Cappato rischia il carcere?

Fine vita, nuova questione di costituzionalità: deciderà la Corte sul nodo dei "sostegni vitali" nel caso di Massimiliano

Riguarda il caso del livornese affetto da sclerosi recatosi in Svizzera con l'aiuto dell'associazione Luca Coscioni, dove ha ottenuto il suicidio assistito

Fine vita, nuova questione di costituzionalità: deciderà la Corte sul nodo dei "sostegni vitali" nel caso di Massimiliano
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Il tema del fine vita, nelle ultime settimane, è tornato fortemente alla ribalta nel Paese. Dopo che in Veneto - nonostante il supporto di Luca Zaia - non è passata la legge che avrebbe regolamentato le modalità del suicidio assistito, anche in Toscana si torna a interrogarsi sul tema.

E' stata infatti sollevata una nuova eccezione di legittima costituzionalità per l'aiuto al suicidio, inerente il caso di Massimiliano, 44enne toscano malato di sclerosi multipla, che si recò, in Svizzera dove morì col suicidio assistito, a supportarlo l'associazione Luca Coscioni.

Fine vita, sollevata nuova questione di costituzionalità: il caso del toscano Massimiliano

Il sollevamento riguarda, spiega l'associazione Coscioni, l'articolo 580 del codice penale, in cui si richiede che la non punibilità di chi agevola il suicidio sia subordinata anche alla condizione dell'essere "tenuti in vita da trattamenti di sostegno vitale", per contrasto con gli articoli 2, 3, 13, 32, 117 della Costituzione.

Cappato si autodenuncerà per aver portato a morire in Svizzera anziano del Milanese

A rimettere la questione alla Consulta il gip di Firenze nell'ambito del procedimento penale su Marco Cappato, Felicetta Maltese e Chiara Lalli.

Come spiega Prima Firenze, tutti e tre si autodenunciarono nel dicembre 2022 per aver aiutato Massimiliano, 44enne toscano malato di sclerosi multipla, ad andare in Svizzera dove morì col suicidio assistito. In Italia, aveva spiegato lo stesso Massimiliano in un appello diffuso pochi giorni prima di morire, non poteva perché "non dipendo da trattamenti vitali", una delle quattro condizioni fissate nella nota sentenza della Corte costituzionale 242/2019 sul caso di dj Fabo.

Lo scorso novembre l'archiviazione

A seguito di una richiesta di archiviazione, lo scorso 23 novembre si era tenuta l’udienza dinanzi alla GIP, che il 17 gennaio scorso ha emesso un’ordinanza di rimessione della questione alla Corte costituzionale. La GIP ha ritenuto di non poter accogliere la richiesta di archiviazione formulata dal Pubblico Ministero e dai difensori degli indagati perché la condotta degli indagati non ricade nelle ipotesi di non punibilità introdotte dalla sentenza Cappato-Antoniani della Corte costituzionale poiché Massimiliano non aveva un trattamento di sostegno vitale. Quindi risultano soddisfatte tre condizioni su quattro del giudicato costituzionale.

L'attivista Marco Cappato insieme al vicentino Stefano Gheller

"Nel caso di specie sussistono tutti gli elementi costitutivi del titolo di reato in origine ipotizzato dal pubblico ministero". Ovvero, è configurabile il reato di aiuto al suicidio – mentre viene esclusa l’ipotesi di istigazione avendo Massimiliano autonomamente deciso. In caso di giudizio con condanna gli indagati rischiano dai 5 ai 12 anni di carcere.

La Giudice per le indagini preliminari, dott.ssa Agnese De Girolamo, ha pertanto "dichiarato rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’articolo 580 codice penale".

Massimiliano e papà Bruno

"I giudici della Consulta con questo nuovo dubbio di costituzionalità sollevato sono chiamati a decidere dinanzi alla realtà di una delle tante persone malate che hanno una condizione diversa da quella che era di Fabiano Antoniani - ha detto Filomena Gallo, segretaria nazionale dell’Associazione Luca Coscioni - Pur essendo affetti da malattie irreversibili che producono sofferenze intollerabili e che nella completa capacità di autodeterminarsi scelgono convintamente di accedere alla morte volontaria. Siamo fiduciosi nel lavoro della Corte costituzionale".

Il calvario di Massimiliano

"Perché non posso farlo qui in Italia? A casa mia, anche in un ospedale, con i parenti, gli amici. Sono costretto ad andarmene via, per andarmene via".

Questo chiedeva alle istituzioni Massimiliano, 44enne malato di sclerosi multipla, che ha scelto di morire l'8 dicembre 2022, in una clinica svizzera. Prigioniero del suo corpo, non ha potuto scegliere come vivere e neppure come morire. Avrebbe voluto farlo nel suo Paese, l'Italia, magari nella sua bella Toscana, con a fianco i suoi affetti più cari.

Sia lui che suo padre, il signor Bruno, hanno lanciato diversi appelli che non hanno ricevuto risposta. Non essendo tenuto in vita da trattamenti di sostegno vitale, infatti, il 44enne non aveva possibilità di accedere al suicidio assistito in Italia poiché privo di uno dei requisiti della sentenza 242/2019 della Corte costituzionale sul caso Cappato\Dj Fabo.

Massimiliano dunque è morto in Svizzera, grazie al sostegno dell'associazione Coscioni. Marco Cappato, in questa occasione, non ha direttamente accompagnato Massimiliano, ma si è autodenunciato in veste di legale rappresentante dell'Associazione.

Straziante uno degli appelli che Massimiliano aveva consegnato al web:

"Fratelli di questa Italia mi chiamo Mib e a 44 anni vorrei essere aiutato a morire a casa mia. Da sei anni soffro di una sclerosi multipla che mi ha già paralizzato. Posso muovermi solo in sedia a rotelle con l’aiuto di qualcuno. Non sono più autonomo in niente, non posso più alzarmi dal letto. O andare in bagno da solo. La malattia progredisce e peggiora giorno dopo giorno. Riesco ancora a muovere il braccio destro, ma mi sta abbandonando pure lui. Non ho più presa, mi senso intrappolato in un corpo che non funziona più. Una macchina rotta. Se non avessi paura del dolore, anche di una semplice puntura, avrei già provato a togliermi la vita più di un anno fa. Per questo vorrei essere aiutato a morire senza soffrire in Italia. Ma non posso perché non dipendo da trattamenti vita. Sto pensando di andare in un altro Paese. Tutte le persone che mi vogliono bene rispettano questa scelta. I miei amici, le mie sorelle, anche mio padre. Fratelli di questa Italia io non credo più in questo Stato. Se voi ci credete fate qualcosa, ma fatelo subito."

Il caso di Anna

Nel dicembre 2023, in Italia, si è registrato il primo caso di un malato terminale che ha avuto accesso al suicidio assistito tramite sistema sanitario nazionale.

E’ morta nella sua casa, a Trieste, a 55 anni, secondo le sue volontà. Anna (nome di fantasia) ha preso autonomamente il farmaco letale fornitole, cosa mai accaduta prima, dal Sistema sanitario nazionale. Era affetta da una malattia irreversibile e da un anno chiedeva di poter accedere alla morte assistita volontaria. Lo ha fatto prima rivolgendosi alla Asl di competenza, poi, dopo un nulla di fatto, al Tribunale di Trieste, che ha ordinato l'avvio di verifiche.

Ricevuto, infine, il nullaosta, la donna, nell'ultimo messaggio, ha ribadito di aver amato la vita e poi di aver scelto liberamente: "Io oggi sono libera, sarebbe stata una vera tortura non avere la libertà di poter scegliere".

La donna era completamente dipendente dall'assistenza. Questo il punto su cui si discute.

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