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Sostegno vitale "discrimine irragionevole": la Consulta dovrà pronunciarsi per la quarta volta sul suicidio assistito

Marco Cappato portò in Svizzera una malata veneziana e uno milanese nel 2022

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Sostegno vitale "discrimine irragionevole": la Consulta dovrà pronunciarsi per la quarta volta sul suicidio assistito. Cappato
Marco Cappato

Il dibattito sul fine vita torna al centro dell’attenzione in Italia e per la quarta volta sotto la lente della Consulta. C'è attesa per la sentenza della Corte Costituzionale, chiamata a pronunciarsi sulla legittimità dell’articolo 580 del Codice Penale in relazione all’aiuto al suicidio medicalmente assistito. La questione riguarda due casi specifici: una paziente oncologica settantenne, Elena, e un malato di Parkinson di 82 anni, Romano.

Entrambi, affetti da patologie irreversibili ma non dipendenti da trattamenti di sostegno vitale, sono stati accompagnati in Svizzera nel 2022 da Marco Cappato, tesoriere dell’Associazione Luca Coscioni, per accedere alla morte volontaria assistita.

Sostegno vitale "discrimine irragionevole": la Consulta dovrà pronunciarsi per la quarta volta sul suicidio assistito
Sostegno vitale "discrimine irragionevole": la Consulta dovrà pronunciarsi per la quarta volta sul suicidio assistito

Fine vita: l'articolo 580 del Codice Penale

L’analisi della Corte si concentra sulla punibilità di chi aiuta una persona affetta da una malattia irreversibile a ricorrere al suicidio assistito, anche quando questa non dipende da macchinari per la sopravvivenza. L’attuale normativa italiana, sulla base della sentenza del 2019 relativa al caso Cappato-Dj Fabo, consente l’accesso al suicidio assistito solo a chi è tenuto in vita da trattamenti di sostegno vitale, escludendo quindi situazioni come quelle di Elena e Romano. Per questa ragione, i due pazienti non hanno potuto ottenere legalmente l’eutanasia in Italia e hanno deciso di recarsi in Svizzera, dove la pratica è regolamentata e accessibile.

Al loro ritorno in Italia, Cappato si è autodenunciato alla Procura di Milano, in un atto di disobbedienza civile volto a sollecitare un intervento legislativo sul tema. La Procura milanese, a settembre 2023, ha chiesto l’archiviazione del caso, riconoscendo che l’aiuto fornito da Cappato non costituisce reato, poiché rientra nell’esercizio del diritto all’autodeterminazione sancito dagli articoli 2 e 32 della Costituzione.

In sostanza, la Procura di Milano ha giudicato un "discrimine irragionevole" il sostegno vitale assicurato dalle macchine, che è uno dei quattro "requisiti" per poter accedere al suicidio assistito annoverati dalla sentenza Cappato/Dj Fabo emessa nel 2019 dalla Corte Costituzionale, che ora potrebbe ulteriormente precisare la materia, riducendo (o meno) a tre i requisiti essenziali.

Gli altri tre requisiti, per completezza, sono: essere affetto da patologia incurabile, vivere sofferenze insostenibili, aver fatto la propria scelta in modo autonomo.

L'archiviazione milanese

Il procuratore aggiunto Tiziana Siciliano, lo stesso magistrato che si occupò del caso Fabo, e il pm Luca Gaglio, si legge nella richiesta di archiviazione milanese, hanno ritenuto di dare una "lettura costituzionalmente orientata" del reato di aiuto al suicidio, alla luce "degli articoli 2 e 32" della Costituzione, ossia quelli sui diritti inviolabili dell'uomo e sul diritto alla salute, della "sentenza" della Consulta del 2019 e della legge 219 del 2017 sul consenso informato.

Un'interpretazione che spinge i pm, col coordinamento del procuratore Marcello Viola, a ritenere "non punibili" come aiuto al suicidio anche quei casi in cui manca come presupposto il fatto che il malato sia attaccato alle macchine per sopravvivere. E ciò, in particolare, quando il paziente "rifiuti trattamenti" che "sì rallenterebbero il processo patologico e ritarderebbero la morte senza poterla impedire, ma sarebbero futili o espressivi di accanimento terapeutico secondo la scienza medica, non dignitosi secondo la percezione del malato, e forieri di ulteriori sofferenze" anche "per coloro che lo accudiscono".

Sostegno vitale "discrimine irragionevole": la Consulta dovrà pronunciarsi per la quarta volta sul suicidio assistito
Cappato e Gallo, Associazione Luca Coscioni

Non solo Marco Cappato non ha commesso un reato, "ma anzi" ha consentito, per i pm, "il concreto esercizio del diritto all'autodeterminazione" di due persone che avevano scelto di morire e che non erano "in grado di esercitare" quel diritto "autonomamente".

Tuttavia, il Giudice per le Indagini Preliminari (GIP) ha ritenuto necessario sollevare la questione di legittimità costituzionale della norma in questione.

Diverse Posizioni

Il 26 marzo 2025, la Corte Costituzionale ha tenuto un’udienza pubblica per esaminare il caso. Tra le parti coinvolte vi erano non solo gli avvocati dell’Associazione Luca Coscioni e Marco Cappato, ma anche l’Avvocatura dello Stato, che difende la posizione del governo. Secondo l’avvocato dello Stato Ruggero Di Martino, la questione dovrebbe essere dichiarata inammissibile o infondata, poiché la legge attuale tutela in modo adeguato il diritto alla vita e non prevede un diritto generalizzato al suicidio assistito, né un obbligo per i medici di facilitare una volontà suicidaria.

Dall’altro lato, gli avvocati dell’Associazione Luca Coscioni hanno sostenuto la necessità di un chiarimento giuridico vincolante che stabilisca nuovi criteri per l’accesso al suicidio assistito, proponendo di integrare la condizione di dipendenza da trattamenti vitali con un altro criterio: la prognosi infausta breve e l’assenza di terapie efficaci. Ciò garantirebbe il diritto alla morte volontaria anche a quei pazienti che non possono più essere curati e per i quali la sofferenza risulta insopportabile.

Nelle scorse ore, Marco Cappato, ha affidato un riflessione sugli accadimenti ai propri social:

"Oggi ero in Corte Costituzionale. Mentre il Parlamento continua a non decidere, la Corte è chiamata dalle nostre disobbedienze civili per la quarta volta ad esprimersi sul "suicidio assistito", e sul diritto ad accedervi anche per pazienti terminali con prognosi infausta a breve. Attendiamo la decisione nel massimo rispetto, determinati a continuare questa lotta con l'Associazione Luca Coscioni, affinché sia garantito il diritto di essere liberi di decidere fino alla fine della vita".

La voce dei pazienti 

Alla discussione, nella giornata di mercoledì 26 marzo 2025, hanno partecipato anche quattro malati con patologie irreversibili, rappresentati dagli avvocati Maria Letizia Russo e Dario Mongiano, che si sono espressi contro l’eliminazione del requisito del sostegno vitale per l’accesso al suicidio assistito. Tra loro, Lorenzo Moscon, 31 anni, ha evidenziato il rischio che un’eventuale modifica della normativa possa trasmettere il messaggio che la vita di una persona malata sia meno degna di quella di una persona sana. Secondo Moscon, facilitare l’accesso al suicidio assistito potrebbe avere conseguenze sociali e psicologiche negative, inducendo alcuni malati a sentirsi un peso per la società.

Conferenza Stato-Regioni

Parallelamente al dibattito giudiziario, il tema del fine vita è tornato anche nell’agenda politica. Il 27 marzo 2025, la Conferenza Stato-Regioni si è riunita per discutere la questione, sebbene il presidente Massimiliano Fedriga abbia chiarito che difficilmente si troverà un orientamento unanime. Nel frattempo, la Regione Campania ha dovuto rinviare il voto sulla legge regionale sul suicidio medicalmente assistito a causa della mancata copertura finanziaria.

In Emilia-Romagna, invece, la situazione è diversa: pur senza una legge specifica, una delibera regionale ha già consentito l’accesso al suicidio assistito in almeno un caso. Questo ha spinto Cappato a sollecitare il Consiglio regionale a discutere e approvare una legge che stabilisca regole chiare, seguendo l’esempio della Toscana.

Sentenza attesa

L’esito dell’esame della Corte Costituzionale potrebbe avere un impatto significativo sulla normativa italiana in materia di suicidio assistito, ridefinendo i criteri per l’accesso alla pratica e colmando un vuoto legislativo che da anni lascia molti pazienti senza una risposta chiara.

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