La vera emergenza sanitaria in Italia non riguarda la qualità delle cure, ma la possibilità concreta di accedervi. A certificarlo sono i due Rapporti presentati da Cittadinanzattiva – il Rapporto civico sulla salute 2025 e il Rapporto sulle politiche della cronicità – illustrati al Ministero della Salute nel corso dell’evento “L’incomprimibile diritto alla salute. Riforme in corso, bisogni in attesa”. Un quadro allarmante, che parla di liste d’attesa bibliche, carenza di personale e profonde disuguaglianze territoriali, tali da compromettere l’effettività del diritto alla salute sancito dalla Costituzione.
Le liste d’attesa il nodo principale
Dall’analisi di 16.854 segnalazioni dei cittadini, emerge che quasi una su due (47,8%) riguarda difficoltà di accesso alle prestazioni sanitarie. Il nodo principale sono le liste d’attesa, oggi definite da Cittadinanzattiva come la criticità più grave del Servizio sanitario nazionale. I numeri sono emblematici: fino a 360 giorni per una TAC, 540 giorni per una risonanza magnetica o una visita oculistica, 500 giorni per una prima visita specialistica e addirittura 720 giorni per una colonscopia.

Ancora più grave è quanto emerge dalle elaborazioni sui dati Agenas 2025: anche nelle prestazioni classificate come urgenti, per un paziente su quattro la colonscopia supera i 105 giorni, a fronte di un limite massimo previsto di 72 ore. Nel complesso, il rispetto dei tempi massimi è garantito solo per circa la metà delle prestazioni, segno di un sistema che fatica a rispondere anche ai bisogni più immediati.
La nuova legge 107/2024 per la riduzione delle liste d’attesa, secondo Cittadinanzattiva, è applicata in modo frammentario. Su richiesta di accesso civico rivolta a tutte le Regioni, solo otto hanno fornito dati completi, cinque non hanno risposto e le altre hanno trasmesso informazioni parziali. Ne emerge un sistema opaco, con forti differenze nei Percorsi di Tutela e una gestione disomogenea delle agende di prenotazione. Il risultato è un netto divario Nord-Sud, con maggiore trasparenza ed efficacia organizzativa al Centro-Nord e carenze significative nel Mezzogiorno. In Italia, sottolinea il Rapporto, la possibilità di curarsi dipende ancora dalla Regione di residenza.
Le altre criticità principali: le cure diventano un lusso
Per i pazienti cronici e rari, l’accesso alle cure rischia di diventare un vero e proprio lusso. L’83,6% indica i tempi di attesa come principale criticità; oltre il 55% dichiara di aver rinunciato almeno a una visita o a un esame negli ultimi dodici mesi per indisponibilità delle prestazioni nel Servizio sanitario nazionale. Di conseguenza, l’85,9% ha dovuto sostenere spese di tasca propria, soprattutto per farmaci, integratori e visite specialistiche. Tra i pazienti con malattie rare, oltre il 43% è costretto a spostarsi in un’altra Regione per curarsi, il 78% sostiene costi diretti per la gestione della patologia e quasi il 70% denuncia tempi d’attesa eccessivi.
Criticità rilevanti emergono anche sul fronte dell’assistenza domiciliare integrata, uno dei pilastri dell’assistenza territoriale. Su un campione di oltre 1.100 cittadini, solo il 35,4% di chi ne ha avuto bisogno nell’ultimo anno ha ottenuto il servizio. Il 15,6% ha ricevuto un rifiuto, spesso per carenza di fondi o di personale, mentre quasi la metà non ha nemmeno presentato domanda, probabilmente per scarsa informazione o mancanza di supporto. Anche qui, il quadro regionale è frammentato: poche Regioni forniscono dati completi e nessuna traccia in modo sistematico la spesa effettiva, rendendo difficile valutare l’efficacia degli investimenti.
La priorità: un nuovo Piano sanitario nazionale
“Il Servizio sanitario nazionale resta il principale strumento per contrastare le disuguaglianze e garantire la salute come diritto universale“, afferma Anna Lisa Mandorino, segretaria generale di Cittadinanzattiva. Ma, avverte, alla rassegnazione e all’idea di un sistema ormai irrecuperabile occorre contrapporre partecipazione, trasparenza e responsabilità condivisa.

Tra le priorità indicate dall’associazione figurano l’adozione urgente di un nuovo Piano sanitario nazionale, assente dal 2008, la piena attuazione del DM 77 sull’assistenza territoriale, un’applicazione uniforme della normativa sulle liste d’attesa e investimenti strutturali sul personale, sulla prevenzione e sulle infrastrutture digitali. Senza un cambio di passo deciso, conclude il Rapporto, il rischio è che il diritto alla salute resti sulla carta, mentre per milioni di cittadini curarsi continui a essere una corsa a ostacoli o una spesa che non tutti possono permettersi.