La pandemia non è finita

Burioni: "Vaccinazioni in calo, ma il virus uccide ancora". Per Crisanti il Covid potrebbe diventare la prima causa di morte

Il professore, ospite da Fazio, ha inoltre denunciato l'uso ancora poco massivo che si fa degli antivirali, che per i fragili possono essere salvavita.

Burioni: "Vaccinazioni in calo, ma il virus uccide ancora". Per Crisanti il Covid potrebbe diventare la prima causa di morte
Pubblicato:

E' ormai un appuntamento consolidato quello del professor Roberto Burioni nella trasmissione di Rai 3 Che tempo che fa. Ospite da Fabio Fazio anche nella serata di ieri, domenica 27 marzo 2022, il noto virologo ha posto l'accento sul calo delle vaccinazioni, ricordando che la pandemia non è ancora alle spalle.

Burioni: sette milioni di persone senza la prima dose

"Ci sono sette milioni di persone che non hanno fatto neanche la prima dose e che possono andare incontro a conseguenze gravissime. La guerra ci ha turbato, ma dobbiamo ricordare che da quando è iniziata la guerra a oggi, in Italia, sono morte più di 5mila persone di Covid."

Dati che il professore snocciola per far comprendere all'uditore che la fase di convivenza con il virus non può essere risolta approcciando la situazione come se l'infezione non esistesse più.

"Le persone ormai non si vaccinano più. Le nuove vaccinazioni sono in continuo calo, il messaggio che sta passando è che non ci sia più bisogno di vaccinarsi. E invece non è così ed è opportuno spiegarlo a queste persone", ha insistito.

In calo le nuove vaccinazioni

A conferma di questo trend il numero di nuovi vaccinati settimanali: il mese scorso erano 60mila, negli ultimi trenta giorni il dato è crollato a 18mila a settimana. Burioni ha inoltre rammentato che è indispensabile sottoporsi a inoculazione anche se si è stati colpiti dall'infezione: il vaccino, in questo caso, va fatto 120 giorni dopo il contagio.

Le vaccinazioni nei bambini

Preoccupa particolarmente la percentuale di vaccinati nella fascia 5 -11 anni, che si attesta nel nostro Paese poco sopra il 30%:

"Una Caporetto, in alcune regioni la situazione è gravissima", ha commentato il virologo.

Senza contare, poi, il milione di over 50 che non ha neanche una dose:

"Bisognerebbe convincere queste persone", ha insistito Burioni.

Antivirali: snellire il processo di distribuzione

Un altro punto sul quale il professore del San Raffaele ha posto l'accento è l'utilizzo degli antivirali nel nostro Paese. Negli Usa, ha spiegato Burioni, le persone a rischio affette da Covid ricevono i trattamenti con gli antivirali - che se presi nei tempi corretti evitano la malattia grave nel 90% dei casi - a seguito di una semplice telefonata.

In Italia, al contrario, il meccanismo per accedere a queste cure (spesso salvavita) è macchinoso. Il risultato è che, rispetto alle attuali scorte disponibili, questi farmaci vengono utilizzati soltanto in minima parte.

"Usarli tardi è uno spreco, bisogna essere più veloci e mettere medici e pazienti nelle condizioni di fruirne in tempi rapidi".

Crisanti: "Covid potrebbe diventare prima causa di morte"

A sottolineare il fatto che il Covid sia ancora un problema reale c'è anche Andrea Crisanti, microbiologo dell'Università di Padova.

"Se continuiamo con circa 100-150 morti al giorno, arriveremo in un anno a 60.000 decessi, collocando il Covid come prima causa di morte in Italia. Il vaccino ha diminuito la probabilità che un anziano sviluppasse una forma grave ma permette una copertura contro la trasmissione molto bassa, che dopo tre mesi cala al 30%, anche se prosegue per le complicanze di malattia. Nel frattempo, però, abbiamo un virus che ha un indice di trasmissione altissimo, pari al morbillo, con il quale tutte le misure di distanziamento sociale non funzionano. Questo significa che bisogna proteggere i fragili dal contagio perché i 120-150 morti al giorno non sono no vax ma, nel 95% dei casi, sono fragili e vaccinati, questo significa che l'obiettivo è diminuire le possibilità di contagio di queste persone, innanzitutto facendo la quarta dose. Ma questa non deve essere un alibi, perché gli immunocompromessi possono non reagire neanche a 7 dosi".

Seguici sui nostri canali