Attenzione all’obesità grave: in Italia sono a rischio oltre 100mila bambini
Per evitare che un sovrappeso si trasformi in una malattia cronica, il primo passo è non aspettare

Attenzione all’obesità: in Italia, più di 100.000 bambini e adolescenti sotto i 17 anni convivono con un tipo che non è solo precoce e persistente ma anche particolarmente pericolosa. Si chiama obesità grave. Secondo i dati dell’Istituto Superiore di Sanità (sistema di sorveglianza OKkio alla Salute), riguarda almeno il 2,6% dei bambini di 8-9 anni. Se si considerano le definizioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), la stima si conferma allarmante. Ad affermarlo è la SIP, ovvero la Società Italiana di Pediatria.
Attenzione all’obesità grave: come riconoscerla?
Secondo la definizione condivisa dalle principali società scientifiche pediatriche italiane, si parla di obesità grave quando l’indice di massa corporea (BMI) supera il 99° percentile per età e sesso, secondo i parametri OMS. L’indicatore di rischio più semplice da osservare anche in famiglia è il rapporto vita/statura: se la circonferenza della vita supera la metà dell’altezza, è già un segnale. Se supera il 60%, il rischio è molto elevato. Questo indicatore è valido per maschi e femmine dai 6 anni in su. Sarà poi il pediatra a eseguire la diagnosi e a prescrivere gli accertamenti del caso.
Prevenire è determinante
Per evitare che un sovrappeso si trasformi in una malattia cronica, il primo passo è non aspettare. Più si ritarda, più la situazione si complica. Secondo uno studio recente, i programmi intensivi sullo stile di vita riescono a ridurre il BMI in oltre il 50% dei bambini tra i 6 e i 9 anni, ma hanno effetti quasi nulli negli adolescenti: solo il 2% dei ragazzi tra i 14 e i 16 anni risponde positivamente.
Un circolo vizioso fra sedentarietà e isolamento
Occorre inoltre tenere presente che i bambini con obesità grave spesso presentano difficoltà motorie che ostacolano la partecipazione all’attività fisica, alimentando un circolo vizioso di inattività, isolamento, bassa autostima e peggioramento del quadro clinico. È proprio in questi casi che la sola prescrizione di dieta e sport non basta. La terapia cognitivo-comportamentale, soprattutto se coinvolge tutta la famiglia, ha dimostrato di essere molto più efficace dei soli interventi nutrizionali. Aiuta a modificare i comportamenti disfunzionali legati al cibo e allo stile di vita, rafforzando la motivazione e la capacità di affrontare il cambiamento. È un tassello fondamentale nei percorsi terapeutici integrati.