Gesto eroico

Gli altri eroi di Bondi Beach: coppia di pensionati disarma un attentatore, ma viene uccisa

Come loro anche Reuven Morrison ha sfidato i terroristi, perdendo la vita

Gli altri eroi di Bondi Beach: coppia di pensionati disarma un attentatore, ma viene uccisa

Non c’è stato solo Ahmed al Ahmed, il 43enne fruttivendolo, a cercare di disarmare gli attentatori di Bondi Beach. Anche una coppia di pensionati ha tentato di fare altrettanto, pagando con la vita il proprio gesto eroico (che forse però ha salvato quella di qualcun altro).

Boris e Sofia Gurman, la coppia che ha tentato di fermare il killer

Un’altra storia simbolo dell’attacco che ha scioccato l’Australia e il mondo è quella di Boris Gurman, 68 anni, e di sua moglie Sofia, 61, coppia di origini russo-ebraiche che viveva a Bondi Beach. I due hanno tentato di neutralizzare uno degli attentatori, identificato come Sajid Akram, prima di essere uccisi.

Un video diffuso dall’emittente australiana 7News, ripreso da una dashcam su Campbell Parade, mostra i loro ultimi istanti. Boris, riconoscibile da una maglietta viola, affronta il terrorista e riesce per alcuni secondi a strappargli il fucile, cercando di tenerlo a distanza. Sofia interviene subito dopo, nel disperato tentativo di aiutare il marito.

Secondo la ricostruzione, Akram avrebbe però avuto con sé una seconda arma, utilizzata per uccidere entrambi.

Le immagini e la testimonianza: “Si è lanciato verso il pericolo”

Un filmato aereo e una dashcam, verificati da Reuters, mostrano anche un uomo anziano che lotta con uno dei terroristi accanto a un’auto parcheggiata, prima che entrambi cadano a terra. La proprietaria della dashcam, Jenny, ha raccontato:

“Non è scappato. Si è lanciato direttamente verso il pericolo, usando tutta la sua forza per cercare di strappare l’arma. Quando l’ho visto cadere, il cuore mi si è spezzato”.

Le immagini successive mostrano l’uomo e la donna che lo accompagnava inermi sull’asfalto, vicino al ponte pedonale dove i terroristi sono stati infine uccisi dalla polizia.

L’indagine e il riconoscimento ufficiale

Le autorità australiane hanno confermato che gli attentatori erano padre e figlio e che l’attacco è considerato oggi come atto di terrorismo mirato contro la comunità ebraica. Nelle loro abitazioni sarebbero state trovate armi e ordigni pronti all’uso.

Reuven Morrison, l’uomo che ha sfidato i terroristi a mani nude

Tra le vittime c’è anche Reuven Morrison, 62 anni, ricordato dalla figlia Sheina Gutnick in un’intervista a CBS News come un uomo che non ha esitato ad agire appena iniziati gli spari.

“È intervenuto subito. Urlava contro il terrorista, lanciava mattoni e cercava di proteggere la sua comunità. Se doveva lasciare questa terra, era combattendo un terrorista”, ha raccontato la figlia.

Nei video diffusi sui social, verificati anche da Reuters, si vede Morrison inseguire uno degli attentatori dopo che Ahmed al Ahmed, 43 anni, padre musulmano di due figli, era riuscito a caricare uno dei killer da dietro e a disarmarlo. Poco dopo, Morrison è stato colpito a morte.

Ahmed al Ahmed, ferito gravemente durante l’intervento, si sta riprendendo in ospedale dopo un’operazione chirurgica. La raccolta fondi aperta per lui ha superato i 2 milioni di dollari australiani, diventando un simbolo di solidarietà interreligiosa.

Il primo ministro Anthony Albanese ha pubblicamente elogiato il coraggio dei civili intervenuti:

“Questi australiani si sono precipitati verso il pericolo per aiutare gli altri. Sono eroi e il loro coraggio ha salvato delle vite”.

Un’eredità di coraggio

Reuven Morrison, Boris e Sofia Gurman non erano agenti né militari. Erano cittadini comuni, uniti dalla scelta di non voltarsi dall’altra parte. Le loro storie rappresentano oggi il volto più luminoso di una tragedia che ha colpito profondamente l’Australia e il mondo intero.

Il loro sacrificio resta un monito contro l’odio e un esempio di umanità, altruismo e responsabilità civile che va ricordato e raccontato.