Dopo lo smart working, ansia di tornare in ufficio per metà lavoratori
Con la copertura vaccinale sempre più ampia sono molte le aziende che richiamano in sede i propri dipendenti: ma c'è un fenomeno piscologico con cui fare i conti.
La sola idea di tornare in ufficio, riaffrontare il taffico cittadino e lasciare la vostra dimora con un cantuccio ormai convertito a ufficio vi destabilizza, se non terrorizza? A quanto pare siete in buona compagnia. E c'è anche un nome per quello che vi sta capitando: "sindrome della capanna".
Sindrome della capanna: ansia alla sola idea di tornare in ufficio
Con la pandemia si è reso necessario rimodulare il modo di lavorare. Ampio spazio al digitale e da remoto - per le professioni che lo consentono - spingendo l'acceleratore sullo smart working, modalità di lavoro agile che, prima dell'avvento del Covid, in Italia era riservata a una stretta nicchia di persone.
Ora, con la campagna vaccinale che marcia spedita e un numero consistente di persone immunizzate, sono molte le aziende che richiamano in sede i propri impiegati. Ma non tutti la stanno vivendo bene.
Secondo un'indagine Uil in Lombardia, la metà dei dipendenti non vuole rientrare in ufficio. Parliamo di un campione di popolazione davvero significativo.
Se per alcuni le motivazioni potrebbero essere legate semplicemente a pigrizia, comodità, necessità familiari o economiche (come per esempio risparmiare sui viaggi e sul pranzo), altri manifestano - chi in forma più acuta, chi più lieve - una vera e propria sindrome della capanna.
Si tratta di un resistenza ad uscire di casa e abbandonare la propria comfort zone, soprattutto dopo mesi in cui quelle pareti ci hanno protetto dal virus. Ad essere più a rischio sono le persone con minor capacità di adattamento ai cambiamenti, quelle inclini all’ansia e all’ipocondria nonché coloro che soffrivano anche in precedenza di fobie e altri disturbi psichiatrici.
Ma non solo. Pare infatti che la pandemia abbia inciso anche su personalità prive di significativi disturbi, per via di incertezze legate al futuro economico, professionale, o timorose per la salute propria e dei propri cari. Molti percepiscono come soluzione - anche in maniera inconscia - il restare rintanati nello spazio che li ha tenuti al riparo.
Diversa percezione del lavoro
Ma non esiste soltanto la questione patologica, bensì anche una nuova consapevolezza rispetto all'organizzazione della giornata lavorativa, secondo quanto hanno rilevato i vertici della Uil a Milano e in tutta la Lombardia. Il sindacato lombardo del settore bancario e assicurativo, segnala ben l'80 per cento di colletti bianchi che eviterebbe di tornare in ufficio. Senza contare tutte quelle aziende che hanno già strutturato l’opzione del lavoro da casa come elemento contrattuale.
Da una parte vi sono aziende che intendono far calare il sipario sull'esperienza "da remoto", in coincidenza del calo dell'emergenza, come per esempio il colosso Apple, che richiama "all'ovile" i dipendenti abituati a prestare servizio da casa. E in questi casi sono sempre più i lavoratori che chiedono di poter proseguire il proprio compito dal domicilio. In caso di risposta negativa da parte dei capi emergono ansia, disorientamento e paura alla sola idea di lasciare il proprio rifugio.
Dall'altra vi sono tante imprese che si stanno organizzando per rendere l'opzione sistematica o quantomeno verso soluzioni ibride.
I pregi del lavoro agile
Oltre alle motivazioni psicologiche ci sono altre ragioni per cui in molti spingono per lo smart working. Il tema ambientale, soprattutto nelle giovani generazioni, è particolarmente sentito. Un tale risparmio di consumi di carburante, di acqua ed energia incide significativamente in termini di sostenibilità. Come non ricordare, durante il lockdown, la natura che lentamente si riprendeva i propri spazi e lo stupore generale che il fenomeno generava. Per molti influisce positivamente, nel bilancio familiare, anche il risparmio di benzina, usura dei mezzi privati, eventuali abbonamenti per i mezzi pubblici e i pranzi fuori casa.
D'altro canto c'è il problema che forse quella "capanna" non può sostituire il mondo, pur nella sua imperfezione. Forse la tanto paventata soluzione ibrida potrebbe essere il compromesso su cui ragionare in maniera seria.