Una nuova corsa nucleare sembra riaprirsi, ma questa volta gli Stati Uniti e la Russia tornano a confrontarsi sul terreno dei test a colpi di algoritmi e supercomputer e non di detonazioni.
Trump annuncia il ritorno dei test “su base paritaria”
“Gli Stati Uniti hanno più armi nucleari di qualsiasi altro Paese. Questo obiettivo è stato raggiunto, incluso un completo ammodernamento e rinnovamento dell’arsenale esistente, durante il mio primo mandato. Visti i test di altri Paesi, ho dato ordine al Dipartimento della Guerra di iniziare a testare le nostre armi nucleari su base paritaria”.
Con queste parole, pubblicate sul suo social Truth, il presidente americano Donald Trump ha annunciato il ritorno dei test nucleari, dopo oltre trent’anni di silenzio atomico.
Parole che hanno fatto tremare le cancellerie internazionali, evocando i peggiori giorni della Guerra Fredda. Ma a chiarire la portata effettiva dell’annuncio è stato il segretario all’Energia, Chris Wright, spiegando che non ci saranno “esplosioni nucleari”, bensì “esplosioni non critiche”, volte a testare le componenti di un’arma atomica senza provocare reazioni a catena.
“Questi test riguardano tutte le altre parti di un’arma nucleare per garantirne il corretto funzionamento”, ha spiegato Wright in un’intervista a Fox News. “Non si tratta di vere detonazioni. Nessuno vedrà una nube a fungo nel cielo del Nevada”.
L’apparente ossimoro dei test “senza esplosioni”
A prima vista, parlare di test nucleari “senza esplosione” sembra un ossimoro.
Ma la tecnologia moderna lo rende possibile.
Negli Stati Uniti, la simulazione delle reazioni atomiche avviene oggi grazie ai supercomputer dell’Oak Ridge National Laboratory in Tennessee, una cittadella scientifica nata nel 1942 ai tempi del Progetto Manhattan e che oggi ospita i calcolatori più potenti mai costruiti.

L’attuale Frontier, è in grado di eseguire oltre un quintilione di operazioni al secondo (10¹⁸), una potenza di calcolo che consente di simulare in modo perfettamente realistico un’esplosione atomica, analizzandone tutte le conseguenze fisiche e chimiche senza produrre danni reali. In pratica, gli Stati Uniti non hanno più bisogno di far detonare bombe nel deserto: le fanno esplodere virtualmente.
Cosa sono i test “sub-critici”
I cosiddetti test sub-critici o non critici di cui ha parlato il segretario all’energia Wright sono esperimenti che impiegano piccole quantità di materiali fissili, come plutonio e uranio, combinati con esplosivi convenzionali. L’obiettivo è studiarne il comportamento senza raggiungere la massa critica, quella soglia che innesca la fissione nucleare e quindi una vera esplosione.

Condotti in siti sotterranei come il Nevada National Security Site, questi esperimenti forniscono dati preziosi sulla stabilità delle testate e sull’invecchiamento dei materiali fissili, garantendo la sicurezza dell’arsenale nucleare. Nessuna radiazione viene rilasciata all’esterno, e il rischio ambientale è minimo.
Wright ha definito queste prove come “test di sistema”, parte integrante del programma di modernizzazione nucleare che gli Stati Uniti stanno portando avanti in risposta alla competizione con Russia e Cina.
Putin risponde: “Misure adeguate di risposta”
Dall’altra parte, il Cremlino ha reagito con cautela ma senza nascondere la preoccupazione. Il presidente russo Vladimir Putin ha avvertito che la Russia “adotterà misure adeguate di risposta” se gli Stati Uniti riprenderanno i test nucleari, pur ribadendo che Mosca “continua a rispettare gli impegni del Trattato sulla proibizione completa degli esperimenti nucleari (CTBT)” e “non ha intenzione di ritirarsene”.
[ 🇷🇺 RUSSIE ]
🔸 Déclaration du ministre russe de la Défense, Andreï Belousov.
💬 ANDREÏ BELOUSOV : « Je pense qu’il est souhaitable de commencer immédiatement les préparatifs en vue de procéder à des essais nucléaires à grande échelle. La disponibilité des forces et des… pic.twitter.com/8paKb4Hwb3
— Little Think Tank (@L_ThinkTank) November 5, 2025
Tuttavia, Putin ha incaricato governo e servizi di sicurezza di elaborare proposte per un’eventuale ripresa dei test, che potrebbero essere organizzati nell’arcipelago artico di Novaya Zemlya, storico sito delle esplosioni sovietiche. Il ministro della Difesa, Andrei Belousov, ha già dichiarato che la Russia è pronta a prepararsi “in tempi brevi”, se necessario. Per ora, Mosca resta in attesa di capire “le reali intenzioni di Trump”.
Dalla Guerra Fredda alla guerra dei supercomputer
L’ultimo test nucleare esplosivo americano risale al 23 settembre 1992. Da allora, gli Stati Uniti hanno mantenuto una moratoria volontaria sulle detonazioni, continuando solo con simulazioni e test sub-critici. Ora, la sfida con Mosca si sposta su un terreno nuovo, quello della supercomputazione scientifica.
Nel XXI secolo, la potenza di calcolo è diventata la nuova misura della forza militare. Simulare un’esplosione atomica in un supercomputer costa miliardi, ma evita conseguenze politiche, ambientali e diplomatiche disastrose.