AMBIENTE

Scorie nucleari, dei cinquantuno siti idonei in Italia nessuno le vuole (e a chi le vorrebbe è stato detto picche)

Un elenco lungo che potrà arricchirsi di auto-candidature da parte delle regioni che hanno interesse

Scorie nucleari, dei cinquantuno siti idonei in Italia nessuno le vuole (e a chi le vorrebbe è stato detto picche)
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Il tema del deposito delle scorie radioattive continua ad essere caldo. Il ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica ha pubblicato la mappa delle aree idonee per realizzare in Italia il Deposito nazionale dei rifiuti radioattivi.

Cinquantuno siti idonei in Italia

Un elenco lungo che potrà arricchirsi di auto-candidature da parte delle regioni che hanno interesse. Sono quindi cinquantuno i siti (in sei regioni, Basilicata, Puglia, Lazio, Piemonte, Sardegna e Sicilia) ritenuti ufficialmente idonei dal governo Meloni per ospitare il deposito di scorie nucleari.

Nel dettaglio:

in Piemonte sono in totale 5: tutte nell’Alessandrino, da Bosco Marengo a Novi Ligure fino a Fubine Monferrato. Scartata l'area di Trino Vercellese per la Regione, anche se il Comune si è comunque candidato ad ospitarli. In Sicilia sono solo due (nel Trapanese). Il Lazio è la regione con il maggior numero (21) di aree idonee, tutte nel territorio viterbese: si va da Montalto di Castro a Canino, da Tarquinia a Tuscania. In Basilicata sono 10: nella sola provincia di Matera sono 6 (da Montalbano Jonico a Bernalda). In Puglia sono 4 (da Altamura a Laterza e Gravina di Puglia). In Sardegna ne sono indicate 8: due nel territorio di Oristano e le altre nel Sud Sardegna. 

I criteri adottati

Nel 2021 Sogin aveva pubblicato una prima Carta di 67 aree potenzialmente idonee, la Cnai, basata su 28 criteri di sicurezza fissati dall'Isin, l'Ispettorato nazionale per la sicurezza nucleare. Fra questi criteri si sono la lontananza da zone vulcaniche, sismiche, di faglia e a rischio dissesto, e da insediamenti civili, industriali e militari. Sono escluse le aree naturali protette, quelle oltre i 700 metri sul livello del mare, a meno di 5 km dalla costa, con presenza di miniere e pozzi di petrolio o gas, di interesse agricolo, archeologico e storico. E' richiesta infine la disponibilità di infrastrutture di trasporto. Su questa prima lista di 67 siti, è stata aperta una consultazione pubblica con gli enti locali e i cittadini interessati. Al termine di questa, Sogin ha stilato la lista finale dei 51 siti idonei.

Niente più siti nel Torinese

Come fa sapere Prima Torino, i depositi delle scorie nucleari non saranno più fatti a Carmagnola e nel Canavese. Negli scorsi mesi, quando era veicolata l'idea di creare i siti per stoccare i rifiuti nucleari, non era piaciuta ai territori interessati che tant'è che avevano detto subito 'no' con proteste e comunicati.

Coldiretti: "Bene così"

Coldiretti Torino accoglie con soddisfazione la scelta di escludere i territori agricoli del Torinese dall’elenco dei siti idonei a ospitare il deposito nazionale di scorie nucleari. In particolare, sono stati stralciate le aree di Carmagnola-Poirino e di Mazzè-Caluso. Contro l’inserimento di queste zone altamente coltivate Coldiretti aveva chiamato alla mobilitazione gli agricoltori.

I due siti a sud di Torino e nel basso Canavese erano stati indicati nel primo elenco delle aree potenzialmente idonee su cui il Ministero dell'Ambiente e della Sicurezza Energetica con Sogin e Isin hanno poi svolto indagini più specifiche. Proprio in questa fase di approfondimento Coldiretti Torino si era inserita manifestando la propria contrarietà insieme agli amministratori locali e organizzando due manifestazioni: il 6 novembre 2021 a Mazzè e il 19 gennaio 2022 a Casanova di Carmagnola con ben 150 trattori. Le manifestazioni erano state organizzate per sostenere le ragioni concrete e non ideologiche sposate dagli agricoltori.

«Non potevamo accettare – interviene il presidente di Coldiretti Torino, Bruno Mecca Cici - che due tra le aree più importanti del Piemonte per le produzioni agricole fossero utilizzate per il deposito nazionale di scorie nucleari e per gli impianti collegati. La nostra non è stata una battaglia di principio contro un’infrastruttura strategica per il Paese e non siamo mai stati affetti dalla “sindrome Nimby” (non nel mio cortile ndr). La nostra è stata una mobilitazione con un grave spreco: quello di terreni fertili, oggi più che mai utilissimi per la produzione di cibo, anche alla luce delle crisi mondiali in atto».

Coldiretti Torino ha quindi svolto un ruolo di forza sindacale per l’agricoltura e dunque per il territorio, contribuendo a evitare una devastazione ambientale che avrebbe ucciso l’immagine agricola ed enogastronomica del Carmagnolese e del Basso Canavese.

«Abbiamo chiesto che non venissero valutate soltanto ragioni geologiche ma anche quelle economiche e sociali connesse all’agricoltura. Abbiamo portato le nostre bandiere e soprattutto i trattori dei nostri soci in piazza per combattere ancora una volta il consumo di suolo di prezioso terreno agricolo e per non compromettere il futuro di produzioni identitarie per il nostro territorio come la filiera locale del grano, quella del mais-foraggio-carne piemontese; la produzione dei peperoni di Carmagnola, quella degli asparagi di Santena-Poirino, dell’Erbaluce di Caluso. Produzioni che, una volta perse, non sarebbero state compensate dai posti di lavoro nell’impianto per le scorie. Il nostro è sempre un ambientalismo responsabile, fermo di fronte alle ragioni dell’agricoltura, che guarda al futuro del nostro cibo naturale e dello sviluppo sostenibile dei territori dove viviamo e lavoriamo».

Dalla Città Metropolitana di Torino fanno sapere:

“I Comuni del Basso Canavese, del Chivassese e del Carmagnolese non hanno mai chiesto un trattamento di favore rispetto ad altri territori potenzialmente interessati. Le amministrazioni comunalie la Città metropolitana di Torino hanno solo e sempre chiesto pari dignità per tutte le comunità locali e hanno sottoposto alla Sogin una serie di analisi tecniche da cui emergevano forti criticità ambientali collegate all’eventuale insediamento in quei territori del Deposito unico nazionale dei rifiuti radioattivi: con queste parole e con soddisfazione il Vicesindaco metropolitano Jacopo Suppo commenta lo stralcio delle aree di Caluso-Mazzè e di Carmagnola-Poirino dall’elenco delle aree potenzialmente idonee alla collocazione del Deposito. I due siti a sud di Torino e nel basso Canavese erano stati indicati nel primo elenco delle aree potenzialmente idonee, su cui il Ministero dell'Ambiente e della Sicurezza Energetica con Sogin e Isin hanno poi svolto indagini più specifiche.
Il Vicesindaco Suppo tiene a sottolineare che “assicurando ai Comuni interessati il suo supporto tecnico e istituzionaleper la presentazione delle osservazioni alla prima proposta della Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee, la Città metropolitana di Torino aveva sin dall’inizio fatto presente il notevole impegno dei territori canavesano e carmagnolese nello sviluppo di produzioni agroalimentari di pregio, incompatibili con la collocazione di scorie nucleari in terreni di prima classe. L’impegno del nostro Ente è iniziato con la precedente amministrazione ed è proseguito, con l’intento di supportare gli amministratori locali e i loro territori“.
“Le osservazioni alla Carta nazionale presentate a suo tempo erano documentate e ampiamente fondate. - conclude Suppo - Lo dimostra il fatto che sono state accolte e questa è una vittoria dell’intero territorio metropolitano, dei suoi amministratori locali e di tutte le associazioni di categoria che si sono mobilitate”.

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