Economia

Pil come nel 1999: causa Covid ogni veneto perderà almeno 3mila euro

La riduzione sarà pari al 10 per cento. E i posti di lavoro diminuiranno di 41.200 unità.

Pil come nel 1999: causa Covid ogni veneto perderà almeno 3mila euro
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A causa della pandemia ogni residente in Veneto perderà mediamente 3mila euro con punte di 3192 a Vicenza e 3275 a Padova.

Pil come nel 1999

Un salto indietro nel tempo per fermarsi nel 1999, ben 21 anni fa. Le conseguenze del coronavirus sull'economia sono già visibili a tutti i livelli e a vario titolo. E il grido di aiuto di commercianti, lavoratori e imprenditori è già molto forte, sintomo, questo, che le criticità legate alla pandemia in corso stanno mordendo non solo il mondo della finanza, ma anche quello della microeconomia. E giusto per fare un esempio, proprio a causa del Covid, quest'anno ogni residente in Veneto perderà mediamente 3mila euro, precisamente 2982, con punte di 3192 a Vicenza e 3275 a Padova.

A calcolare la contrazione del valore aggiunto per abitante a livello provinciale ci ha pensato l'ufficio studi della Cgia che, inoltre, ha denunciato il dato che va considerato particolarmente allarmante: a fronte di una riduzione del Pil veneto del 10 per cento, lo stesso scivolerà al livello, appunto, del 1999.

Pil come nel 1999, causa Covid ogni veneto perderà almeno 3mila euro

La crisi, solo la punta di un iceberg?

Gli artigiani mestrini tengono a precisare che i dati emersi in questa elaborazione sono sicuramente sottostimati. Aggiornati al 13 ottobre scorso, non tengono conto degli effetti economici negativi che deriveranno dagli ultimi Dpcm che sono stati introdotti in queste ultime due settimane. Altresì, precisano che in questa elaborazione la previsione della caduta del Pil nazionale sfiorerà quest’anno il 10 per cento, quasi un punto in più rispetto alle previsioni comunicate il mese scorso dal Governo attraverso la Nadef (Nota di Aggiornamento del Documento di Economia e Finanza).

“Con meno soldi in tasca, più disoccupati e tante attività che entro la fine dell’anno chiuderanno definitivamente i battenti – ha dichiarato il coordinatore dell’Ufficio studi Paolo Zabeo - rischiamo che la gravissima difficoltà economica che stiamo vivendo in questo momento sfoci in una pericolosa crisi sociale. In questa fase di emergenza, pertanto, tutto ciò va assolutamente evitato, sostenendo con contributi a fondo perduto non solo le attività che saranno costrette a chiudere per decreto, ma anche una buona parte delle altre, in particolar modo quelle artigianali e commerciali, che, sebbene abbiano la possibilità di tenere aperto, già da una settimana denunciano che non entra quasi più nessuno nel proprio negozio. Infatti, solo se riusciremo a mantenere in vita le aziende potremo difendere i posti di lavoro, altrimenti saremo chiamati ad affrontare mesi molto difficili”.

Come se ne esce? "Riduzione delle tasse"

Se nel breve periodo alle imprese sono ancora indispensabili massicce dosi di indennizzi, nel medio-lungo periodo, invece, bisogna assolutamente rilanciare la domanda interna, attraverso una drastica riduzione delle tasse alle famiglie e alle imprese per far ripartire sia i consumi che gli investimenti. Purtroppo, la tanto agognata riforma fiscale verrà introdotta solo a partire dal 2022 e gli investimenti nelle grandi infrastrutture sono legati ai finanziamenti del Next Generation EU che, nella migliore delle ipotesi, arriveranno solo nella seconda metà del 2021, espletando il loro effetto solo a partire dall’anno successivo.

“Con una pressione tributaria insopportabile, una burocrazia opprimente che ingiustificatamente continua a penalizzare chi fa impresa e un calo degli investimenti molto preoccupante che colpisce soprattutto quelli di natura pubblica, c’è un’altra grossa criticità che rischia di penalizzare tante piccole e medie imprese - ha commentato il segretario Renato Mason - Ci riferiamo alla nuova misura introdotta dall’Unione Europea in materia di credito. Per evitare gli effetti negativi delle esposizioni scadute, dal primo gennaio 2021 Bruxelles ha imposto alle banche di azzerare in 3 anni i crediti a rischio non garantiti e in 7-9 anni quelli con garanzie reali. Ovviamente, l’applicazione di questo provvedimento indurrà gli istituti di credito ad erogare con estrema cautela i prestiti alle imprese, per evitare di dover sostenere delle forti perdite di bilancio nel giro di pochi anni”.

A rischio, ovviamente, c'è anche la tenuta occupazionale su tutto il territorio nazionale.

"La preoccupazione - ha concluso la Cgia - riguarda la tenuta occupazionale. Se nei prossimi mesi il numero dei disoccupati fosse destinato ad aumentare a vista d’occhio, la tenuta sociale del Paese sarebbe a forte rischio. Grazie all’introduzione del blocco dei licenziamenti, fortunatamente questo scenario non si è ancora manifestato. Nonostante ciò, quest’anno gli occupati in Veneto diminuiranno di 41.200 unità (-1,9 per cento). Un dato leggermente inferiore alla media nazionale (-2 per cento) che farà scendere il numero degli occupati veneti a quota 2.125.600".

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