardava anche Bielorussia e Kazakistan, ma la situazione ucraina era quella più attenzionata dal momento che Kiev possedeva quasi 2mila ordigni nucleari.
In buona sostanza, l'accordo era il naturale completamento del Trattato di non proliferazione di armi nucleari redatto nel 1968.
Un accordo storico... rimasto un pezzo di carta
Quello che doveva essere un accordo storico, nel nome della pace, della non belligeranza, vedendo a quanto accaduto nel 2014 e, ancor più oggi, per molti si è di fatto concretizzato in un foglio di carta fine a se stesso.
L'Ucraina è un Paese che ha diritto a "una generica assistenza" da parte dell'Unione europea (ma con l'ostacolo non da poco di non far parte della Nato), ma soprattutto, in base a quell'accordo, doveva essere completamente tutelata dall'impegno della Russia a rispettare i confini.
Ma la storia è stata scritta in un altro modo.