Covid: dal Sudafrica la nuova variante C12. E' quella che ha più mutazioni al mondo. Cosa c'è da sapere
Scoperta a maggio 2021, secondo i criteri dell'Oms rientra fra le varianti di interesse.
Nelle ultime ore sta rimbalzando la notizia di una nuova variante di Coronavirus - scoperta in Sudafrica e nominata C.1.2. (o C12, per comodità) - la cui peculiarità è che ha moltissime mutazioni. Motivo per il quale ha destato tanta attenzione e, soprattutto, necessita di essere monitorata adeguatamente. Vediamo nel dettaglio le informazioni a disposizione sul tema raccolte dalla comunità scientifica.
Cosa è la variante C.1.2
Iniziamo con il chiarire che C.1.2 è stata scoperta per la prima volta nel maggio 2021 in Sudafrica. Attualmente non le è ancora stata attribuita una lettera greca, secondo la nuova lista dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms). Stando a una ricerca - a cura del National Health Laboratory Service a Johannesburg in Sudafrica- ancora non peer reviewed, disponibile e consultabile in pre print, la nuova variante risulta essere la più mutata di tutte nella parte centrale del virus, ovvero la sua proteina spike.
Alcune mutazioni sono già risultate associate a una maggiore trasmissibilità e hanno dato qualche prova di una ridotta sensibilità alla neutralizzazione da parte degli anticorpi. Motivo per il quale è necessario un monitoraggio attivo che ne contenga la diffusione su larga scala. E' bene anche puntualizzare che si tratta ancora dei primi studi in merito.
C.1.2 è frutto dell’evoluzione della C.1, individuata sempre in Sudafrica nel gennaio 2021 (attenzione, non stiamo parlando della variante beta, ex sudafricana). La nuova mutazione risulta diffusa in Sudafrica e presente anche in altri 7 Paesi nei vari continenti (per ora Europa, Africa, Asia e Oceania), ma in maniera ancora contenuta: i casi identificati sono meno di un centinaio a livello globale.
Rischio contagiosità
Alcune caratteristiche di questa mutazione potrebbero renderla pericolosa, trattandosi della variante in assoluto con più cambiamenti finora e con un elevato numero di variazioni, dato che presenta dalle 44 alle 59 mutazioni rispetto al virus originario. Molte di queste erano già presenti nelle altre varianti, mentre altre sono state rilevate per la prima volta. Secondo i criteri dell’Oms rientra ora fra le varianti di interesse.
Molte delle mutazioni sono state associate con una maggiore capacità nel legame del recettore Ace2 (che sappiamo essere l’uncino con cui il virus arpiona le cellule) e con una ridotta attività di neutralizzazione, spiegano ancora i ricercatori: “Questi elementi forniscono ragioni sufficienti per preoccuparsi di una trasmissione continuata di questa variante”.
E i vaccini funzioneranno?
Dopo l'esperienza della variante Delta, che in alcuni casi si è rivelata capace di "bucare" la vaccinazione completa (seppure rimane sempre molto alta la protezione per gli immunizzati contro la malattia grave e la morte, parliamo di oltre il 90%) è legittimo chiedersi, ogni volta che una nuova mutazione potenzialmente pericolosa si affaccia all'orizzonte, se possiamo contare sulla protezione dei sieri attualmente approvati.
Attualmente, gli autori di questo studio stanno determinando l'impatto della variante C.1.2 sull'anticorpo di neutralizzazione che segue l'infezione naturale o dalla la risposta immunitaria indotta da vaccino nel Sudafrica. Motivo per il quale è prematuro qualunque allarmismo, così come - di converso - è importante tenere alta l'attenzione e contenere il più possibile il contagio.
Rammentiamo infatti che si tratta ancora di un rapporto scientifico preliminare che non può ancora essere considerato conclusivo.