I ricoveri in terapia intensiva potrebbero essere il doppio rispetto ai bollettini ufficiali
Il ministero della Salute non rivela quanti siano stati i ricoveri nell’area ospedaliera, ma solamente il saldo tra un giorno e l’altro.
Potrebbero essere addirittura il doppio le persone ricoverate quotidianamente in terapia intensiva legate al Covid-19 rispetto al numero che ci viene comunicato ufficialmente della Protezione Civile. A sostenere questa tesi è il presidente di Gimbe, la fondazione che si occupa dell'elaborazione di statistiche inerenti al sistema sanitario e sul Coronavirus.
In terapia intensiva i ricoveri quotidiani potrebbero essere il doppio
Nino Cartabellotta, presidente di Gimbe, in un'intervista al Messaggero spiega che il ministero della Salute non rivela quanti siano stati i ricoveri nell’area ospedaliera, ma solamente il saldo tra un giorno e l’altro.
“La mancanza di questi dati è inaccettabile da mesi li stiamo chiedendo, ma neppure sappiamo se esistano. Ogni giorno viene semplicemente comunicato un saldo, che ci fa comprendere la percentuale di occupazione dei posti di terapia intensiva. Certo, è utile. Ma non basta. Paradossalmente quel numero è più basso se muoiono molti pazienti. Invece, avere un dato puntuale dei flussi in entrata e in uscita, aiuterebbe a comprendere meglio l’andamento dell’epidemia”.
Audizione di Cartabellotta alla Camera
I dati del monitoraggio GIMBE sono stati, nella giornata del 10 novembre 2020, oggetto di un’audizione presso la 12a Commissione Igiene e Sanità del Senato, dove il Presidente Cartabellotta ha rimarcato la mancata accessibilità ai dati ufficiali grezzi.
"Solo per il report giornaliero dei casi di COVID-19 i dati sono disponibili in formato open. Al contrario, per il sistema di sorveglianza nazionale integrata disponiamo solo dei report settimanali dell’Istituto Superiore di Sanità con dati in forma aggregata. Mai resi pubblici neppure i report sugli indicatori di monitoraggio della fase 2 della Cabina di Regia, utilizzati per guidare le misure restrittive".
Per tali ragioni, la Fondazione GIMBE ha pubblicamente richiesto di:
- Includere nel report giornaliero dei casi di COVID-19 del Ministero della Salute il numero di contagi per Comune, oltre che i dettagli per Province e Comuni dei numeri relativi a isolamento domiciliare, ospedalizzati con sintomi, terapie intensive, guariti, deceduti, tamponi, casi testati.
- Rendere accessibile il database nazionale di sorveglianza integrata dell’Istituto Superiore di Sanità in formato open data.
- Rendere pubblici tutti i report dei 21 indicatori stabiliti dal D.M. 30 aprile 2020 utilizzati per il monitoraggio della fase 2, rendendo altresì accessibile il database in formato open data.
- Rendere espliciti e riproducibili i criteri per l’attribuzione del livello di rischio stabiliti dagli art. 2 e 3 del DPCM 3 novembre 2020.
Quali sono i criteri dei "colori" regionali?
Particolarmente rilevante quest’ultimo punto che determina per le Regioni l’assegnazione dei tre colori, corrispondenti a livelli differenziati di misure restrittive. Al momento, precisa Cartabellotta:
"Parametri e indicatori su cui si basa l’assegnazione dei “colori” non sono sufficientemente chiari e oggettivi da escludere valutazioni discrezionali, rischiando che il meccanismo delle chiusure e riaperture, lungi dall’essere automatizzato, richieda sempre e comunque un passaggio politico con le Regioni, come peraltro previsto dallo stesso DPCM che stabilisce che le ordinanze del Ministro della Salute siano emanate d’intesa con il presidente della Regione interessata".
E aggiunge:
"Manca una strategia a medio-lungo termine condivisa tra Governo e Regioni, in grado di potenziare adeguatamente i servizi sanitari e informare la popolazione, al momento chiamata a sottostare passivamente a nuove restrizioni settimanali che rendono incerta la quotidianità e alimentano preoccupazioni sul futuro".