"Smart working, quattro figli piccoli in DAD e nessun aiuto dallo stato"
Come se una persona, soltanto perché si trova nel proprio ambiente domestico, riesca a badare a un figlio piccolo e concentrarsi sul lavoro...
Le scuole chiuse e l'impossibilità di affidare i più piccoli ai nonni - per motivi logistici ma anche per tutelarli da un eventuale contagio - hanno reso quest'ultimo anno, per tante famiglie, un vero e proprio slalom tra smart working e accudimento dei piccoli in contemporanea. Con risultati spesso disastrosi, soluzioni alla giornata e stress continuo.
Una storia emblematica
Arriva dal Monzese una storia emblematica, che racchiude il disagio e la rabbia di tanti nuclei familiari. Quattro figli, lo smart working, la dad e… nessuno aiuto dallo Stato. La pandemia ha stravolto tutte le regole e l’organizzazione anche e soprattutto quotidiana. Ancor di più con la chiusura delle scuole. Penalizzando in particolare le famiglie numerose.
La testimonianza di Andrea e Manuela
Ne sanno qualcosa, purtroppo per loro, Andrea Ruggiero e la moglie Manuela. Vimercatesi, 43 anni lui, 40 lei, hanno affidato ad una civilissima lettera il loro sfogo. Raccontando cosa succede in una famiglia in lockdown con quattro figli, che non può fare affidamento nemmeno su un aiuto economico da parte dello Stato.
“Siamo una coppia residente a Vimercate con la gioia di avere quattro figli di 2, 5, 7 e 9 anni – hanno raccontato nella lettera inviata anche al sindaco di Vimercate Francesco Sartini – Per la prima volta dall’inizio della pandemia siamo seriamente preoccupati per la gestione familiare delle prossime settimane. Entrambi siamo lavoratori dipendenti in aziende private. Entrambi abbiamo i genitori in due regioni del Sud e non abbiamo alcun familiare a cui appoggiarci. Io lavoro in smart working, mia moglie solo due o tre giorni la settimana può permettermelo. Secondo l’ultimo decreto legge noi saremmo in grado di gestire due figli in DAD, una in età da materna e soprattutto uno in età da nido senza avere ripercussioni sulle nostre attività lavorative”.
Una vera e propria beffa per la famiglia. Lo Stato infatti non riconosce alcun aiuto economico ai genitori che possono lavorare da casa, dando per scontato che possano contemporaneamente occuparsi dei figli, indipendentemente dal numero e dall’età e quindi dalla necessità di attenzioni richieste.
“A noi (proprio perché in smart working) non sono concessi congedi parentali straordinari né bonus babysitter – proseguono i coniugi nella lettera – Vorremmo invitare a casa nostra per un paio di giorni (non di più perché in fondo siamo buoni) gli ideatori di questa grande pensata affinché possano sperimentare sulla propria pelle cosa significa e come potrebbero portare avanti la propria attività lavorativa soprattutto se di una certa responsabilità. In uno Stato dove la famiglia è sempre più bistrattata e il calo demografico sta diventando un problema serio anche dal punto di vista economico generale ci aspetteremmo un sostegno in una qualche forma” .
Se fai smart working, niente congedo parentale
Il Decreto Legge 13 marzo 2021, che disciplina la didattica a distanza e introduce nuove restrizioni fino al prossimo 6 aprile, dà diritto allo smart working per chi ha figli minori di 16 anni in DAD, contagiati o in quarantena; ma niente congedi retribuiti per i genitori che ne fruiscono. Da un lato la pratica viene incentivata, ma dall'altro sicuramente è penalizzante.
Fino al prossimo 30 giugno vi è inoltre la possibilità per i genitori di figli disabili gravi di svolgere l’attività lavorativa in modalità agile, a condizione che nel nucleo familiare non vi sia altro genitore non lavoratore e che l’attività lavorativa non richieda necessariamente la presenza fisica.
Penalizzato il lavoro agile
In sostanza: o fai smart working, oppure ottieni il congedo retribuito. Come se una persona, soltanto perché si trova nel proprio ambiente domestico, riesca a badare a un figlio piccolo e concentrarsi sul lavoro. Pare davvero che il lavoro agile venga percepito come un "mezzo lavoro" che lascia il tempo di fare anche altro, laddove si tratta di una modalità lavorativa a tutti gli effetti in cui gli obiettivi non cambiano. E il rischio che il peso di questa situazione ricada sulle lavoratrici femminili è concreto.