Piano vaccinale: cambia tutto? Potrebbe bastare una sola dose
Uno studio israeliano e uno scozzese mostrano alti livelli di efficacia già dopo la prima dose di vaccino. Draghi guarda al modello inglese?
Tutto nasce da una scommessa in piena emergenza. Fino a qualche settimana fa la Gran Bretagna, complice anche il diffondersi della variante inglese, era fra le nazioni maggiormente piegate dal Covid: morti, contagi fuori controllo e una grave pressione sugli ospedali. In questo scenario apocalittico il premier Boris Johnson ha preso una decisione fino a quel momento in contro tendenza: vaccinare quanti più inglesi possibili rinviando l'inoculazione della seconda dose che, secondo le indicazioni delle case produttrici del siero, è importante per rafforzare e consolidare la reazione anticorpale.
Risultato? I primi dati paiono dargli ragione, nonostante sottolineiamo che sia ancora prematuro parlare di evidenze scientifiche incontrovertibili avendo bisogno di campioni più numerosi e tempi più lunghi per formulare regole certe. Il prestigioso Lancet pubblica una ricerca in merito e gli altri paesi europei, Italia compresa, stanno cercando di capire se il modello inglese potrebbe essere replicabile. Intanto BoJo pensa a un piano per le graduali riaperture in 4 tappe, pronto a lasciarsi alle spalle le serrate totali.
Una sola dose di vaccino anti Covid: cosa dicono i dati
L'intuizione di Johnson trova conferme in alcuni studi di recente pubblicazione. I primi risultati di una indagine scientifica condotta dall’equivalente del nostro ministero della Salute e dall’università di Edimburgo sull’impatto dei vaccini Pfizer e AstraZeneca hanno dato risultati definiti "molto incoraggianti" (uno dei ricercatori ha usato addirittura il termine "spettacolari"). Chiarito che nel Regno Unito si è scelto di vaccinare quante più persone possibili, senza accantonare per la seconda dose, lo studio scozzese sopracitato certifica l’elevatissima efficacia di entrambi i vaccini (Pfizer e Astazeneca) nel prevenire l’ospedalizzazione per Covid-19, rispettivamente 85 e 94 per cento a cinque settimane dalla prima dose. Più in dettaglio, fra le persone con età superiore a ottant’anni, che costituiscono il gruppo più a rischio, l’effetto dei due vaccini sulla popolazione, sempre calcolato tra i 28 e i 34 giorni dalla prima iniezione, riduce dell’81% il rischio di ospedalizzazione.
Lo studio israeliano su Lancet
Ma non è ancora finita. A corroborare questi numeri anche uno studio Israeliano svolto allo Sheba Hospital di Tel Aviv, che sarà pubblicato sulla rivista medica Lancet. Secondo questi dati si ha già una riduzione dell'85 per cento dei casi sintomatici di Covid-19 tra i 15 e i 28 giorni dalla prima dose di somministrazione del vaccino Pfizer. Lo studio è stato condotto su settemila operatori sanitari della stessa struttura. La ricerca suggerisce anche che il livello di protezione aumenta nel tempo: tra i 15 e i 21 giorni il vaccino è efficace al 76%, tra i 20 e i 28, era del 94%.
"Tutto questo conferma la validità della decisione del governo inglese di cominciare a vaccinare i propri cittadini con un'unica dose del vaccino", ha osservato Arnon Afek, vice direttore del Centro medico dell'ospedale.
E adesso che si fa?
Da una parte, quindi, ci sono le linee guida dei produttori di vaccini e dell'Oms che raccomandano, a fronte di una protezione certa, la somministrazione della seconda dose. Dall'altra una serie di studi, frutto di evidenze empiriche raccolte sul campo che gli scienziati cercano di sistematizzare. Ovviamente potrebbe essere necessario pensare a strategie differenti per garantire una copertura "inattaccabile" a fragli e anziani; ma su tutta la popolazione sana potrebbe trattarsi di una valida strategia quella di una copertura parziale volta ad evitare il peggio? Decisione non facile.
Ciò che è certo è che sul tavolo del neo premier italiano questi studi sono giunti; la strategia vaccinale è oggetto di profonde riflessioni per Mario Draghi, che si confronta anche con i partner europei e le nuove evidenze. Secondo alcune indiscrezioni l'ex numero una Bce non escluderebbe a priori una svolta in stile "modello inglese". Anche perché permane il problema delle dosi attualmente a disposizione.
A sorpresa, essendosi sempre mostrato scettico verso tale ipotesi, durante un suo intervento a Cartabianca nella serata di ieri anche il professor Massimo Galli apre a questa strategia:
"Sono arrivati i dati di Israele, che ha avuto risultati clamorosi già solo la prima dose. Con i dati che arrivano dal campo, in una nazione di 8-9 milioni di persone, dovrò rivedere le mie posizioni rispetto alla correttezza e alla purezza scientifica dell'applicazione dei protocolli usciti dagli studi, si deve andare in questa direzione per forza e puntare al risultato".
La Lombardia cambia rotta
La Lombardia - complice anche l'urgenza bresciana, che Guido Bertolaso non ha esitato a definire "terza ondata" - si sta già organizzando per il cambio di rotta in stile british allungando i tempi di somministrazione della seconda dose, soprattutto per chi è già stato positivo al Covid.
"Possiamo allungare il lasso di tempo tra la prima e la seconda dose, anche dopo i canonici 21-28 giorni per Pfizer e Moderna. Per Astrazeneca sappiamo che si può andare tranquillamente a 90-100 giorni tra la prima e la seconda dose. In questo modo sarebbe possibile raddoppiare la disponibilità dei vaccini andando a immunizzare più cittadini possibili" ha fatto sapere Bertolaso.
Sulla questione è intervenuta anche Letizia Moratti, neo assessore al Welfare e vicepresidente della Regione:
"Abbiamo deciso una rimodulazione della strategia vaccinale e chiesto al ministero la rimodulazione delle schedule vaccinali per soggetti che sono stati positivi al Covid-19, in modo da prevedere o la somministrazione di una sola dose o il posticipo di sei mesi della sua somministrazione, ipotesi validata da dati di letteratura e esperienze in corso. Una risposta positiva ci consentirebbe di avere più dosi di vaccino, ora scarse".
Ci si concentrerà inoltre sulle zone dove ci sono focolai, per evitare di riempire gli ospedali. La nuova rimodulazione del programma di vaccinazioni manterrà invariate quelle previste per gli over 80 e per le categorie inserite nella 'Fase 1 bis' (residenzialità psichiatrica, assistenza domiciliare e relativi operatori, centri diurni, farmacisti, dentisti, sanità militare, polizia di Stato, ambulatori accreditati, medici liberi professionisti, informatori scientifici del farmaco).
Si attende di capire ora se questa scelta emergenziale e i dati sopracitati convinceranno anche i palazzi romani e porteranno a un cambio di passo nazionale della strategia vaccinale.