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Referendum, l'opposizione fai conti col "boomerang". Il segnale del quesito sulla Cittadinanza con meno del 60% di "Sì"

Martelli e De Luca: "Se si moltiplicano i referendum e il loro linguaggio è incomprensibile, proporli non ha senso"

Referendum, l'opposizione fai conti col "boomerang". Il segnale del quesito sulla Cittadinanza con meno del 60% di "Sì"
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"Quando si affrontano argomenti complessi, lo strumento referendario non è quello più adatto. Se poi i temi vengono anche troppo ideologizzati...".

Parole e musica di Vincenzo De Luca, il ribelle "pasionario" del Partito democratico che non ha mancato di lanciare una picconata ai suoi dopo l'esito decisamente deludente dei referendum abrogativi di domenica e lunedì.

Il governatore della Campania, Vincenzo De Luca
Il governatore della Campania, Vincenzo De Luca

Basterebbe questa frase, questa considerazione del governatore della Campania per "chiudere" qui il nostro articolo. Ma tant'è.

"Battaglie" e boomerang: quella strana abilità della Sinistra di andare sempre in salita

Perché in fondo, oltre alle schermaglie tra Centrodestra e Centrosinistra iniziate praticamente già da ieri quando dal riscontro delle urne è stato subito chiaro che l'esito del referendum sarebbe stato un flop, c'è dell'altro.

La reazione più ficcante in seno all'opposizione è stata: "I 14 milioni che sono andati a votare sono comunque più di quelli che hanno portato al Governo la Meloni".

Ma resta un talento di fondo che la Sinistra italiana continua a coltivare con sorprendente costanza: quello di prestare il fianco, sistematicamente, nelle battaglie perse in partenza.

Non è solo una questione di sfortuna o di congiunture sfavorevoli. Non c'entrano il bel tempo, le gite fuoriporta, la mancata pubblicità su giornali e televisioni o la proposta di tribune elettorali per rendere partecipi i cittadini.

Si tratta piuttosto di quasi una forma di vocazione al martirio politico in nome di cause giuste, o percepite tali, ma comunicativamente ardue da gestire.

Soprattutto in questo momento storico.

Il paradosso del referendum sulla cittadinanza

Prendiamo ad esempio i quesiti referendari di domenica e lunedì.

Come ormai noto, cinque quesiti, un quorum che ha fatto segnare ancora una volta l’inesorabile disaffezione popolare.

Eppure, tra i pochi votanti, il quesito sulla cittadinanza ("accorciare" da 10 a 5 anni il tempo per ottenerla) ha raccolto poco meno del 60% di “Sì”.

Un segnale: tra quei pochi c'è andato anche chi voleva dire un sonoro “No”. Insomma, tutto e il contrario di tutto.

Tanto che qualcuno nel Centrodestra (collocato più a destra) ha ironizzato:

"A questo punto sarebbe giusto proporre di portare i tempi per l'ottenimento da 10 a 20 anni".

Le battaglie della Sinistra: tanta ideologia, poca "vicinanza" ai cittadini

La verità è che alcune "battaglie", seppur potenzialmente nobili nei contenuti, rischiano di diventare se non grottesche almeno molto contraddittorie nella percezione pubblica.

Un esempio? Il recente entusiasmo della Sinistra per l’idea di attribuire ai figli il cognome della madre invece di quello del padre.

Una proposta che, nella sua sostanza, tocca temi profondi di parità e identità, ma che finisce per diventare, nel racconto politico-mediatico, l’ennesima “sparata” che alimenta ironie, malintesi e opposizioni viscerali.

Oltre a un dibattito politico decisamente debole o comunque poco costruttivo sul piano dei lavori parlamentari.

E che dire del "teatrino" andato in scena proprio  in Parlamento in occasione del dibattito e dell'approvazione del Ddl Sicurezza, con deputati seduti per protesta subissati sui social da commenti negativi e additati come coloro che vogliono difendere ecoattivisti che bloccano le autostrade o chi occupa abusivamente un appartamento...

Anche in questo caso, il sentimento comune degli addetti ai lavori e degli osservatori della politica è che dietro ci siano riflessioni legittime, sensibilità vere, di una classe dirigente di una parte politica che ha una lunga tradizione.

Ma anche in questo caso il risultato è quello di un corto circuito perché l’effetto finale è quello di una Sinistra scollegata dal sentire comune, lontana dalla gente e che disaffezione persone che cercano risposte semplice e possibilmente veloci a temi concreti.

Qualche idea (potenzialmente) buona, ma incapacità di comunicare

Come detto allora il risultato è un paradosso: la fotografia della politica del nostro Paese ci presenta una Sinistra che sa articolare ragionamenti, ma non sa comunicarli non solo attraendo nuovo consenso, ma probabilmente anche alla base, ai suoi stessi elettori.

Sotto la lente, non solo i contenuti (il merito), ma anche il metodo.

Ecco allora, come accaduto in questi due giorni referendari, che ogni sforzo messo sul tavolo a Sinistra (più o meno nella sua versione di Campo Largo) si trasforma in un boomerang mediatico: più si idealizzano i concetti, più si politicizzano le "partite", più Schlein & Co. perdono appeal e consenso tra chi – magari – quelle stesse istanze le condividono, ma non riesce a essere "catturati" dal modo in cui vengono rappresentate.

I referendum abrogativi dell'8 e 9 giugno sono allora, in fondo, l’ennesimo specchio di questa dinamica: pochi votanti, pochi segnali, tante illusioni.

E la sensazione che, ancora una volta, si sia scelto di giocare una partita difficile, senza neppure provare a vincerla.

O peggio ancora scegliendo il campo o avversario sbagliato.

Eloquente al riguardo anche la stroncatura ieri sera a Rete 4 dell'ex Ministro Claudio Martelli:

L'ex Ministro di Grazia e Giustizia Claudio Martelli
L'ex Ministro di Grazia e Giustizia Claudio Martelli

"Chiediamoci se il linguaggio o gli obiettivi sono sbagliati. C'è troppa distanza dalla gente. Ed è una riflessione che non riguarda solo il referendum. Ad ogni modo se si moltiplicano i referendum e il loro linguaggio è incomprensibile, proporli non ha senso. Devono essere semplici e alla portata di tutti".

Più o meno in linea la chiosa di Calenda:

In un paese serio. Sinistra: “abbiamo perso e sbagliato a proporre un referendum per andare dietro a Landini”.
Destra: “abbiamo vinto ma milioni di persone chiedono di intervenire sul lavoro, apriamo un tavolo di confronto discutendo di futuro e non di passato”.

Il punto è che del lavoro e dei salari non frega nulla a nessuno, il referendum è solo un altro capitolo dell’eterno derby tra destra e sinistra. Quindi si aggiorna il tabellone e si va avanti.

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