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Il menù di Natale tra sapori antichi e ricette classiche


Un viaggio nella tradizione gastronomica italiana tra piatti simbolo e usanze regionali

Il menù di Natale tra sapori antichi e ricette classiche

A Natale la consuetudine ha voluto che ci si riunisse attorno a una tavola imbandita, pronta ad accogliere piatti che raccontano storie di famiglia e tradizioni locali. La geografia della tavola natalizia italiana si è rivelata complessa e variegata, fatta di sapori antichi e ricette custodite con cura e riservate alle grandi occasioni. Da Nord a Sud, il menù delle feste ha dato vita a una vera e propria tavolozza di gusti, dove alcune preparazioni sono diventate simboli immancabili del periodo natalizio.

I primi piatti della tradizione

Tra i primi, lasagne e tortellini hanno occupato da sempre un posto d’onore. Le lasagne, considerate il piatto delle feste per eccellenza, sono state proposte in numerose varianti regionali. Accanto alla classica versione bolognese con carne macinata e besciamella e a quella napoletana con ricotta, sugo, fior di latte e polpettine, ogni territorio ha reinterpretato la ricetta secondo le proprie materie prime. In Liguria il ragù è stato sostituito dal pesto, mentre in Veneto il protagonista è diventato il radicchio rosso di Treviso. In Umbria e nelle Marche, invece, si sono affermati i vincisgrassi, una versione più ricca in cui il ragù è stato arricchito con rigaglie di pollo o carne di maiale.

Tortellini e cappelletti, simboli del Natale

I tortellini hanno rappresentato uno dei piatti più identificativi del Natale, soprattutto in Emilia-Romagna. Preparati con la classica sfoglia all’uovo, sono stati farciti con un ripieno a base di carne di maiale e vitello, mortadella, prosciutto, uova, parmigiano e noce moscata, per poi essere cotti nel tradizionale brodo di cappone. Con il nome di cappelletti, questa preparazione è diventata il piatto forte del 25 dicembre anche in Umbria, nelle Marche, in Toscana e nel Lazio, confermando come una stessa ricetta possa attraversare i confini regionali mantenendo intatto il suo valore simbolico.

Il pesce della Vigilia di Natale

Il cenone della Vigilia ha visto protagonisti soprattutto i piatti di pesce, tra cui spiccano il baccalà e il capitone. Il baccalà ha occupato un posto speciale sulle tavole del 24 dicembre ed è stato cucinato in moltissimi modi. In Lazio e Campania è stato fritto, in Puglia preparato in umido con pomodorini, olive nere, aglio e capperi, mentre in Basilicata è stato consumato lesso. In Molise è stato arricchito con uvetta, origano, pinoli e noci, mentre in Veneto è stato spesso accompagnato dalla polenta. Accanto al baccalà, il capitone è risultato immancabile soprattutto in Molise, in Campania e nel Lazio, dove è stato cucinato in umido con alloro e aglio oppure fritto e servito ben caldo.

Le carni del pranzo di Natale

Il pranzo di Natale ha segnato il ritorno delle carni, con piatti importanti e conviviali. Bolliti misti, brasati e diversi tipi di arrosto hanno caratterizzato la tavola, insieme alla faraona, all’agnello, al tacchino ripieno e all’immancabile cappone. Quest’ultimo ha rappresentato un piatto della tradizione soprattutto nell’Italia settentrionale e centrale ed è stato preparato in molteplici varianti, arrosto, ripieno o cotto al forno. A Milano, in particolare, era tradizione che ogni famiglia allevasse in prossimità del Natale i cosiddetti “quater capun”, quattro capponi destinati rispettivamente a Sant’Ambrogio, Natale, Capodanno ed Epifania, a testimonianza di quanto il cibo fosse profondamente legato al calendario e ai riti della comunità.