Covid, il virus è uscito dal laboratorio di Wuhan? Palù ne è convinto, ma la Capua: "Non c'è la mutazione fumante"
Proprio mentre da domenica si allenteranno ancora le misure di restrizione dopo la fine dello stato di emergenza, si riaccende il dibattito sul virus
Covid, il virus è uscito dal laboratorio di Wuhan? E' scontro tra virologi: Giorgio Palù ne è convinto, ma la sua collega Ilaria Capua non è dello stesso parere:
"Non c'è la mutazione fumante".
E così, dopo la cessazione dello stato di emergenza a fine marzo e proprio mentre da domenica 1 maggio si allenteranno ulteriormente le misure di restrizione, un po' inaspettatamente si riaccende il dibattito sulla "genesi" del Coronavirus.
Covid uscito dal laboratorio di Wuhan
Ecco così che mentre anche la situazione pandemica relativa a contagi e ricoveri ospedalieri appare "sotto controllo, "a volte ritornano", ovvero riecco riaccendersi il dibattito sulla genesi del virus.
Un dibattito destinato a riaccendersi vivacemente dal momento che a ridare fiato all'ipotesi "laboratorio-Wuhan" è stato in queste ultime ore il virologo e presidente dell'Aifa (l'Agenzia italiana del farmaco), Giorgio Palù che ha presentato il suo ultimo libro "All’origine. Il virus che ci ha cambiato la vita" dove il ricercatore spiega:
"Il virus può aver trovato origine da uno spillover del virus dal pipistrello all’uomo occorso in natura o, viceversa, da uno spillover di laboratorio, per cause accidentali, come già successo per altri agenti patogeni altamente contagiosi".
Covid, campo aperto alle diverse ipotesi
Palù, in un'intervista al Corriere della Sera ha lasciato aperto il campo alle due ipotesi e ha rilanciato l'appello affinché sia la Cina a dire una volta per tutte cosa è accaduto veramente tra la fine del 2019 e l'inizio del 2020.
D'altro canto, il virologo ha voluto però volgere uno sguardo sereno al futuro con la previsione verosimile che il virus, pur ancora con tutte le accortezze del caso, possa ridurre le sue conseguenze e diventare così endemico, alla stregua a tutti gli effetti di un'influenza.
"Il ceppo prototipo di Wuhan, quello che ha cominciato a manifestarsi in Cina con forme gravi di polmonite, e tutte le varianti che ne sono derivate, anche quelle considerate non interessanti nella classificazione internazionale, presentano una caratteristica affatto peculiare. Nel gene che produce la proteina Spike (quella che il virus utilizza per agganciare la cellula da infettare) appare inserita una sequenza di 19 lettere appartenente a un gene umano e assente da tutti i genomi dei virus umani, animali, batterici, vegetali sinora sequenziati. La probabilità che si tratti di un evento casuale è pari a circa una su un trilione".
Secondo il virologo, in base a ciò si può ipotizzare una manipolazione effettuata per soli scopi di ricerca, non certo con intenzioni malevole. Non sarebbe la prima volta che un virus scappi per sbaglio da un laboratorio ad alta sicurezza.
"Scopo nobile dal punto di vista scientifico, ne sono certissimo: prevenire uno spillover naturale, cioè l’esatto contrario di quello che magari può essere avvenuto nella realtà. Non è una novità che il laboratorio di Wuhan da oltre una decade si dedichi tra l’altro alla coltura di virus di pipistrelli. Lo spillover con salto di specie animale-uomo potrebbe essere stato compiuto per cause accidentali da un virus del pipistrello sperimentalmente adattato a crescere in vitro”.
Sempre stando alle parole di Palù, sull’origine del virus dai pipistrelli, manca solo la prova regina che suffraghi l’origine naturale.
"Da un lato, non si è ancora trovato l’ospite intermedio e dall’altro, RaTG13, il virus del pipistrello Rhinolophus affinis il cui genoma è al 97% identico al Sars-CoV-2, ha scarsa capacità di infettarci. Per validare quale delle ipotesi in campo (spillover naturale o di laboratorio) sia più verosimile, sarebbe quanto mai auspicabile, come più volte richiesto dall’OMS e dalla comunità scientifica, la collaborazione delle autorità cinesi”.
Insomma, Palù spiega che nel genoma del Sars-Cov-2, e in particolare nel gene che codifica la proteina Spike, è presente una sequenza unica, non presente in nessun altro beta-coronavirus né genoma virale sequenziato.
Ancora, Sars-Cov-2, pur essendo al 97% identico a RaTG-13, un betacoronavirus che infetta il pipistrello Rhinolophus affinis in Asia meridionale, ha perso la capacità di infettare le cellule di pipistrello.
Inoltre, non si è ancora rinvenuto un ospite animale intermedio che abbia permesso il passaggio del virus dall’ospite naturale all’uomo.
Ad oggi conosciamo l’origine distale del Sars-CoV-2 (il pipistrello) ma manca ancora la certa individuazione di un ceppo virale capace di infettare sia pipistrello che uomo.
Insomma, resta aperta la possibilità che questo virus sia passato dall’animale all’uomo a causa un incidente di laboratorio.
Dibattito, aperto: sul virus da laboratorio c'è non ci sta
Come detto, di fatto il dibattito si è clamorosamente riaperto, ma sull'ipotesi covid-laboratorio c'è chi non ci sta.
Come la ricercatrice ed ex parlamentare Ilaria Capua (tra l'altro di ritorno ad abitare nel nostro Paese, a Roma) che davanti all'ipotesi lanciata da Palù ha risposto secco:
Non abbiamo trovato la “mutazione fumante".
La risposta della ricercatrice è un abile gioco di parole che sta a significare che, al momento e almeno apparentemente, finora non è stata trovata trovata una prova provata che tutto sia da ricondurre a Wuhan.
Manca dunque appunto, come in un giallo da risolvere, la pistola fumante, in questo caso la mutazione fumante.
Quel che è certo è che al nome, al laboratorio, di Wuhan è legato un "giallo" nel "giallo".
Anche perché, a "scavare" bene su quel laboratorio di Wuhan il mistero si infittisce perché oltre alla Cina, parecchi investimenti in denaro e interessi scientifici portano anche a Stati Uniti e Francia.