Da Prima Firenze

Scatto della Toscana, che vuol vederci chiaro sul 5G, ma è polemica: "Sui rischi ha già fatto uno studio l'Oms"

La ricerca commissionata dalla Regione costerà 220mila euro, ma esperti come il virologo Roberto Burioni e il biofisico Ranieri Bizzarri l'hanno definita "antiscientifica" e "vecchia"

Scatto della Toscana, che vuol vederci chiaro sul 5G, ma è polemica: "Sui rischi ha già fatto uno studio l'Oms"
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Con una delibera firmata dagli assessori Monia Monni e Simone Bezzini, rispettivamente con cariche all'ambiente e alla sanità, la Regione Toscana ha ordinato uno studio sugli effetti del 5G. In particolare, l'obiettivo sarà individuare l'eventuale esistenza di un legame fra i tumori accusati dalla popolazione, soprattutto infantile, e i campi elettromagnetici generati dalle "stazioni radiobase", utili a proiettare la Toscana nella quinta generazione di internet e della telefonia mobile.

"Lo sviluppo delle telecomunicazioni sta creando grande interesse per la possibilità di nuove applicazioni, ma al contempo sta anche aumentando la preoccupazione per gli effetti non ancora del tutto conosciuti sulla salute - si legge nella delibera regionale -. In seguito alla valutazione della IARC del 2013, che aveva definito i campi elettromagnetici a radiofrequenze come possibili cancerogeni per gli effetti su tumori della testa legati all’uso prolungato del cellulare, sono stati condotti numerosi studi che hanno indagato le associazioni tra l'esposizione a lungo termine a campi elettromagnetici e vari problemi di salute, oncologici e non.

Le esposizioni derivanti non dall’uso del telefono cellulare, ma da altri sorgenti, quali le stazioni radiobase (SRB), sono di natura diversa, soprattutto perché i possibili effetti non sono limitati alla testa e, come appare da studi di monitoraggio, sono di minore intensità. Ad oggi gli studi sugli effetti sulla salute dell’esposizione alle stazioni radiobase forniscono risultati contrastanti ed evidenze ancora inconcludenti".

Di cosa si occuperanno Arpat e Ars

Come racconta Prima Firenze, per questo studio sulla pericolosità del 5G sono state incaricate le agenzie regionali Arpat e Ars, per un costo di denaro pubblico pari a 222.270€. Lo studio avverrà per i prossimi due anni in sei città capoluogo di provincia, i cui gli abitanti superano i 100mila: Arezzo, Firenze, Livorno, Lucca, Pisa e Prato. Arpat svolgerà le attività per la parte ambientale e la valutazione dei livelli di esposizione in ambiente esterno ed interno; Ars si occuperà della sorveglianza epidemiologica, che sfrutta i dati ambientali per valutare gli effetti di tale esposizione.

Nello specifico, l’attività di ARPAT è mirata ad effettuare e analizzare:

  1. Modifiche normative introdotte a livello nazionale in relazione ai limiti e scenari di sviluppo della rete 5G in Toscana;
  2. Situazioni di criticità in ambiente urbano nelle maggiori città toscane: implementazione di un modello matematico che consenta la previsione su scala urbana dei livelli di esposizione presenti nei maggiori capoluoghi di provincia quali Pisa, Livorno Lucca, Firenze, Prato e Arezzo (quindi con popolazione prossima o superiore a 100.000 abitanti) a partire dagli impianti già autorizzati. Saranno altresì elaborate stime approssimate delle esposizioni all’interno delle abitazioni che tengano conto dell’effetto delle strutture dell’edificio in maniera statistica;
  3. Misure con centraline di monitoraggio in ambiente esterno per la verifica del modello di cui al punto 2). Al momento ARPAT dispone di tre centraline, il costo del progetto tiene conto di un potenziamento della strumentazione disponibile.
  4. Controlli su specifici impianti possibilmente di gestori diversi (almeno 5 impianti nelle aree urbane prescelte che verranno realizzati durante il progetto) con analizzatori vettoriali per la caratterizzazione dello spettro che si viene a creare via via che sono attivi impianti 5G, per verificare sul campo i dati di progetto e gli impatti conseguenti.
  5. Validazione del modello matematico di cui al punto 2 attraverso campagne di misura con dosimetri specifici per la banda del 5G. Al momento ARPAT ne possiede due, per cui si prevede l’acquisizione di altri due dosimetri per incrementare il numero dei soggetti monitorati.
  6. Valutazione dell’entità dell’esposizione nei centri urbani sopra indicati dove i livelli di esposizione sono più elevati e la densità di popolazione è maggiore, in base ai modelli validati.

Sulla base dei risultati delle attività di ARPAT, è prevista l’implementazione da parte di ARS di un sistema di studio e monitoraggio dei possibili impatti sulla salute umana dell’esposizione ai campi elettromagnetici. Esso prevede attività di sorveglianza epidemiologica sulle città in cui si registrano i livelli di campo elettromagnetico più alti, anche nelle abitazioni e nelle scuole.

"La valutazione della popolazione esposta terrà conto anche di specifiche caratteristiche socio-demografiche, quali genere, fascia d’età e condizioni socio-economiche, al fine di individuare sottogruppi di popolazioni più suscettibili. Saranno presi in considerazione vari scenari espositivi, quali l’attuale, uno scenario retrospettivo ed uno prospettico sulla base degli sviluppi futuri delle infrastrutture di rete a banda larga", si legge nella delibera.

Sarà compito di Ars anche effettuare una stima della popolazione scolastica esposta a vari livelli di inquinamento elettromagnetico nei centri urbani di maggiore dimensione.  "La stima della popolazione scolastica, suddivisa per i vari gradi, verrà effettuata sulla base dei dati forniti dal Dipartimento delle politiche formative e dei beni culturali, Servizio educazione istruzione di Regione Toscana e relativi alle informazioni dell’Anagrafe dell’Edilizia Scolastica".

Ars, infine, si occuperà anche della "effettuazione di studi epidemiologici finalizzati alla stima di associazioni tra esposizione ai campi elettromagnetici ed alcuni outcome di salute della popolazione residenti nei maggiori centri urbani sopra specificati. Sulla base della scarsa letteratura disponibile si prevede di focalizzare l’attenzione sulla popolazione infantile in quanto più suscettibile agli effetti dell’esposizione ai campi elettromagnetici. Si possono ipotizzare alcuni disegni di studio, basati sui dati dei flussi sanitari e sulle stime di esposizione prodotti dalle simulazioni modellistiche di ARPAT.

Saranno condotti studi caso-controllo geografico con attribuzione del livello di esposizione sulla base dell’indirizzo di residenza di casi e controlli della popolazione residente. Seguendo le indicazioni di letteratura e con l’intento di minimizzare la distorsione dovuta al confondimento residuo, l’attenzione si focalizzerà sui casi di tumori infantili, tra cui le leucemie, tumori del sistema nervoso centrale, linfomi non-Hodgkin’s, casi di aborto spontaneo ed altri esiti sanitari che emergeranno da una valutazione più accurata della letteratura disponibile", dice la delibera.

Polemiche su uno studio "superfluo"

I primi attacchi alla notizia di questo studio sono arrivati da esperti in campo scientifico quali il virologo Roberto Burioni e il biofisico Ranieri Bizzarri, eufemisticamente non contenti dell'utilizzo di denaro pubblico per una ricerca definita "antiscientifica" e vecchia poiché "già fatta dall'OMS". Proprio l'Organizzazione Mondiale della Sanità infatti, ha già confermato come il 5G non rappresenti alcun rischio per la salute. Anche in Italia sono numerosi i rapporti pubblicati che escludono i pericoli derivanti da questa tecnologia.

Recentemente vi è stato un aumento dell'emissione elettromagnetica in Italia ma il valore (15V/m) è restato ampiamente al di sotto della soglia raccomandata dalla Commissione Internazionale per le Radiazioni Non Ionizzanti (ICNIRP). Sembrerebbe dunque che la Regione Toscana stia spendendo denaro pubblico per portare avanti uno studio già effettuato in passato dall'OMS e di cui si sanno anche già i risultati. Una ricerca superflua. Fatto che ovviamente, ha fatto storcere il naso a molti.

Per tanti si tratterebbe di uno studio volto a fini populistici. A "placare" quella frangia di cittadini preoccupati e impauriti dagli effetti che la nuova tecnologia avrebbe sulla salute. Idee, come detto, già ampiamente dimostrare errate dagli studi scientifici condotti. Eppure, nei motivi della ricerca la delibera è piuttosto chiara come visto all'inizio: "ad oggi gli studi sugli effetti sulla salute dell’esposizione alle stazioni radiobase forniscono risultati contrastanti ed evidenze ancora inconcludenti". Un contrasto che continua a creare polemiche.

La risposta della Regione Toscana: la giunta è spaccata

"C’era un ordine del giorno del consiglio regionale approvato a maggioranza, credo con un solo voto contrario, che chiede alla Giunta di finanziare uno studio. La Giunta così lo ha eseguito, come fatto per tante altre questioni". Con queste parole Monia Monni, assessora regionale all'ambiente, ha provato a gettare acqua sul fuoco acceso delle polemiche nei confronti dello studio.

"Ho dato seguito al monitoraggio richiesto dalla legge regionale, che ha prodotto un contributo di Arpat e uno di Asl che evidenziano la necessità di fare ulteriori approfondimenti. Nessuno vuole frenare la connettività però bisogna tenere tutto in equilibrio e occorre che al progresso sia affiancata anche una totale sicurezza delle popolazioni e un rispetto, ovviamente, dell’ambiente. Le norme nazionali - ha ricordato - attribuiscono alla Regione la competenza sanitaria di fare approfondimenti su un tema quando sono ritenuti necessari dalle strutture tecnico-scientifiche".

Anche Simone Bezzini, assessore alla sanità, ha cercato di tenere a bada le critiche quando incalzato dai giornalisti. "C’è un’enfasi eccessiva. È consuetudine che Arpat e Ars facciano ricerche, analisi, studi sugli aspetti ambientali, connessi alla salute. La Regione Toscana vuole investire sulla connettività, portare avanti il 5G e tutto ciò accompagnato da sistemi di monitoraggio che Arpat e Ars implementeranno nelle prossime settimane, mesi. Credo che ci sia un’enfatizzazione eccessiva".

Normale monitoraggio dunque secondo la Regione Toscana, che non vede nello studio niente di anomalo. La Giunta però nel frattempo si è spaccata sul tema, in primis per l'intervento di Stefano Ciuoffo, assessore regionale al digitale e alla connettività, che sarebbe pronto a chiedere il ritiro della delibera. Appoggio invece da parte del Movimento 5 Stelle, nella persona di Irene Galletti, presidente del gruppo toscano.

L'antenna dell'interporto a Prato

Alla notizia della delibera, sono tornate a farsi forti le critiche all'installazione dell'antenna. La prima richiesta riguarda la sospensione della messa in funzione dell’antenna posizionata all’Interporto di Gonfienti a Prato accanto alla sede dell’Ufficio delle Dogane ed arriva dall'ufficio stesso attraverso la dirigente Daniela Guiducci.

"La scrivente alla luce della recente delibera del 16 settembre con cui la giunta della Regione Toscana ha ordinato uno studio a tappeto sui rischi da 5G, chiede nella sua qualità di datore di lavoro del menzionato Ufficio che venga al momento inibita la messa in funzione dell’antenna in questione e nel caso la stessa fosse già attiva venga disposta la sospensione del funzionamento", si legge nella lettera scritta per mano della stessa Guiducci.

A contestare vivacemente la delibera, è invece stato il pratese Antonello Giacomelli, commissario Agcom ed è ex sottosegretario alle comunicazioni che nel 2017 avviò proprio la sperimentazione del 5G in cinque città d'Italia tra cui appunto Prato. In una lettera al presidente Eugenio Giani e pubblicata da Il Foglio, Giacomelli ha contestato la decisione citando gli studi effettuati dall'OMS e augurandosi che la regione non diventi "terra promessa di terrapiattisti, no-vax e complottisti di vario genere".

"Spero ancora, te lo confesso, - scrive Giacomelli rivolgendosi a Giani - che un sussulto di saggezza porti al ritiro della delibera. Mi piacerebbe pensare alla mia regione come una delle locomotive che traina il paese con fiducia verso il futuro, scommette sulla innovazione, si pone come riferimento per le iniziative nel settore delle nuove tecnologie".

Giani di risposta ha confermato che lo studio si farà e che la Regione non ha nessun pregiudizio nei confronti di questa tecnologia. La sensazione è di essere solo all'inizio di una lunga querelle con innumerevoli parti coinvolte.

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