Il 100% dei guariti dal Covid-19 sviluppa gli anticorpi: lo studio cinese fa sperare
Non è ancora possibile sapere quanto duri l'immunità, ma i precedenti con virus simili suggeriscono che dovrebbe permanere almeno 12-24 mesi.
E’ stata fra le domande principali degli ultimi mesi. Di Covid-19 - una volta stabilita la guarigione virologica - è possibile che ci si infetti nuovamente? La risposta è importantissima alla luce della tanto agognata immunità di gregge.
GUARDA IL VIDEOSERVIZIO:
Studio cinese su nature
Un studio condotto dalla Chongquing Medical University in Cina, pubblicato su Nature Medicine (una delle più prestigiose e accreditate riviste scientifiche) - rilanciato anche dal virologo Roberto Burioni - sostiene che a 19 giorni dalla guarigione dal Covid-19 il 100% dei pazienti esaminati (285 il totale) ha sviluppato anticorpi specifici contro il coronavirus.
Come si effettua questa analisi? Rilevando la presenza (con livelli diversi) degli anticorpi IGg nel sangue, capaci proteggere l’organismo da una seconda infezione dallo stesso agente patogeno.
“Una megapillola di ottimismo”
La notizia ovviamente ha subito portato un - seppur cauto - entusiasmo. Il professor Guido Silvestri, professore alla Emory University di Atlanta e direttore di uno dei laboratori di ricerca più avanzati di Microbiologia e immunologia definisce il risultato “una megapillola di ottimismo”.
Il nostro sistema immunitario monta una risposta anticorpale contro il virus, risposta che con tutta probabilità, basandosi sui precedenti di Sars-1 e Mers oltre che sui modelli animali di infezione da coronavirus, protegge dalla reinfezione o almeno dal ritorno della malattia. Non possiamo sapere quanto dura questa risposta – spiega sempre Silvestri – ma i precedenti con virus simili suggeriscono che dovrebbe durare almeno 12-24 mesi“.
Questo, considerando la grande percentuale teorizzata di asintomatici e di persone che hanno contratto il coronavirus in forma lieve, anche senza accorgersene, potrebbe significare la possibilità di raggiungere la cosiddetta “immunità di gregge”, e di sviluppare un vaccino efficace: quando una grossa parte della popolazione sviluppa una difesa immunitaria efficace, il virus non circola perché non trova più ospiti.
Molto dipenderà, per trovare definitive conferme a questo studio, cosa diranno i numeri su campioni maggiori.
Test sierologici in Italia: come funzionano
Anche l'Italia si sta muovendo in tal senso attraverso i test sierologici.
Come funzionano e a cosa servono? I test sierologici sono esami di laboratorio effettuati su un campione di sangue al fine di verificare se l'organismo ha sviluppato anticorpi contro l'agente infettivo SARS-CoV2.
Le analisi ci possono dire se nei giorni precedenti il prelievo di sangue siamo entrati in contatto con il Coronavirus. Un responso positivo del test, nei casi sospetti o nei pazienti sintomatici, è una conferma di presunta infezione pregressa.
Attenzione: un responso negativo potrebbe avvenire non solamente in qualcuno che non ha contratto il virus, ma anche da un soggetto che solo recentemente si è contagiato (effetto finestra negativa), quindi non ha ancora sviluppato anticorpi. Per questo motivo il tampone, sotto il fronte prevenzione contagi, resta lo strumento più efficiente.
Il test sierologico, infatti, non è in grado di stabilire se un paziente possa o meno essere ancora contagioso, ma piuttosto se ha sviluppato gli anticorpi. I test sierologici più accurati sono quelli venosi e non quelli rapidi: che consistono in una goccia di sangue presa dal polpastrello.
Che anticorpi si cercano?
Le classi di anticorpi testate sono le immunoglobuline (IgM): normalmente fanno la loro apparizione nel sangue sette giorni dopo l'attacco del virus, per poi scendere dopo la terza settimana. Dalla fine della seconda settimana dopo l'infezione iniziano a comparire nel sangue le IgG (Immunoglobuline G).