Cosa succede in Italia in caso di guerra in Ucraina: anche senza invasione, il costo dell'energia nel 2022 non tornerebbe come prima
Si prefigura uno scenario simile alla crisi petrolifera del 1973: torneranno anche le domeniche a piedi?
La situazione tra Russia e Ucraina è sempre più tesa e il rischio di un conflitto è davvero dietro l'angolo. Ma cosa cambierebbe in Italia se davvero scoppiasse quella che potrebbe essere davvero la terza guerra mondiale? Rischiamo davvero un disastro dal punto di vista energetico?
Facciamocene una ragione: anche se l’invasione non dovesse avvenire, la tensione internazionale resterebbe comunque altissima ancora per mesi. Anche nello scenario migliore il prezzo del gas naturale e del petrolio sono destinati a restare più alti rispetto alla normalità ormai perduta già prima di Natale. Per tutto il 2022 almeno non rivedremo le condizioni favorevoli di costo dell’energia degli anni scorsi. E potremmo ritrovarci in uno scenario del tutto simile a quarant'anni fa, quando i Paesi arabi chiusero i rubinetti del petrolio e ci ritrovammo fra austerithy e domeniche a piedi.
Cosa succede in Italia se scoppia la guerra tra Russia e Ucraina?
Difficile immaginare le conseguenze immediate di uno scontro tra la Russia e i Paesi della Nato. Troppi i fattori da considerare, ma se l'Italia dovesse finire direttamente coinvolta non mancherebbero le conseguenze soprattutto sul piano civile ed economico. Difficile, per essere proprio cauti all'ennesima potenza, che il conflitto possa infatti riguardare direttamente il nostro territorio, ma le conseguenze indirette ci sarebbero eccome.
La prima - quella forse più temuta da tutti - è senza dubbio l'aumento del costo del gas naturale e del petrolio. Con una situazione di guerra i prezzi sono destinati ad aumentare. Probabilmente non con l'effetto shock che abbiamo visto negli ultimi mesi, con incrementi anche del 400% sul costo delle materie prime, ma potrebbe verificarsi un aumento costante che potrebbe durare a lungo e che certo non farebbe bene alle nostre tasche. Anche perché il Governo ha messo in campo già 11 miliardi per contrastare il caro-bollette, ma l'intervento sarà soltanto un debole palliativo. E difficilmente ci potranno essere altri esborsi economici.
Cosa abbiamo da perdere?
Non c'è solo il caro bollette, però. Se la situazione dovesse esplodere sarebbero guai anche per i rapporti commerciali del nostro Paese. L'Italia è la decima economica mondiale in termini di fatturati dall'export verso la Russia e la terza in Europa. Secondo i dati di Trading Economics, nel 2020 abbiamo venduto prodotti e servizi per 10 miliardi di dollari; in particolare macchinari industriali, apparecchi elettronici e prodotti di moda e farmacologici.
Scambi che con le eventuali sanzioni nei confronti di Mosca potrebbero subire un brusco stop. Non sarebbe la prima volta, però. Quando Putin diede il la all'annessione della Crimea le sanzioni della Ue avevano di fatto dimezzato i ricavi italiani dall'export con la Russia, che nel 2013 valevano oltre 14 miliardi di dollari.
Non solo economia: i profughi
Non ci sarebbe poi solo la questione economica. Impossibile infatti non pensare a quello che potrebbe accadere dal punto di vista umanitario. Una guerra produce di fatto fughe e migrazioni, e anche l'Ucraina non farà differenza: è stato stimato che in caso di scoppio del conflitto i profughi potrebbero essere addirittura cinque milioni. Facile pensare che si dirigerebbero verso l'Europa, e dunque anche il nostro Paese se ne dovrà in qualche modo fare carico.
Gas: un'opportunità dalla crisi?
Come detto, però, l'impatto immediato si farebbe sentire soprattutto sulle forniture di gas. Se Putin "chiudesse i rubinetti", infatti, i gassificatori presenti sul nostro territorio non sarebbero sufficienti a sopperire alla mancanza e dunque dovremmo rivolgerci altrove (Qatar o Stati Uniti probabilmente).
Se scoppiasse davvero la guerra potremmo trovarci dentro uno scenario che mai avremmo immaginato, nel quale gli italiani sarebbero costretti a contenere i consumi, come avvenuto nel 1973 per l'embargo dei Paesi dell'Opec che diede il via alla crisi petrolifera.
Tanti ricordano ancora le famose "domeniche a piedi": più in generale, proprio quell'esperienza ci insegnò che il petrolio non era l'unica fonte energetica e da allora si iniziò a pensare (mai abbastanza per la verità) anche ad altro.
E questa situazione - come quel precedente - potrebbe costringerci a ragionare sulla possibilità di renderci indipendenti dal punto di vista energetico, per non dipendere da altri Paesi, che un giorno per un motivo o per l'altro potrebbero bloccare le forniture mandandoci in crisi. Nell'ultimo Decreto il Governo ha già previsto qualche accorgimento, ma sarebbe davvero l'occasione per ragionare davvero sull'energia pulita da "produrre" in casa nostra.
Certo, il ragionamento si potrebbe fare comunque anche senza una guerra, che non si augura decisamente nessuno...