La testimonianza

Sospetta malata di Covid isolata da oltre un mese: "Sono invisibile, niente tampone, né presa in carico dall'Asl"

Niente tampone e terapie "alla cieca": il silenzio dell'Ats Brianza. Impossibile anche una visita al San Gerardo di Monza: Regione Lombardia non richiama.

Sospetta malata di Covid isolata da oltre un mese: "Sono invisibile, niente tampone, né presa in carico dall'Asl"
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Se le terapie intensive cominciano a svuotarsi, al contrario - come riferiscono numerosi medici di base - i pazienti affetti da "sospetto Covid-19" (considerando l'elevata percentuale di coloro che in presenza di sintomi non sono stati sottoposti a tampone) sono un esercito numeroso, e silenzioso.

Persone confinate in casa, anche in assenza di tampone che certifichi la reale positività al virus, in contatto con i propri medici di famiglia che mettono in atto diversi protocolli terapeutici, in mancanza di linee guida uniche. Senza contare i rischi ai quali vengono esposti i componenti dei nuclei familiari che convivono con questi pazienti invisibili.

Sospetto Covid-19 domiciliata: "Siamo invisibili"

A fornirci una testimonianza in tal senso, supportata dalla documentazione medica in suo possesso, che ricostruisce i fatti, è una libera professionista, sotto i 40 anni.

A metà marzo ho manifestato uno stato febbrile non debilitante, che è perdurato per una decina di giorni. Avendo fatto il vaccino influenzale il mio medico di base ha subito ipotizzato che avessi contratto il Covid-19. La febbre è rimasta bassa, sono rimasta isolata e monitorata costantemente da remoto dal medico di famiglia e dopo meno di un paio di settimane la situazione è rientrata. Ho proceduto con l’isolamento post sintomi, ma – all’inizio di aprile – la febbre è tornata, sempre bassa, stavolta con grave spossatezza. Il mio medico ha provveduto a segnalare il mio caso di “sospetto Covid” come da protocollo di Regione Lombardia. Ma non sono stata ricontattata dall’Ats di riferimento (che nel mio caso accorpa entrambe le province di Monza e Lecco), né da nessuno, per essere sottoposta a tampone o ricevere direttive”.

Terapie “alla cieca”

"I medici di base, anche in assenza di tampone, hanno ricevuto l’autorizzazione a prescrivere farmaci come idrossiclorochina – l’antimalarico di cui si è parlato a lungo nell’ultimo periodo – ma si trovano a lavorare “alla cieca” ed empiricamente. Fortunatamente esistono loro, nel mio caso – infatti – nessun altro si è fatto vivo o fatto carico della mia situazione. Il mio medico mi ha fatto assumere diverse terapie consigliate per Covid-19 (nonostante non sia stata sottoposta a tampone) compreso l’antimalarico, che non hanno avuto alcun effetto. Continuo ad avere forte spossatezza da quasi un mese, febbre, e fatico a portare avanti anche il lavoro da casa, essendo fortemente debilitata".

Visita infettivologica

"Considerata la situazione il mio medico mi ha prescritto una visita infettivologica: dopo aver contattato il numero verde di Regione Lombardia per prenotare al San Gerardo di Monza mi è stato detto che – trattandosi di un sospetto Covid-19 - non possono accettare prenotazioni. Si faranno vivi loro. Dopo la terza segnalazione andata a vuoto in un mese, riesce difficile crederlo".

L'alternativa: un'email, 100 euro

"Un'alternativa privata ci sarebbe: un noto ospedale milanese mette a disposizione la consulenza di un infettivologo 'da remoto', ovvero via email. Il costo è di 100 euro. Si precisa che, nel caso lo specialista non possa essere risolutivo il costo della consulenza potrebbe non essere accreditato".

Bloccato anche il convivente

E cosa succede a coloro che convivono con “sospetti Covid-19?

"Dopo la terza segnalazione, quando ho fatto presente al numero dedicato di Regione Lombardia che la persona che vive con me aveva necessità di rientrare al lavoro, sono stati registrati anche i suoi dati. E’ stato riferito che nel giro di un paio di giorni avrebbe ricevuto comunicazione dell’ufficialità dell’inizio dell’isolamento fiduciario di 14 giorni. A seguito di quest’ultimo, la sua azienda potrà richiedere un tampone al fine – in caso di esito negativo – di riammetterlo in sicurezza al lavoro. La domanda resta la stessa: se l’Ats impiega lo stesso tempo che ha impiegato con me (e non si è ancora resa manifesta) a comunicare l’inizio dell’isolamento fiduciario, chi convive con me per quanto tempo resta in un limbo, senza neppure poter riprendere le attività lavorative? Al momento, nessuno si è fatto vivo".

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