Anticorpi monoclonali contro il Covid-19: c'è la prima donna curata in Italia
Veneto e Liguria scaldano i motori e si dicono pronti. In Toscana, fra meno di tre mesi, produzione a km zero.
Hanno rimesso in piedi in tempi record, dopo essere stato contagiato dal Covid-19, l'ex presidente a stelle e strisce Donald Trump. Questo è il motivo per cui gli anticorpi monoclonali sono noti ai più. Ora anche l'Italia potrà contare sul suo farmaco anti-Covid. Dopo gli Stati Uniti, e qualche settimana fa la Germania, via libera dal ministro della Salute, Roberto Speranza, alla distribuzione, in via straordinaria, degli anticorpi monoclonali. Vediamo nel dettaglio di cosa si tratta, come funziona e quali possono essere ragionevolmente le tempistiche per il nostro Paese.
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Cosa sono gli anticorpi monoclonali
Partiamo da capire cosa sono questi "super anticorpi" e come mai rappresentano, ad oggi, l'unico farmaco considerato realmente efficace contro il nuovo coronavirus (escluso il vaccino che gioca però in un altro campionato, ovvero quello della prevenzione).
Gli anticorpi sono delle molecole che il nostro corpo produce naturalmente quando si trova a dover combattere un nemico come un batterio o un virus. Possiamo quindi immaginarli come dei "soldati a chiamata" che arrivano armati, a seconda delle necessità della battaglia. Quando tutto funziona correttamente il sistema immunitario individua una agente pericoloso all'interno del nostro organismo e raduna, a seconda delle esigenze, la squadra di soldati con le caratteristiche più adatte. Nel caso non ce ne fossero a sufficienza ne crea di nuovi.
Non sempre, però, questo sistema funziona in maniera così efficiente. Esistono infatti persone che possono vantare un sistema immunitario più efficiente, capace di riconoscere subito il nemico e di schierare tutti i soldati mirati che gli servono per annientarlo, mentre altri non riescono a generare anticorpi sufficienti per debellarlo. Ebbene, attraverso gli anticorpi monoclonali il paziente che fatica a sviluppare un'adeguata risposta anticorpale in maniera autonoma può ricevere i soldati più efficienti e addestrati per sconfiggere proprio questo virus.
E come si trovano, fra milioni di soldati, quelli addestrati proprio per annientare il Covid? Nei pazienti sopravvissuti al virus che hanno quindi sviluppato anticorpi particolarmente efficaci contro il virus, creati appositamente per sconfiggere quel nemico specifico. Da qui il passo è breve: identificando queste specifiche molecole e trasformandole in anticorpi monoclonali, è possibile somministrare artificialmente a tutti i malati la risposta anticorpale più efficace. Insomma, si fornisce a coloro che non sanno quali soldati schierare o che non ne hanno a sufficienza, un esercito su misura creato artificialmente.
Come funziona la somministrazione
Come è facile intuire i monoclonali rappresentano una stampella (capace di salvare anche delle vite) soprattutto per coloro che non possono contare su un sistema immunitario particolarmente efficiente, oppure sono soggetti fragili - per via dell'età avanzata o patologie preesistenti - che non possono permettersi di correre il rischio di "lasciar correre" il virus nel proprio organismo, ma i cui danni devono essere fermati sul nascere da un esercito efficiente.
In Italia gli anticorpi monoclonali che il 3 febbraio 2021 hanno ricevuto il via libera sono quelli prodotti da Regeneron, noti per aver curato Trump, e Eli Lilly. La Commissione tecnico scientifica dell'Aifa, ha ritenuto "a maggioranza, che in via straordinaria e in considerazione della situazione di emergenza, possa essere opportuno offrire comunque un'opzione terapeutica ai soggetti non ospedalizzati che, pur con malattia lieve/moderata, risultano ad alto rischio di sviluppare una forma grave di Covid-19". Tradotto: i monoclonali devono essere somministrati nella prima fase dalla malattia, e non quando la situazione si è già aggravata, a persone che per condizioni di salute pregresse precarie rischiano di avere conseguenze nefaste a causa del virus.
Queste terapie vengono somministrate per infusione endovenosa da effettuarsi, indicano gli esperti Aifa, in un tempo di 60 minuti (seguiti da altri 60 minuti di osservazione) e "in setting che consentano una pronta e appropriata gestione di eventuali reazioni avverse gravi. La popolazione candidabile al trattamento con gli anticorpi monoclonali, evidenzia il parere della Cts Aifa, dovrà essere rappresentata
"unicamente da soggetti di età maggiore di 12 anni, positivi per Sars-CoV-2, non ospedalizzati per Covid-19, non in ossigenoterapia per Covid-19, con sintomi di grado lieve-moderato di recente insorgenza (e comunque da non oltre 10 giorni) e presenza di almeno uno dei fattori di rischio (o almeno 2 se uno di essi è over 65)" come Malattia renale cronica, Diabete non controllato, Immunodeficienze. La scelta in merito alle "modalità di prescrizione degli anticorpi monoclonali, come pure la definizione degli specifici aspetti organizzativi, potrà essere lasciata alle singole Regioni".
Claudia, la prima italiana curata con i monoclonali
E sta ribalzando su tutti i media, nella giornata odierna, la storia di Claudia: la prima italiana trattata con i monoclonali. Insegnante romana 54enne, Claudia Disi, è affetta da sclerosi multipla, per questo prende farmaci che le abbassano le difese immunitare. Dopo aver contratto il Covid la sua situazione clinica ha rischiato il tracollo. Dopo settimane di ospedalizzazione presso lo Spallanzani di Roma, la febbre non scendeva nonostante i tamponi risultassero negativi. I medici hanno capito che c'era ancora del virus che resisteva nei suoi polmoni e così le hanno somministrato la terapia con anticorpi monoclonali il giorno della vigilia di Natale. Il recupero è stato talmente immediato e completo che a Capodanno la donna era già a casa con la sua famiglia.
Servono ancora dati
Gli esperti sottolineano però "l'immaturità dei dati e la conseguente incertezza rispetto all'entità del beneficio offerto". Sottolineando anche che gli anticorpi monoclonali "non possono essere attualmente considerati uno standard di cura". Nel caso del bamlanivimab ed etesevimab di Eli Lilly, il trattamento riduce il rischio di ospedalizzazione e morte per Covid-19 del 70% in pazienti ad alto rischio, come hanno dimostrato i risultati della sperimentazione di Fase 3 presentati dall'azienda lo scorso 26 gennaio. La Commissione Tecnico Scientifica Aifa, che si è riunita in seduta straordinaria il 2, 3 e 4 febbraio, ha ribadito tuttavia "l'assoluta necessità di acquisire nuove evidenze scientifiche" per "stimare più chiaramente il valore clinico degli anticorpi e definire le popolazioni di pazienti che ne possano maggiormente beneficiare".
Veneto e Liguria scaldano i motori, Toscana culla della ricerca
Veniamo ora alla domanda che ci stiamo ponendo tutti: quando saranno disponibili questi farmaci (estremamente costosi) per i pazienti italiani ritenuti in diritto di beneficiarne? Il governatore del Veneto, Luca Zaia, per esempio, dopo l'ok di Aifa, ha dato disponibilità all'uso nella sua regione chiarendo:
"Per gli anticorpi monoclonali la distribuzione avverrà come per il Remdesivir. C'è una regia nazionale e a seconda delle richieste ci sono plafond regionali, per i candidati a quel tipo di terapia. Sono i clinici che in base alle linee guida decideranno e chiederanno, in base al paziente che hanno. I monoclonali sono strategici nelle prime 72 ore dalla comparsa dei sintomi, quindi è il clinico che decide".
E si è fatto trovare "sul pezzo" anche il governatore ligure Giovanni Toti, che ha dichiarato:
"La Liguria è pronta ad acquistare gli anticorpi monoclonali. Ho già dato mandato ad Alisa di attivare le procedure necessarie per assicurare l'accesso a questi farmaci nel minor tempo possibile, se sarà consentito acquisire su base regionale gli anticorpi monoclonali per il trattamento dell'infezione da Covid-19".
A rimarcare il concetto anche Matteo Bassetti, direttore della Clinica di Malattie infettive dell'ospedale San Martino di Genova e componente dell'Unità di crisi Covid-19 della Liguria.
"La Regione Liguria è disponibile anche ad acquistare fuori budget gli anticorpi monoclonali per renderli disponibili almeno a chi ha già in piedi un protocollo. Credo sia soltanto necessario trovare una quadratura burocratica amministrativa per averli".
E che dire, invece, dei toscani. Se tutto va per il verso giusto, fra meno di tre mesi, avranno degli anticorpi monoclonali a chilometro zero. Gli anticorpi monoclonali della fondazione Toscana Life Sciences saranno disponibili a partire da maggio, come ha annunciato pochi giorni fa il presidente della Regione Eugenio Giani
Il lavoro di ricerca sui monoclonali è iniziato lo scorso marzo a Siena all’interno del MAD Lab di Fondazione Toscana Life Sciences, coordinato dal professor Rino Rappuoli. Qui sono state selezionate, dal sangue dei pazienti guariti da Covid-19, oltre 4.000 cellule B producendo circa 450 anticorpi da testare, tra i quali lo scorso luglio sono stati individuati i 3 più promettenti, capaci di neutralizzare due varianti del virus SARS-CoV-2 in vitro.