RECORD NEGATIVO

La provincia di Monza ha la più alta percentuale di consumo di suolo di tutta l'Europa

Rapporto Ispra: a guidare la classifica delle regioni italiane meno virtuose c’è la Lombardia, seguono Veneto ed Emilia Romagna

La provincia di Monza ha la più alta percentuale di consumo di suolo di tutta l'Europa
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Un primato poco felice per la Lombardia, in tema di cementificazione e consumo del suolo. Secondo l’ultimo rapporto dell’Ispra, in Italia si perdono in media 19 ettari di terreno al giorno. La regione considerata la locomotiva d’Italia è la più cementificata. Con possibili drammatiche conseguenze, anche per la salute dei suoi cittadini.

Consumo di suolo: Monza la provincia dove si costruisce di più

Il tema della cementificazione è tornato recentemente alla ribalta con prepotenza dopo il dramma delle alluvioni che hanno piegato l’Emilia Romagna. Gli scienziati hanno infatti indicato il consumo del suolo, con una tendenza a iper-costruire senza rispetto per la terra, come una delle maggiori problematiche nostrane, con conseguenze spesso nefaste. Nonostante ciò la cementificazione non accenna a fermarsi, anzi accelera. Nel nostro Paese, spiega l’Ispra, l’istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale, ogni secondo vengono ricoperti 2,2 metri quadrati di superficie, quasi 70 km quadrati all’anno. L’ultimo rapporto, pubblicato nel 2022, mostra un'intensificazione del fenomeno, in controtendenza rispetto alla riduzione degli anni precedenti.

A guidare la classifica delle regioni meno virtuose c’è proprio la Lombardia. Se la percentuale di suolo consumato, nel nostro Paese, è in media del 7,1%, in Lombardia è infatti del 12,1; i lombardi detengono anche il record dell’incremento maggiore, 883 ettari in più. Seguono Veneto (+684 ettari) ed Emilia Romagna (+658).

Monza e Brianza si conferma la provincia con la percentuale di copertura artificiale più alta, con circa il 41% di suolo consumato in rapporto alla superficie. Sopra il 30% troviamo anche Milano (32%), mentre Varese supera il 20%.

I rischi

Una situazione che aumenta la pericolosità idraulica dei territori, soprattutto in caso di piogge torrenziali o alluvioni, e impedisce la ricarica delle falde acquifere. Il suolo perso a livello nazionale dal 2012, spiega il rapporto, avrebbe potuto assorbire oltre 360 milioni di metri cubi di acqua piovana.

Ci sono poi le conseguenze a livello paesaggistico, che impattano anche sulla salute psicofisica dei cittadini, e la perdita costante di biodiversità.

Ultimo, ma non meno importante: un territorio dove l’edilizia si sviluppa in maniera incontrollata vede la propria temperatura salire. Il fenomeno noto come isola di calore urbano fa, dunque, sì che le città, dove gli edifici soffocano le aree verdi, siano in estate di diversi gradi più calde delle aree circostanti. Il consumo del suolo impedisce, poi, a quest’ultimo di immagazzinare carbonio. Ciò si traduce in milioni di tonnellate di CO2 extra che rimangono in atmosfera, contribuendo alla corsa del riscaldamento globale.

Una legge che non c’è

Per cominciare ad invertire la tendenza servirebbe soprattutto una legge sul consumo del suolo, di cui si discute dal 2012, senza alcun risultato concreto. Il WWF ha avanzato la richiesta a Parlamento e governo di approvare una norma che impedisca nuove costruzioni in aree rimaste libere, stimolando il recupero di quelle già occupate e degradate. Nelle sole aree urbane queste rappresentano oltre 310 km quadrati di edifici non più utilizzati: una superficie pari all’estensione di Milano e Napoli.

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