Variante Lambda osservata speciale: dal Perù un inusuale mix di mutazioni
In Italia in allerta Lombardia, Piemonte, dove sono state individuate le sequenze genetiche della variante.
Non esiste soltanto la variante Delta. Ad attirare l'attenzione dei ricercatori, infatti, c'è anche a variante Lambda: nuova incognita del Covid-19 che arriva dal Sud America. E' comparsa a fine dicembre in Perù, dove ora è predominante. Attualmente risulta diffusa già in 30 Paesi del mondo. Questa mutazione del virus ha attirato particolarmente l'attenzione degli scienziati per via di alcune peculiarità che la pongono al centro di diversi studi. Ma la domanda che ci poniamo è: resiste ai vaccini?
Variante Lambda: cosa sappiamo finora?
Sequenziata per la prima volta in Perù, la variante Lambda crea preoccupazione nel Paese sudamericano che ha il più alto tasso di mortalità al mondo per Covid-19. Secondo un report dell'Oms, nei mesi di maggio e giugno ha rappresentato l'82% dei casi in Perù. Identificata con la sigla C.37 è caratterizzata da un mix inusuale di mutazioni. E' stata riscontrata la presenza di sette mutazioni sulla proteina spike. L'Organizzazione Mondiale della Sanità l'ha definita una "variante di interesse" e viene monitorata anche dall'European Centre for Disease Prevention and Control, il Centro Europeo di Prevenzione e controllo delle Malattie, oltre che dalle autorità sanitarie britanniche.
In Italia osservate speciali sono Lombardia, Piemonte, Emilia Romagna, Lazio e Sicilia. Queste regioni hanno già individuato le sequenze genetiche della variante e condiviso a livello internazionale, attraverso la banca dati Gisaid, le sequenze genetiche.
Resistente ai vaccini?
La domanda che tutti si pongono è se Lambda resista ai vaccini attualmente in circolazione. Secondo i primi dati i sieri sarebbero efficaci anche contro questa nuova variante del Covid.
"I risultati suggeriscono che i vaccini attualmente in uso rimarranno protettivi contro la variante Lambda e che la terapia con anticorpi monoclonali rimarrà efficace", scrivono i ricercatori Grossman School of Medicine della New York University.
Per ciò che concerne invece la trasmissibilità: