Quattro storie

Il lavoro al tempo del Coronavirus: chi ce l'ha fatta ad adattarsi e chi ha dovuto arrendersi VIDEO

Lo smart working non sempre è possibile: "Ero sempre in giro tutto il giorno, ora non è facile..."

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A Milano si incontrano le professioni più disparate, ognuna con le proprie esigenze e il proprio metodo di esercizio. In tempi di pesanti restrizioni legate al contenimento dei contagi da Covid-19 abbiamo intervistato diversi professionisti scoprendo come alcuni lavori siano riusciti ad adattarsi quasi completamente alle stringenti direttive, mentre altri - a causa di questioni logistiche insuperabili - hanno dovuto arrendersi e mettersi in paziente attesa. Non senza preoccupazioni.

Milano: storie di lavoratori ai tempi del Coronavirus

Roberta è una giovane psicologa che ha tenuto duro finché le è stato possibile, a fronte delle disposizioni attuali è riuscita però a organizzarsi molto bene. Non ha smesso le sedute con i pazienti: grazie alla tecnologia riesce infatti a fare video terapie con un semplice tablet o un pc.

Mario insegna urban planning e urban design, le sue settimane erano strutturate in funzione di appuntamenti e didattica. Avendo anche un contratto di ricerca con il Politecnico di Milano pone l'accento su come l'ateneo meneghino sia riuscito a offrire un sistema di supporto a docenti e studenti, che hanno potuto continuare a fare lezione.

Alessandra invece ha tutt'altra storia. E' responsabile in un bar vicino a una zona universitaria. Gli atenei lombardi sono stati fra i primi a chiudere, decimando la clientela. In questo caso, invece, ci imbattiamo nella classica professione che non ha potuto contenere il danno economico e declinarsi da remoto.

Resa obbligata

Vicende emblematiche, che raccontano la tenacia dei lombardi e la loro abnegazione verso il lavoro. Se la salute e la sua tutela devono necessariamente essere messe al primo posto, non ci si potrà comunque dimenticare - scongiurata l'emergenza - di questo esercito di lavoratori costretto alla resa. 

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