L’appuntamento è rilevante non solo per i contenuti, ma anche per le forti implicazioni politiche e simboliche legate alla partecipazione. Perché, come sempre accade con i referendum abrogativi, se non si raggiunge il quorum del 50% più uno degli aventi diritto, l’intera consultazione sarà nulla. E proprio sull'affluenza si gioca oggi una partita cruciale.
Maurizio Lupi di Noi Moderati
Nel dibattito, a distinguersi all’interno del centrodestra è Maurizio Lupi. Il leader di Noi Moderati ha scelto una strada diversa rispetto alla linea dell’astensione sposata dalla maggioranza dei suoi alleati.
“Chiediamo di votare cinque No ai referendum – ha dichiarato – ma riteniamo fondamentale partecipare. In un tempo segnato da una crescente disaffezione alla politica, il voto è un gesto civico che non va trascurato”.
Referendum, unica eccezione nel Centrodestra "Lupi - Noi moderati"
Una presa di posizione netta, che fa di Lupi una voce fuori dal coro nella coalizione di governo. Pur esprimendo dissenso sui contenuti dei quesiti, invita i cittadini a non voltare le spalle alla consultazione popolare. “Votare è un diritto e un dovere”, insiste.
E se la linea prevalente nel centrodestra è quella dell’astensione, Lupi sceglie di difendere l’istituto referendario, seppure per dire No. Una differenza di approccio rispetto l’attuale strategia dell’Esecutivo.
Il centrodestra si compatta sull’astensione: tra astuzie tattiche e dissenso ideologico
La posizione di Lupi spicca anche perché si confronta con una strategia opposta portata avanti dai principali partiti della coalizione. Fratelli d’Italia ha diramato ai suoi parlamentari una circolare dal titolo inequivocabile:
“Referendum, scegliamo l’astensione”.
L’indicazione è chiara: disertare le urne per delegittimare, tramite il mancato quorum, quella che viene definita un’iniziativa “di parte”, lanciata dalla sinistra.
Anche Forza Italia ha sposato apertamente la linea astensionista. Il vicepremier Antonio Tajani ha dichiarato:
“Sì, invitiamo all’astensione. È una scelta politica, non una prova di disinteresse. Chi obbliga a votare è illiberale”. Una posizione che esclude ogni forma di partecipazione, persino simbolica.
Non meno strategica è la scelta della premier Giorgia Meloni. Durante le celebrazioni per la Festa della Repubblica, ha annunciato:
Una modalità che, secondo le norme del Ministero dell’Interno, equivale all’astensione ai fini del quorum. Chi non ritira le schede, infatti, non viene conteggiato tra i votanti.
Le opposizioni accusano: “Sabotaggio del referendum”
Le dichiarazioni di Meloni hanno acceso le polemiche. Le opposizioni parlano di atteggiamento “vergognoso”, un “trucco” per svuotare il senso del referendum. “Una contraddizione in termini”, tuonano esponenti del centrosinistra. A irritare è la scelta di partecipare formalmente alla tornata elettorale senza contribuire al conteggio valido, un gesto definito “ipocrita” e “una presa in giro degli italiani”.
Salvini: “Contro tutti i quesiti, soprattutto la cittadinanza facile”
Il leader della Lega Matteo Salvini ha manifestato apertamente la sua ostilità verso tutti i cinque quesiti. In particolare, si scaglia contro quello che punta a dimezzare gli anni necessari per ottenere la cittadinanza: “
È il più pericoloso. Vorrebbe estendere la cittadinanza a centinaia di migliaia di persone in maniera indiscriminata. Eppure l’Italia è già il Paese che ne concede di più in Europa”.
Matteo Salvini
Anche lui, dunque, sulla linea dura dell’astensione, motivata non solo tatticamente, ma anche da un giudizio politico netto.
La CEI rompe il silenzio: “L’astensione svuota la democrazia”
In questo contesto politico dominato da strategie sul quorum, arriva una presa di posizione forte da parte della Chiesa. La Conferenza Episcopale Italiana, attraverso le parole del suo vicepresidente, monsignor Francesco Savino, esorta i cittadini a non disertare le urne.
“Non votare – scrive – può diventare una forma di impotenza deliberata, un silenzio che svuota la democrazia”.
Monsignor Savino
Il messaggio, contenuto in una nota intitolata “Partecipare è custodire la democrazia”, sottolinea come i quesiti riguardino “le fondamenta della convivenza civile”: reintegro per i lavoratori licenziati ingiustamente, sicurezza nei contratti e negli appalti, tutele nelle piccole imprese e l’accesso alla cittadinanza.
“Votare – prosegue il vescovo – è un gesto alto, espressione di civiltà e fedeltà al bene comune. Non si tratta di sostenere una parte politica, ma di difendere la democrazia come spazio di corresponsabilità”.
Affluenza decisiva: il quorum come ago della bilancia politica
Come in ogni referendum abrogativo, la partecipazione sarà determinante. Se non voterà almeno il 50% più uno degli elettori, il referendum non sarà valido. È per questo che centrodestra e centrosinistra si stanno muovendo in direzioni opposte: il primo per favorire l’astensione e far fallire la consultazione, il secondo per portare più persone possibile alle urne e raggiungere il quorum.
In questo contesto, la posizione di Maurizio Lupi appare ancora più rilevante. È l’unico tra i leader della coalizione a sostenere esplicitamente che il voto sia un’occasione da non perdere, anche solo per esprimere il proprio dissenso. E così, al di là dei singoli quesiti, la vera posta in gioco sembra essere un’altra: la partecipazione stessa, come misura della salute democratica del Paese.