nel milanese

Neonata abbandonata fuori dall'ospedale, il sindaco fa un appello alla madre. Ma a cosa serve?

"Non ho mai visto una mamma che torna sui suoi passi dopo essersi separata volontariamente dal proprio figlio. Chi siamo noi per fare appelli?", spiega la presidente della Camera Minorile di Milano

Neonata abbandonata fuori dall'ospedale, il sindaco fa un appello alla madre. Ma a cosa serve?
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Una neonata è stata abbandonata dalla madre, nei giorni scorsi, fuori dal pronto soccorso dell’Ospedale di Sesto San Giovanni, in provincia di Milano. E’ il terzo caso in pochi mesi in Lombardia: dopo Enea consegnato alla Mangiagalli e la piccola a Bergamo. Al quale si aggiunge quello della bimba partorita in un capannone e poi lasciata all'Ospedale Buzzi. E di nuovo sono scattati gli appelli alla madre biologica…

Neonata abbandonata nel parcheggio dell'ospedale di Sesto

Il 24 maggio 2023, nel parcheggio del nosocomio alla periferia di Milano, un fagottino contenente una neonata è stato lasciato, si presume, dalla madre naturale. La bimba è stata subito presa in carico dai medici e infermieri dell’ospedale di Sesto, che le hanno prestato le prime cure necessarie dopo le ore trascorse fuori dalla struttura ed è stata trasferita lo stesso giorno all'ospedale Niguarda dove si trova attualmente e risulta in condizioni di salute stabili. In ospedale, su richiesta del personale sanitario, è avvenuta la scelta del nome della piccola, che non rendiamo noto dopo che il caso di Enea ha fatto scuola: al bimbo, infatti, per tutelare la sua privacy, è stato tolto il nome che la madre aveva indicato per lui in sede di affido ai nuovi genitori. Il nominativo è stato così trascritto nei registri del Comune, facendola diventare così una cittadina sestese.

Gli appelli servono davvero a qualcosa?

Anche questa volta non sono mancati gli appelli alla madre biologica. Il sindaco Roberto Di Stefano si è rivolto alla donna invitando a contattarlo, assicurandole che, qualora il motivo dell’abbandono sia dovuto ad indigenza e motivi economici, il Comune provvederebbe a darle sostegno:

"Faremo il possibile per assicurare che la bambina possa tornare dalla madre -  ha detto il primo cittadino - il nostro Comune ha predisposto una serie di progetti e misure di sostegno per dare supporto alle famiglie in difficoltà. Sul nostro territorio ci sono inoltre numerose realtà che lavorano per risolvere queste storie tristi. La madre della bambina non deve avere paura e riconoscere la figlia, noi saremo al suo fianco, non verrà lasciata sola".

Inevitabilmente riaffiorano alla mente, dopo queste parole, le precisazioni di Anna Lucchelli, presidente della Camera Minorile di Milano, che si era già espressa in maniera chiara quando – nella vicenda di Enea – erano fioriti appelli anche da volti noti dello spettacolo:

“In tutta la mia carriera non ho mai visto una mamma che torna sui suoi passi dopo essersi separata volontariamente dal proprio figlio. Una scelta del genere è traumatica, complessa, non impulsiva e quasi mai dovuta soltanto a ragioni economiche. Chi siamo noi per fare appelli perché ci ripensi? E spingendo il ragionamento fino ad una provocazione, chi può dire in generale che un genitore biologico sia più adatto a crescere e educare rispetto ad un genitore adottivo?”.

Perché la madre biologica è per forza migliore di quella adottiva?

Serpeggia, infatti, questa (obsoleta) idea che soltanto una madre biologica possa garantire il meglio al proprio figlio. Se così fosse, verrebbe da dire, povero mondo a fronte di certe notizie di cronaca o di neonati abbandonati nei cassonetti. La verità, piaccia o meno, come confermano le professioniste che da anni operano nel settore dei minori, è che il legame di sangue spesso è sopravvalutato rispetto ad altre priorità come l’essere in condizioni di stabilità emotiva che consentono di amare e accudire in maniera sana. E ridurla a una questione di supporto economico, significa non aver per nulla chiaro di cosa ha realmente bisogno un bimbo per crescere.

E se, capovolgendo per una volta la lettura, non fossimo noi a dover insegnare qualcosa a queste madri, che si sono staccate dai propri figli lasciandoli in ospedale (o nei pressi) perché consapevoli di non poter dar loro il meglio, ma fossero loro che ci insegnassero che uscire da certi stereotipi potrebbe soltanto fare del bene alla nostra società? Come mai, per esempio, nessuno ha fatto degli appelli al padre biologico? Ma soltanto alla madre? Si dà sempre per scontato che in quanto madre tocchi a lei, e che un padre possa dire “non ci riesco”, massì lo perdoniamo, anzi neanche ce lo aspettiamo, ma una madre no. Una madre deve essere madre. Anche se non può.

Le donne che hanno consegnato – non abbandonato – i loro piccoli alle culle per la vita di Milano e Bergamo, hanno dato una lezione, in silenzio, di responsabilità. Non può essere un caso che, nel giro di poche settimane, due persone abbiano utilizzato le culle per la vita, lasciando i neonati in sicurezza, quando le statistiche ci dicono (per esempio) che quella di Bergamo non era mai stata utilizzata. Consegnare, non abbandonare: il dolore che c’è dietro non lo conosceremo mai, ma già accettare che non tutto si sistemi con un assegno mensile e che essere buone madri necessita di più, sarebbe un bel passo di civiltà.

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