LA "PROFEZIA"

Vespa punge sul Quirinale: "Se Draghi non ci va, lascia anche il Governo"

A ormai un mese dalla designazione del successore di Sergio Mattarella, l'elezione del nuovo Presidente della Repubblica entra sempre più nel vivo.

Vespa punge sul Quirinale: "Se Draghi non ci va, lascia anche il Governo"
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Il giornalista e conduttore di "Porta a Porta" ha rilanciato ieri da Bianca Berlinguer a "Cartabianca" uno scenario preso già in considerazione da molti:

"Se Draghi non va al Quirinale, lascerà anche il Governo".

La punzecchiatura di Vespa

La corsa al Colle sembra dunque determinante non solo per designare evidentemente il successore di Sergio Mattarella, ma anche per le sorti dell'Esecutivo.

E in questo caso il popolare giornalista Bruno Vespa (anche quest'anno protagonista con una strenna natalizia "Perché Mussolini rovinò l'Italia, e perché Draghi la sta risanando) ha le idee chiare:

"Mario Draghi se non fosse eletto Presidente della Repubblica non potrebbe durare neanche a Palazzo Chigi"

Tanto che Vespa ha anche aggiunto durante il programma del martedì sulla terza rete:

"Se dovessi scommettere, mi sembra la scelta più probabile che farà il Parlamento. Draghi? Non l'ho sentito recentemente, ma penso accetterebbe".

Draghi al Quirinale, a chi conviene e a chi no

In uno scenario politico e istituzionale come quello italiano, la corsa al Quirinale dell'attuale sembrerebbe "frenata" da quanti vedono nell'ex presidente della Banca europea la figura di prestigio in grado di continuare a risanare l'Italia in una veste senz'altro più operativa di quello che sarebbe il ruolo di presidente della Repubblica.

Insomma, tradotto: Draghi sarebbe "sprecato" al Colle a far da arbitro, rispetto al ruolo più operativo di premier.

Valutazioni legittime e condivisibili, che più in concreto si traducono nella volontà di alcuni partiti di lasciare Draghi al suo posto, alla guida del Governo, per "salvaguardare" i posti dei propri eletti al Parlamento, alla Camera e al Senato.

Un ragionamento che evidentemente fanno Lega, Movimento 5 Stelle e Italia Viva (in evidente calo di consensi), che fa parzialmente il Partito democratico (piuttosto stabile nei sondaggi, anche se non vincente), mentre evidentemente a spingere per Draghi al Quirinale (e quindi per elezioni al Governo) c'è Giorgia Meloni con Fratelli d'Italia cresciuti in nove anni dal 2 all'oltre 20% di consenso elettorale.

I ragionamenti del premier

Sono ragionamenti che evidentemente fa anche il premier che non vuole sentirsi in qualche modo "usato" dai partiti.

Per questo, se non dovesse andare al Quirinale (e se questa non fosse una destinazione gradita, lo avrebbe già detto pubblicamente), potrebbe decidere, come ipotizzato da Bruno Vespa, lasciare anche il Governo.

Anche qui, tradotto: chi glielo fa fare a Draghi di restare a Palazzo Chigi con davanti - prima o poi - una campagna elettorale in cui le forze di maggioranza che lo sostengono si scanneranno fra loro e lui rimarrà col cerino in mano?

Del resto, una scenario così clamoroso si era già paventato nelle scorse settimane quando il presidente del Consiglio non ha nascosto una certa irritazione davanti al lungo tira e molla dei partiti di fronte alla manovra di bilancio e ai provvedimenti dell'Esecutivo contenuti nel documento.

Draghi come Cristiano Ronaldo, ma...

Anche se tutto sommato, quello di un ridimensionamento operativo nel ruolo di presidente della Repubblica, è un punto di visto che in molti hanno messo sul tavolo. Anche tra i più stretti collaboratori del premier.

Tanto che qualcuno ha utilizzato anche un paragone calcistico:

"Sarebbe come avere in squadra Messi o Cristiano Ronaldo e decidere di metterli a giocare in porta. Oppure poter avere come arbitro Collina e metterlo a fare il guardalinee".

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